A pochi mesi dall’approvazione della Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, il gigante dei motori di ricerca Google sta valutando la chiusura del servizio di rassegna stampa. Google News, per continuare le sue attività, dovrebbe infatti pagare una tassa per ogni link condiviso assieme ad alcune righe che sintetizzano la notizia, i cosiddetti “snippets”. La tassa, divenuta famosa col nome fuorviante di “link tax”, servirebbe a compensare gli editori di notizie, la cui raccolta pubblicitaria online è ormai prosciugata quasi totalmente dai principali colossi di internet.
Per bocca del vicepresidente della sezione notizie di Google, Richard Gingras, la multinazionale californiana del web potrebbe fare a meno di Google News nei Paesi Ue per via delle “profonde preoccupazioni” dovute alle attuali proposte, pensate per compensare gli editori in difficoltà.
Il precedente della Spagna
Intervistato dal giornale britannico Guardian, Gingras ha ricordato che l’ultima volta che un governo ha cercato di tassare Google per le notizie “linkate”, il motore di ricerca ha risposto chiudendo la rassegna stampa. Il pretendete storico coinvolse la Spagna nel 2014, ma le conseguenze gravarono soprattutto sugli editori iberici visto che si verificò “un calo del traffico verso i siti spagnoli di notizie”.
Gingras assicura che la sua azienda sta ancora lavorando affinché l’applicazione della Direttiva non vada a colpire il servizio di rassegna stampa che, ricorda il rappresentante di Google, è completamente gratuito e non porta alcun introito diretto in termini di raccolta pubblicitaria nelle casse del motore di ricerca.
Contando su 500 milioni di cittadini, l’Unione europea è tra le poche istituzioni a livello mondiale capace di imporre regole ai giganti del web, come nel caso della recente normativa a tutela della privacy. Tale potere fa anche di Bruxelles una delle capitali più esposte alle pressioni delle lobby che, come in questo caso, investono ingenti somme di denaro ed energie a tutela dell’interesse aziendale, tanto legittimo per gli azionisti quanto contrastante con i principi di trasparenza delle istituzioni.