Ex colonnello Paternò: “Vorrei parlare di magistrati e sequestro di persona…”

di Salvino Paternòex colonnello dei carabinieri, docente di Criminalistica nei corsi Scienze criminologiche e forensi all’Università di Roma La Sapienza.

«Vorrei parlare di magistrati e sequestro di persona…
No, per carità, non mi riferirò alla vicenda che vede accusato il ministro dell’interno (evito sempre di sproloquiare su procedimenti penali in corso). La storia di cui voglio parlare è meno nota, oramai conclusa con una definitiva sentenza e, se non fosse tragicamente vera, sembrerebbe una paradossale barzelletta o la trama di un film delirante.
La vicenda inizia a Trieste nel lontano 2012, allorquando 7 poliziotti dell’ufficio immigrazione, dopo aver regolarmente bloccato un centinaio di clandestini ed averli trattenuti il tempo necessario per l’espletamento delle previste pratiche di espulsione, si vedono recapitare un’informazione di garanzia per…sequestro di persona!
Dopo 6 anni di indagini condotte alacremente dal pubblico ministero (tale dott. De Bortoli), il procedimento arriva finalmente in udienza preliminare con la “sobria” richiesta di condanna di 20 anni di reclusione! E qui, il giudice dell’udienza preliminare, letti gli atti, assolve tutti… ma non solo, nelle motivazioni della sentenza demolisce impietosamente tutto il fantasmagorico impianto accusatorio.

A questo punto, cedo la parola al giudice, riportando alcuni brani della sentenza:

“Le accuse sono manifestamente infondate e destituite di alcun fondamento. L’espulsione di un clandestino deve necessariamente avvenire con il trattenimento dell’interessato, e questa privazione della libertà personale non può assolutamente integrare il sequestro di persona, in caso contrario nessuna espulsione sarebbe praticabile. Si evidenzia da parte del PM l’attività frenetica di acquisizione di documenti, nonché l’impiego di risorse umane, logistiche e di tempo di proporzioni gigantesche, per sostenere una teoria peregrina e velleitaria. Equiparare il trattenimento di persone illegalmente presenti nel territorio con il sequestro di persona è surreale, è una tesi che, se fosse diffusa sul web, sarebbe immediatamente classificata come una chiacchiera da bar, una bufala, una fake news…”

Beh, purtroppo la “bufala” a quei 7 agenti è costata ben 6 anni della loro vita (e solo chi c’è passato sa cosa significa, che poi solitamente è solo chi lavora). Avvocati da pagare, demansionamenti, umiliazioni, e poi gli sguardi deplorevoli di colleghi e superiori che ti percepiscono come un appestato (come se l’essere indagato fosse un virus trasmissibile per via aerea o con una stretta di mano). Per non parlare poi del tempo impiegato dalla giustizia per correre dietro ai fantasmi, lasciando impolverare sulla scrivania fascicoli di ladri e spacciatori. Immagino, poi, il panico nelle questure e nelle caserme dei carabinieri!

Chissà quanti dirigenti, a quel punto, avranno deciso di non “osare” più trattenere i clandestini da espellere. Chissà, forse qualcuno avrà dato disposizione di invitare gentilmente il clandestino a volersi cortesemente sottoporre alla procedure di rimpatrio, dandogli appuntamento, ad un orario a lui gradito, all’aeroporto.

Ebbene, chi pagherà per tutto questo? Ovviamente nessuno! Anzi, i 7 indagati in divisa possono ritenersi fortunati ad essere stati prosciolti dalle accuse. Cose del genere sequestrano l’entusiasmo, la passione, l’iniziativa e il coraggio di tanti investigatori…»