“Lo scenario criminale nazionale continua a essere segnato da una interazione tra i sodalizi italiani e quelli di matrice straniera”. Così la Relazione semestrale della Dia, spiegando che “accanto al narcotraffico e alla contraffazione su scala mondiale, gestiti da ramificate holding malavitose transnazionali, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è uno dei principali e più remunerativi business criminali
Secondo il documento la collaborazione tra associazioni malavitose italiane e straniere assume “connotazioni particolari a seconda dell’area geografica in cui tali sinergie vengono a realizzarsi. Nelle regioni del Sud Italia i gruppi stranieri agiscono, tendenzialmente, con l’assenso delle organizzazioni mafiose autoctone mentre, nelle restanti regioni, tendono a ritagliarsi spazi di autonomia operativa, che sfociano anche in forme di collaborazione su piani quasi paritetici”.
“In tale contesto – si legge ancora nella relazione -, il traffico di stupefacenti, quello delle armi, i reati concernenti l’immigrazione clandestina e la tratta di persone da avviare alla prostituzione e al lavoro nero (anche attraverso il “caporalato”), la contraffazione, i reati contro il patrimonio e i furti di rame, sono solo alcuni dei settori dell’illecito maggiormente rappresentativi dell’operatività della criminalità straniera in Italia”.
La Dia avverte poi che “accanto al narcotraffico e alla contraffazione su scala mondiale, gestiti da ramificate holding malavitose transnazionali, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con tutta la sua scia di reati satellite, per le proporzioni raggiunte e grazie a uno scacchiere geo-politico in continua evoluzione, è uno dei principali e più remunerativi business criminali”.
Complesse infiltrazioni mafiose a Roma – La situazione si rivela particolarmente grave a Roma, dove le indagini rivelano complesse infiltrazioni mafiose, con organizzazioni siciliane, campane e calabresi attive con “qualificate proiezioni”. Nella Capitale anche organizzazioni criminali locali ormai sono diventate mafiose, adottando metodi e struttura della mafia. Le indagini della Dia hanno messo nel mirino “tutte quelle ulteriori formazioni criminali, come quelle stanziate in alcune aree della Capitale, che, basate su stretti vincoli di parentela, evidenziano sempre di più modus operandi assimilabili alla fattispecie prevista dall’articolo 416 bis c.p. e funzionali alla gestione di attività illecite tipiche, come traffici di droga, usura, estorsioni e reati contro la persona”.
Nella realtà della Capitale si sono viste all’opera “qualificate proiezioni delle organizzazioni di tipo mafioso italiane (siciliane, calabresi e campane in primis) che sono riuscite agevolmente ad adattarsi alle caratteristiche socio-economiche del territorio di elezione”, sottolinea la Dia, avvertendo: “All’occorrenza, queste compagini criminali sanno perfettamente intersecare i propri interessi non solo con i sodalizi di matrice straniera ma, anche, con le formazioni delinquenziali autoctone che, pur diverse tra loro, in termini di modello strutturale e di azione connessa all’esercizio del potere criminale, hanno adottato il modello, organizzativo e operativo, di tipo mafioso, per acquisire sempre più spazi nell’ambiente territoriale di riferimento”. www.tgcom24.mediaset.it
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