Sanità, allarme Fiaso: nei prossimi 5 anni mancheranno 11.800 medici

“Da qui al 2022, tra uscite dal lavoro dei ‘baby boomer’ in camice bianco e numero contingentato di nuovi specialisti, mancheranno all’appello 11.803 medici anche se si andasse verso un totale sblocco del turnover”. A lanciare l’allarme è la Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) che con il suo Laboratorio sulle politiche del personale traccia un quadro del fabbisogno in Asl e ospedali.

Lo studio viene presentato oggi a Roma in occasione dell’Assemblea annuale della Federazione. Pur avendo l’Italia più medici degli altri Paesi Ue con sistemi sanitari assimilabili, le uscite dei camici bianchi nei prossimi anni si prospettano come una vera ‘emorragia’, anche alla luce del fatto che più di uno su 3 (il 35%) lascia prima dei sopraggiunti limiti di età. O perché si prepensiona o perché ‘trasloca’ nel privato. Sul fronte delle nuove leve, poi, uno specializzando su 4 in entrata non opta per il servizio pubblico.

“Le uscite anticipate dei medici dal servizio pubblico hanno varie ragioni, come la paura dell’innovazione organizzativa e tecnologica e di veder cambiare in peggio le regole del pensionamento – spiega il presidente di Fiaso, Francesco Ripa di Meana – oppure il dimezzamento necessario dei posti di primario, che ha finito per demotivare tanti medici a proseguire una carriera oramai senza più sbocchi”.

L’indagine è stata svolta su un campione ampiamente rappresentativo di 91 aziende sanitarie e ospedaliere, pari al 44% dell’intero universo sanitario pubblico. E ha messo in luce in primo luogo un effetto dei reiterati blocchi del turnover: la concentrazione da record di ‘tempie grigie’ nella classe medica italiana, all’interno della quale il 51,5% ha superato i 55 anni d’età. La proiezione nazionale dei dati del campione fa vedere che dal 2012 al 2017 sono stati 24.651 i dirigenti medici che hanno lasciato il servizio. Una media di circa 4.100 cessazioni l’anno, che hanno generato il progressivo invecchiamento della popolazione medica: prendendo in considerazione il campione analizzato, nel 2012 erano in 422 a spegnere le 65 candeline che spesso coincidono con la pensione, mentre lo scorso anno la platea dei potenziali ‘pensionandi’ era già salita a quota 2.087. E il trend è in costante crescita.

Calcolando il coefficiente medio di cessazioni relativo al triennio 2015-2017, le proiezioni Fiaso da qui al 2025 dicono che complessivamente 40.253 medici compiranno i 65 anni mediamente buoni per il pensionamento. Ma le cessazioni, aggiunte quelle per motivi diversi, saranno molte di più: 54.380. Resta il fatto che, se il numero dei medici 65enni rappresenta oggi il 13% del totale, da qui al 2023 la percentuale è destinata a raddoppiare, passando al 28%.

Le criticità variano da una specialità all’altra. “Nei prossimi 8 anni ad esempio i medici dei servizi sanitari di base si estingueranno (-100%)”, fanno notare gli autori dello studio, “mentre gli igienisti si ridurranno del 93% e i patologi clinici dell’81%”. Internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori si ridurranno a loro volta di oltre la metà, anche se il maggior numero di cessazioni dal lavoro in termini assoluti si avrà tra gli anestesisti, che lasceranno in 4.715 da qui al 2025.

Anche se poi non sempre questi numeri corrispondono alle criticità segnalate dalle aziende sanitarie, che in cima alla lista delle specialità mediche con carenze di organico più critiche mettono nell’ordine anestesia, medicina e chirurgia d’urgenza e pediatria, che pure figura nella parte bassa della classifica per cessazioni in numeri assoluti. Questo, ragiona la Fiaso, perché evidentemente il tasso di ricambio dei pediatri ospedalieri è ancora più basso che in altre specialità. Probabilmente per la tendenza dei giovani specializzati a optare per la professione in regime di convenzione, anziché di dipendenza.

Quanto alle entrate, anche su questo fronte si registrano fenomeni che vanno ad aggravare la carenza di camici bianchi nel Ssn: uno specializzato su 4 opta anche lui per altro, come il lavoro nel privato, in convenzione o magari all’estero. A questo si aggiungono i contratti di specializzazione contingentati, ed è così che dal 2017 in poi si crea “un gap crescente tra medici neo-specializzati e medici che lasciano il posto – osservano gli autori dell’indagine – Dal 2018 al 2022 avremo 11.800 medici in meno di quelli necessari a sostituire chi ha lasciato il proprio posto. E il gap maggiore si avrà per Igiene pubblica (- 2.670) medicina interna (-1.638), medicina d’urgenza (-1.080) e chirurgia generale (-1.039)”.

Per gli esperti la soluzione del problema “non sembra tanto, come da più parti auspicato, nell’ampliare il numero di accessi alle scuole di specializzazione. A ben vedere infatti i giovani laureati in Medicina coprono già oggi a malapena i posti messi a disposizione per le specializzazioni, se a questi si aggiungono i circa mille per la formazione dei medici di medicina generale”. E abbattendo il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, concludono, “bisognerebbe attendere 9-10 anni per vederne gli effetti in termini di reali disponibilità in organico”.