di Antonio Amorosi
Qualche settimana fa Ferrara, come abbiamo raccontato in esclusiva con Affaritaliani, è stata l’epicentro di una serie di scontri tra spacciatori a colpi di macete, mazze e pistole. Quasi fossimo nel Bronx degli anni ’80 o in una bidonville africana. Mesi fa altre battaglie dello stesso tenore si sono scatenate in pieno centro, con gli astanti a cercare di rifugiarsi nei bar. Oggi un arresto con condanna e rilascio immediato di uno spacciatore di eroina, con tanto di scorta armata pronta ad aggredire i carabinieri durante l’arresto.
La città estense, con la crisi economica e dopo il collasso di una parte del sistema delle cooperative (vedi il fallimento di Coopcostruttori di Argenta, il terzo per grandezza in Italia dopo Parmalat e Cirio) da paciosa e sonnolenta agorà, meta di artisti e buskers, si è trasformata in una delle centrali dello spaccio emiliano. Desertificata dai negozi chiusi per la crisi, la zona della stazione e le aree limitrofe, tra parchi e spiazzi, hanno visto affiorare loro, senza soluzione di continuità, gli spacciatori della mafia nigeriana. Ketamina, eroina, hashish e cocaina sono i linguaggi che portano sulla strada. Le vedette le controllano e i piccoli venditori al dettaglio piazzano le dosi alle scolaresche, a chi si reca a prendere il treno, a chi raggiunge lo stadio per una delle partire interna della Spal calcio, tornata nel 2017 in serie A, o a chi anche solo vuole far visita ai castelli Estensi.
Ferrara ha cambiato volto in pochi anni. E’ al quinto posto come città tra le più anziane d’Italia, dove i “nonni” sono più dei giovani, in una progressione che spaventa: a fronte di 845 bambini nati nel 2016 sono stati 1781 i morti, con un saldo negativo di 936 unità. Il Comune e la Regione Emilia Romagna pensano che forse solo una nuova immigrazione possa rigenerare il tessuto connettivo urbano, un sistema perso che non sembra parlarsi né essere consapevole della gravità in cui versa. Ma non si vedono all’orizzonte interventi straordinari di governi e autorità, neanche quando questi hanno avuto il volto di ferraresi potenti come l’ex ministro del Pd Dario Franceschini.
Questa’ultima storia, di qualche giorno fa, è uno spaccato chiaro dello stato in cui si trova la bellissima città estense.
Lui è uno spacciatore nigeriano di 23 anni anni che prova a piazzare i sui 4 grammi di eroina in zona stazione. I carabinieri del nucleo operativo radiomobile lo individuano e lo seguono da un pò. Ad un certo punto scatta l’arresto. Il ragazzo nigeriano reagisce e si scaglia contro i carabinieri ma ha la peggio. Le forze dell’ordine lo immobilizzano con uno spray al peperoncino in dotazione alla pattuglia. Il nigeriano è intontito, ma ha dietro di sé una scorta armata di altri nigeriani che con spranghe e bastoni si avvicinano ai carabinieri. A Ferrara ogni spacciatore che si rispetti ha la scorta armata. Le organizzazioni sembrano padrone del territorio, lo spaccio non è un’attività estemporanea che si organizza su due piedi. I guardiaspalle sono pronti a scagliarsi contro i militari per evitare l’arresto e liberare il sodale. Ma ai carabinieri bastano pochi secondi per spingere il nigeriano intontito in auto e sgommare via. Però è tutto inutile.
Gli avvenimenti sono affiorati giovedì scorso al processo per direttissima che si è tenuto in tribunale. Lì il giovane nigeriano, risultato incensurato e in regola col permesso di soggiorno, è stato sì condannato, dal giudice Caucci su richiesta del pm onorario Rossetti, ad 8 mesi di reclusione, ma anche liberato: il ragazzo è incensurato e con in tasca un permesso di soggiorno rilasciato per motivi umanitari dalla questura di Ferrara pochi mesi fa.
Il quotidiano La Nuova Ferrara ha raccontato che in tribunale il ragazzo nigeriano prima si è “avvalso della facoltà di non rispondere” ma poi a chi lo accusava dello spaccio ha risposto scusandosi e dicendo “non lo farò più”. Una reazione puerile e banale.
A questo punto c’è da chiedersi se la condizione in cui versa la città estense debba essere considerata normale. E se questa storia come altre siano il lento decorso di un’inesorabile trasformazione radicale. Se la condizione della città non chieda misure urgenti e importanti e se ai vertici dello Stato si rendano conto della situazione di molte periferie italiane che si trascinano da anni verso il fondo. O se siamo condannati a questo lento declino che vede trasformare molte aree urbane da luoghi vivibili e quieti a concentrati del crimine diffuso.