Bimbi stranieri nelle scuole: è una Babele. Le maestre chiedono traduttori

Le maestre milanesi lanciano un Sos al sindaco Beppe Sala. Sono stanche di comunicare a gesti con i genitori dei bimbi arabi, cinesi, pachistani, indiani: «Vogliamo i traduttori».

La raccolta firme è partita da un paio di giorni. Educatrici, funzionarie, segretarie e anche i rappresentanti dei genitori denunciano una situazione che è diventata ormai insostenibile. «Negli ultimi cinque anni – denunciano nella petizione a Sala – si è registrato un considerevole aumento della concentrazione di bambini con famiglie non madrelingua e provenienti da altri Paesi che non comprendono e non parlano l’italiano in molti nidi e scuole della città, con percentuali che superano il 70% sul totale degli iscritti». In via Paravia, zona San Siro, o in via Monte Velino nella periferia Est del capoluogo le percentuali sfiorano addirittura il cento per cento, ma ci sono asili-ghetto sparsi in tutti i quartieri, dalla materna di via Imbonati e via degli Imbriani al nido di via Mompiani o Sant’Erlembando.

«Le criticità – scrivono – si sono enormemente acutizzate mettendo in crisi i servizi e l’efficacia dell’azione educativo-pedagogica. La difficoltà nella comunicazione con i genitori e la poca conoscenza delle culture di provenienza delle famiglie da parte del personale che lavora nei Servizi educativi rende necessaria la presenza di traduttori/mediatori culturali». Un passaggio della lettera è un colpo al cuore della politica di super-accoglienza portata avanti dalla giunta di centrosinistra (anche) con operazione spot come la tavolata antirazzista al parco Sempione del giugno scorso. Un pic nic da Guinness dei primati a cui hanno partecipato profughi e immigrati di tutte le nazionalità, tra le guest star della giornata Roberto Saviano.

«La mancanza di questo indispensabile servizio nei Servizi all’infanzia delle nostre periferie – sottolineano le maestre milanesi – non è accettabile in una città come Milano che si dice aperta, multiculturale e accogliente». Più delle operazioni da vetrina insomma servono investimento sui servizi per garantire nei fatti l’integrazione. Obiettivo della petizione, sottolinea anche il delegato sindacale e rappresentante dei genitori Stefano Mansi, «è mettere i lavoratori nelle condizioni di svolgere un compito che è diventato sempre più difficile, non sorprende che alcune scuole ad alto tasso di stranieri stiano faticando ormai a trovare insegnanti di ruolo disponibili. E le famiglie straniere avrebbero pure il diritto di partecipare alle elezioni dei rappresentanti di classe, ma nessuno è in grado di spiegare loro le regole in arabo o in cinese. Servono i traduttori, almeno una volta a settimana».

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