di Aldo Grandi
Ormai non sappiamo nemmeno quante querele e altrettanti esposti all’ordine professionale ci hanno interessato in questi sette anni di Gazzette. Segnalazioni per violazione di tutti i codici etimologici esistenti, perfino per quelli non ancora varati. Accuse di razzismo, fascismo, populismo, qualunquismo. All’inizio eravamo, probabilmente, più coriacei e, forse, anche più incoscienti fatto sta che molte volte le abbiamo date, un po’ di meno le abbiamo prese e il bilancio, alla fine, sembra pendere ancora dalla parte nostra. Eppure, se andiamo a vedere che cosa è accaduto negli ultimi anni, non si può non affermare quello che è anche il titolo della presente rubrica di oggi: noi lo avevamo detto. Esattamente.
In tempi non sospetti, quando Matteo Renzi era al potere, già prima del referendum del 4 dicembre e delle successive elezioni politiche, in un evo che, adesso, sembra lontano anni luce, con il Pd e le altre forze della Sinistra a farla da padrone, noi e in particolare chi scrive, sulle Gazzette, scrivevamo che il vero e unico argomento sul quale si sarebbe giocato il futuro politico del nostro Paese era l’immigrazione clandestina, l’invasione indiscriminata, la sostituzione etnica spinta all’inverosimile. Dicemmo che gli italiani, e non solo loro, prima o poi avrebbero reagito a quella che è stata, complici i governi traditori degli ultimi anni, una usurpazione di sovranità.
A noi non fa alcun effetto il presidente della Repubblica, lascito piuttosto datato di una prima repubblica che ha devastato questo Paese. Non ce lo ha fatto, l’effetto, nemmeno quando piovve a Lucca al teatro del Giglio e furono raccattate, letteralmente, alcune scolaresche per dare il senso di una partecipazione emotiva che, in realtà, non c’è stata né, se dovesse rimettere piede a queste latitudini, ci sarà.
Fedeli all’antropologia culturale di Ida Magli e al suo pensiero, agli ultimi lavori di Oriana Fallaci, offesa, denigrata, umiliata, sbeffeggiata dai soloni vestiti di rosso della sua regione, la Toscana, preda per decenni di un governo totalitario che non ammetteva dissensi. Lo avevamo previsto. Giocare, come ha fatto una intera classe dirigente con temi così delicati come quelli dell’identità nazionale, della sovranità popolare, della legittimazione a rappresentare coloro i quali non sono stati nemmeno consultati sulle scelte che decideranno della vita futura dei propri figli, era pericoloso oltreché criminale. Ed è inutile che le bertucce della Sinistra antifascista rimasta ferma a 80 anni fa, invochino il pericolo di un rigurgito nazionalista quando sono stati loro i primi a sollecitarlo, stuzzicarlo, fomentarlo, con le loro manie, con le loro ossessioni, con le loro patologie cliniche.
Adesso che due movimenti di rottura come la Lega e i 5Stelle hanno dimostrato che rispondere non solo si può, ma si deve; che siamo noi gli artefici del nostro destino e non i burocrati da strapazzo degli organismi sovranazionali; che fermare l’invasione non solo era giusto, ma possibile; che il buonsenso può avere spazio anche nella politica assassina di chi vuole uccidere ogni spirito critico; adesso, dicevamo, eccoli lì i parassiti del sistema, quelli che pretendevano di governare le nostre esistenze dall’alto dei loro privilegi e delle loro prebende.
Ora, quel che resta del Pd, si è inventato una contromanovra, altra stronzata. Sono rimasti con il complesso dell’Aventino senza che ne sussistano i motivi né i presupposti. Si schierano contro gli italiani, contro il Governo del proprio Paese, contro la propria nazione a fianco dei becchini di tutti i liberalismi, dei funzionari di un mondialismo che vuole distruggere le differenze per promuovere l’uguaglianza dell’ignoranza e dell’uniformità a un tanto al chilo. Siamo arrivati all’assurdo che i politicanti del Pd e della Sinistra, tutti, indistintamente, anche quelli di casa nostra pardon, casa vostra perché nostra non è mai stata, devono augurarsi che i mercati stronchino ogni velleità nazionale, che le agenzie di rating abbattano ogni residuo di speranza e di credibilità per poter sperare di tornare a contare qualcosa di più di un due di coppe a briscola quando regna bastoni. Devono, cioè, sperare nell’apocalisse loro che di italiano non hanno niente se non, presumibilmente, il passaporto.
Soffia, di nuovo, vento d’Italia proveniente non da sud, né da nord, est o ovest, ma nato e sviluppatosi all’interno di una penisola bistrattata, che i burattinai dell’Unione Europea vorrebbero comprare nemmeno fosse, diceva colui che finì appeso a testa in giù, un miserevole piatto di lenticchie. Siamo al paradosso con un partito nato per procedere alla secessione dalla Repubblica Italiana e che, ora, è l’unico in grado di difendere, almeno in apparenza e fino a prova contraria, gli interessi degli italiani.
Idioti. Presuntuosi. Spocchiosi. Odiosi. Autoinvestitisi di chissà quale missione impossibile. Eccoli, invece, bistrattati, ridotti a semplici ectoplasmi, privi di spessore, di seguito, smarriti nelle loro beghe intestine di colore inequivocabilmente rosso.
Ebbene, un messaggio indirizziamo a tutti quelli che ci hanno denunciato, segnalato, additato, querelato, criticato: continuate così, la prossima volta, quando sarà chiamato il popolo ancora a votare e non la vostra casta, finirete addirittura per crollare e saranno soprattutto i ceti più popolari, quelli di cui vi siete dimenticati, quelli che non siete più andati a cercare, quelli che una volta erano i vostri militanti, a voltarvi le spalle. A prendervi per il culo, invece, troverete, anche fra altri sette anni, sempre noi, quelli del ve lo avevamo detto.