Quest’estate, a Rimini, un 37enne venditore ambulante di rose originario del Bangladesh ha stuprato una ragazza a Rimini. Lo hanno riacciuffato nel giro di neanche ventiquattr’ore perché era già noto alle forze dell’ordine. In passato era già stato denunciato ben altre tre volte per violenza sessuale. In due casi, le vittime erano maggiorenni. Nel terzo caso si trattava di una minorenne. Cosa ci faceva ancora a piede libero? Le decisioni avventate di numerosi giudici italiani rimettono, molto spesso, in libertà violenti aggressori che, nel giro di poco tempo tornano a mietere vittime. Il caso di Rimini non ha fatto scuola e ora a far scandalo è la scelta del gip di Ragusa di non fissare la custodia cautelare in carcere per il 26enne gambiano che, dopo aver abusato di una ragazza, le ha spaccato il naso, la mascella e lo zigomo per non farla parlare. È l’ennesimo caso di una giustizia che non collabora con le forze dell’ordine e, immancabilmente, libera i delinquenti.
“Mi fa arrabbiare il doppio perché sono persone che hanno abusato della buona fede e della generosità degli italiani, stuprando e spacciando”. Dopo l’arresto dei senegalesi Mamadou Gara e Brian Minteh, del nigeriano Chima Alinno e del gambiano Yousif Salia per lo stupro e il brutale omicidio di Desirée Mariottini, Matteo Salvini si è scagliato contro la sinistra, che negli ultimi anni ha smantellato la sicurezza in tutto il Paese, e quella magistratura che puntualmente rimette in libertà i malviventi.
Gli africani, che hanno ammazzato la 16enne di Cisterna di Latina, non solo non avrebbero dovuto essere in Italia perché sprovvisti di permesso di soggiorno, ma non avrebbero nemmeno dovuto essere liberi perché avevano una sfilza di precedenti penali. Le normative su droga e spaccio degli ultimi governi hanno, infatti, legato le mani sia alle forze dell’ordine sia ai giudici. Capita spesso, infatti, che ti ritrovi lo spacciatore, arrestato poco prima, sulla stessa via, dove era stato preso, appena un paio di ore dopo. Ma capita anche che giudici per le indagini preliminari non assicurino pericolosi predatori dietro le sbarre, ma li rispediscano in libertà.
Se, per esempio, il gip di Roma che sta seguendo il caso di Desirée ha disposto la custodia cautelare in carcere per gli africani arrestati, a Ragusa il giudice ha deciso di rimettere a piede libero il mediatore culturale gambiano che ha stuprato e massacrato di botte una richiedente asilo del centro di accoglienza in cui lavorava.
“Questa è la nostra giustizia – commenta al Giornale un poliziotto – ci si affanna per arrestare delinquenti e il giorno dopo chi si è macchiato di un reato viene liberato. Un brutto vizio che ha numerosi precedenti nei tribunali italiani. Sabato sera, per esempio, un nigeriano con permesso di soggiorno per motivi umanitari ha aggredito una donna a Reggio Calabria, ma è stato rilasciato dopo poche ore. Perché certi magistrati optano per misure cautelari tanto lievi da esporre i cittadini a nuovi rischi? Perché certi stupratori non si fanno nemmeno una notte in carcere? Perché, quando certe belve finiscono in manette per abusi, si scopre che hanno nella loro fedina penale altre denunce per violenze sessuali? Se tutti gli ingranaggi dello Stato non si mettono a girare insieme, continueranno a esserci questi cortocircuiti giudiziari. E a farne le spese saranno sempre i più deboli.