La sovranità limitata di Mattarella e l’imperativo per l’Italia

di Flavio Tabanelli

Stupefacente la quantità di intellettuali e di scribi dell’establishment, sorti in difesa della Costituzione attribuendo al Presidente della Repubblica poteri di veto non scritti nell’art. 92 sulla nomina dei componenti del Governo e semmai esercitati nella prassi; mentre l’art. 94 prevede chiaramente la “fiducia delle due Camere” quale condizione della nascita dell’Esecutivo repubblicano.

Insorgono i sarti della dialettica, i macchiaioli del diritto, i sofisti; a ricamare, a sfumare, a dar corpo alle sottigliezze in difesa del rifiuto di Paolo Savona espresso dal Presidente Sergio Mattarella; mentre scopriamo che, sebbene nella sostanza vi siano già alcuni precedenti (uno riguardò Antonio Segni e il generale De Lorenzo, nel 1964), l’alto tradimento della figura del Capo dello Stato “risulta essere una astratta fattispecie dolosa, di difficile verificazione” e l’attentato alla Costituzione “di difficile inquadramento poiché privo di concrete fattispecie tipiche” (leggi su brocardi.it rispettivamente il primo commento e il secondo commento).

“Esso comunque presuppone un’infedeltà rispetto ai valori, ai comportamenti e alle istituzioni costituzionali”, precisa il commentatore dell’art. 90 della Costituzione (vedi ancora brocardi.it), sulla quale il Presidente Mattarella prestò sì giuramento, ma nella miserevole situazione di promettere fedeltà a una carta che è – ahinoi! – subalterna rispetto al Trattato di Lisbona, anche sul tema della guerra (leggi della nostra solitaria “Manifestazione contro il Trattato di Lisbona a Piazza Scala” e l’appello di dieci anni fa “Il Trattato di Lisbona deve essere respinto”).

Leo Strauss sguazzerebbe nel vedere applicata una tale “arte della menzogna” da questi tanti suoi seguaci, finora silenti sui numerosi assalti allo spirito e al senso della Costituzione, tra i quali l’introduzione del corpo estraneo che è detto “pareggio di bilancio”, negazione diretta del principio economico fondativo dello Stato nazionale moderno (per approfondire, vedi il “Dossier Leo Strauss: le radici dell’utopia mondialista”).

Il vero punto caldo

Del “contratto di governo” tra i due partiti favoriti dalle elezioni del 4 marzo, i contenuti più strategici e davvero micidiali per l’establishment puntellato sulla finanza speculativa sono stati attentamente evitati dai commentatori, omessi dalle requisitorie giornalistiche e radiotelevisive.

Perché i media e il Presidente Mattarella non hanno esplicitamente obiettato alla separazione bancaria (legge in attesa di discussione da ben due legislature) e all’istituzione di una banca nazionale di credito pubblico produttivo? Poiché simultaneamente queste reintroducono un principio morale nella finanza e molto concretamente possono predisporre una ordinatissima fuoriuscita del nostro Paese dalla seconda unità monetaria sperimentata nel ventesimo secolo (la prima, quella “latina”, fu un fattore della Prima Guerra Mondiale).

Ecco servito il contesto strategico per l’uscita

A patto, però, che l’Italia assesti una propria nuova collocazione, esemplare per tutti gli altri Paesi sofferenti a causa dell’Unione Europea (Germania compresa, diciamo noi, in polemica anche con i populisti, gli euroscettici, ecc. ora sul filo dell’onda mediatica).

Ciò deve avverarsi entro un quadro di relazioni internazionali ispirato alla preminenza del lavoro qualitativamente creativo, al rilancio dell’economia fisica produttiva e al concorso delle nazioni in opere collettive per gli scopi comuni dell’umanità.

Abbiamo lavorato anni e anni, sin dal tempo della collaborazione con i Paesi Non Allineati, cioè contrarî alla politica divisiva del mondo chiamata “guerra fredda”, affinché emergesse questo complesso alternativo di relazioni politiche ed economiche (leggi “LaRouche: quarant’anni di progetti di sviluppo per il mondo”).

Tale quadro si chiama Nuova Via della Seta, o “Una Cintura, Una Via” (Belt and Road Initiative) ed è ora offerto al mondo da un Paese che, proteggendo il credito produttivo dalla speculazione, ha fatto dei pluriennali investimenti infrastrutturali e produttivi la base del proprio odierno “miracolo economico”. Questo Paese è la Cina, proiettata ad assumere un ruolo planetario (e nello spazio extraterrestre), per aver rafforzato la propria economia produttiva, con l’efficace rispetto, in numerosi casi di cooperazione con altre nazioni, del principio della promozione degli interessi altrui sancito con la Pace di Westfalia (leggi “La crescita economica cinese supera ogni aspettativa”).

Qualificare la rivoluzione innescata

L’uscita dall’euro non può essere misura meramente monetaria.

Affinché possa concretarsi con risultati paragonabili alla Brexit, ma senza ricorrere alle pratiche cripto-coloniali e liberiste della Gran Bretagna, la Nuova Lira deve essere accompagnata dall’ingresso consapevole nella prospettiva della Nuova Via della Seta (leggi “La Nuova Via della Seta diventa il Ponte Terrestre Mondiale”).

Un nuovo sistema di relazioni tra le valute nazionali (la nostra Nuova Bretton Woods oggetto di unanimi mozioni parlamentari agli inizi degli anni Duemila), nuovi accordi infrastrutturali, nuove cooperazioni scientifiche e tecnologiche, nuovi regimi commerciali, nella libertà dalla protezione (quella mafiosa) del Trattato Nordatlantico (NATO) e dalla politica scientifica restrittiva della guerra fredda e del paradigma maltusiano-ambientalista: tutto questo costituisce la sfida di qualunque coalizione di governo che dovesse trovarsi a gestire la rivoluzione che va maturando, accelerata dalla durezza delle risposte dell’UE e dell’establishment transatlantico alla proposta dei vincitori del 4 marzo.

Se non vogliamo che “populista” si riduca a significare quel che i difensori dello status quo intendono, occorre che ampliamo la timida filìa per la Russia di Putin nell’ambiziosa adesione allo Spirito della Nuova Via della Seta, cui sono calorosamente invitati anche gli Stati Uniti d’America (leggi anche “Lo spirito della Nuova Via della Seta ispira la Francia di Macron, arriverà anche a Roma e Berlino?” e “La Nuova Via della Seta vista dal futuro”).