La maggior parte delle cooperative controllate dagli ispettori del lavoro in Emilia-Romagna è irregolare. Delle 249 coop ispezionate in regione nel 2017, ben 188 risultano sono fuori norma (il 75%) e la stessa percentuale si riscontra nel primo semestre 2018.
Se si considerano poi le coop non associate alle maggiori realtà di categoria (Legacoop, Confcooperative e Agci) il dato raggiunge l’85% (su 163 coop controllate le irregolari sono 140) e tocca il 90% “nei primi mesi di quest’anno”.
Lo dicono i numeri dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Bologna che approdano alla commissione speciale di ricerca e studio sulle cooperative spurie o fittizie, guidata in Regione dal consigliere Pd Luca Sabattini insieme con la vicepresidente Giulia Gibertoni (M5s). Questa volta, in commissione, sono dunque state ascoltate le relazioni di Ispettorato del lavoro, Inail e Inps Emilia-Romagna.
“Questi soggetti irregolari- spiega sulle coop spurie Fabio Pulvirenti dell’ispettorato- non aderendo alle centrali cooperative sfuggono anche ai controlli di categoria e sono gli stessi che sfruttano gli spazi di flessibilità nella vigilanza per avvalersi di forme contrattuali distorte o non applicare i contratti nazionali stipulati”. Per l’Ispettorato, si tratta spesso di attività che scompaiono nel giro di uno-due anni o che modificano frequentemente la loro compagine statutaria, proprio per sfuggire a controlli e sanzioni.
Santo Lazzara dell’Inail Emilia-Romagna fa notare, da parte sua, come le cooperative in questione sfruttino il meccanismo della “compensazione”, ossia dichiarino di pagare Inail e Inps con crediti che non hanno, certi che quando ci si accorgerà dell’irregolarità la società sarà già sciolta e il titolare non più rintracciabile.
Il tipico caso riscontrato nel distretto emiliano della lavorazione delle carni, ad esempio. Sulla stessa linea in commissione Salvatore De Falco, dell’Inps Emilia-Romagna: “Il problema è che le finte imprese cooperative sanno che i controlli effettivi dell’Agenzia delle entrate non avverranno prima di cinque anni, termine entro il quale le stesse avranno già provveduto a sciogliere la società e a crearne di nuove con altro nome”.
De Falco punta il dito anche su quella che chiama “transumanza” di lavoratori, ovvero la pratica per cui gli stessi dipendenti si spostano da una cooperativa all’altra dopo aver usufruito dell’indennità di mobilità. “Bisogna diffidare, ad esempio, di quelle coop con sede legale a Bologna, magari tutte allo stesso indirizzo, che non hanno appalti in provincia ma lavorano solo fuori regione”, segnala il funzionario Inps. (Lud/ Dire)