di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero, 01/12/2018
Esiste un problema che nessuno vuole affrontare. Quel problema si chiama Sergio Mattarella. Nulla di personale ovviamente nei confronti del Presidente della Repubblica, ma quello che sta accadendo può esser pericoloso per la nostra democrazia. Ormai è chiaro che la lotta politica non è più tra destra e sinistra, bensì tra sovranismo e globalismo, cioè tra chi vuole il ripristino della sovranità degli Stati nazionali e chi invece vorrebbe un super-Stato europeo che esautori le singole sovranità.
Su questo nuovo terreno di scontro il Capo dello Stato, che secondo la nostra Costituzione dovrebbe esercitare le sue funzioni con terzietà, si è invece apertamente schierato per il progetto globalista.
Non c’è occasione in cui il Presidente della Repubblica non richiami uno dei principi cardine del liberismo, la dottrina economica sulla quale poggia l’Unione europea: l’equilibrio di bilancio. L’altro giorno in occasione dei saluti ai nuovi magistrati della Corte dei Conti, pochi mesi fa richiamando l’articolo 97 della Costituzione, quello che assicura – disse Mattarella – la sostenibilità del debito pubblico. Insomma, non la Costituzione primigenia ma quella stuprata dalla Legge costituzionale n. 1/2012 che introdusse nella Carta il vincolo del pareggio di bilancio. Una legge aspramente contraria ai principi della Costituzione del 1948.
Non a caso, come ammesso anche dall’ex ministro della giustizia del Pd Andrea Orlando un paio d’anni fa, una legge costituzionale approvata senza un’adeguata discussione e sotto il ricatto della Bce. Un vero e proprio cappotto di cemento, aggiungiamo noi, che ha condannato a morte la generazione degli attuali quarantenni.
Eppure Mattarella, invece di richiamare gli articoli 1 e 4 della Costituzione – cioè i principi del diritto al lavoro e della sovranità popolare – non perde occasione per insistere sul principio dell’equilibrio di bilancio.
Mattarella dunque, alla luce della natura del nuovo scontro politico (sovranismo contro globalismo), criticando aspramente «la narrativa sovranista» – così la chiamò qualche mese fa – e continuando ogni volta a richiamare l’equilibrio di bilancio e la via che porti agli Stati Uniti d’Europa, dimostra di non essere un arbitro terzo ed imparziale, ma un giocatore di una delle due squadre in campo.
Ciò comporta una grave menomazione dei delicati equilibri istituzionali sui quali si regge un regime democratico. L’opposizione, del tutto legittima, devono farla i partiti nel parlamento e non il Presidente della Repubblica.