C’è qualcosa di profondamente irrituale nella lettera ai capi di Stato e di governo dell’Ue che il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha inviato ieri per convocarli al vertice che si svolge oggi e domani a Bruxelles, e che è principalmente dedicato all’immigrazione. Tusk non presenta solo l’agenda delle discussioni, spiegando brevemente l’importanza delle decisioni che si vogliono prendere, ma drammatizza fortemente la gravità della crisi migratoria, a cui dedica alcuni lunghi paragrafi di considerazioni politiche.
finisce con una sorta di appello ai governi dell’Ue, affinché prendano sul serio l’esigenza di proteggere efficacemente le frontiere esterne, e a fermare il flusso dell’immigrazione illegale. Se non risponderemo efficacemente a questa sfida, avverte in sostanza, la nostra incapacità apparirà come una debolezza inerente alle democrazie liberali, e la gente finirà col dare fiducia ai movimenti populisti e nazionalisti (che Tusk chiama “nuovi movimenti politici” con tendenza antieuropea, anti liberale e autoritaria, “che offrono risposte semplici, radicali e attraenti alle più questioni più comoplicate’, ndr) e a credere a qualunque altra cosa dicano”.
Da notare che il presidente del Consiglio europeo non cita neanche la riforma del regolamento di Dublino sul sistema d’asilo dell’Ue, finora basato sull’ingiusto principio del paese di primo approdo come unico responsabile della gestione dei richiedenti asilo; fino a poche settimane fa questa era considerata come la decisione più importante su cui il vertice Ue avrebbe dovuto cercare di mettersi d’accordo.
Tusk, inoltre, annuncia che fra le decisioni da prendere ci sarà quella di “predisporre piattaforme regionali di sbarco”, ma solo “fuori dall’Europa”, e non menziona le piattaforme interne all’Ue, su cui punta l’Italia per cercare di far passare il principio di un “meccanismo condiviso” fra diversi Stati membri nella gestione dei migranti soccorsi in mare dopo lo sbarco.
“Una precondizione per una vera politica migratoria dell’Ue – scrive Tusk nella lettera ai capi di Stato e di governo – è che gli europei decidano in modo efficace chi entra nel territorio europeo. Il mancato raggiungimento di questo obiettivo sarebbe di fatto una manifestazione della nostra debolezza e, soprattutto, potrebbe creare l’impressione che l’Europa non abbia una frontiera esterna. Gli europei si aspettano da noi, ormai da molto tempo, che mostriamo determinazione nelle nostre azioni volte a ripristinare il loro senso di sicurezza. La gente vuole questo – osserva il presidente del Consiglio europeo – non perché improvvisamente sia diventata xenofoba e voglia erigere muri contro il resto del mondo, ma perché è compito di ogni autorità politica far rispettare la legge, proteggere il proprio territorio e i confini”.
“Ci sono voci in Europa e nel mondo – ricorda Tusk – che sostengono che la nostra inefficienza nella gestione delle frontiere esterne sia un carattere inerente all’Unione europea, o, più generalmente, delle democrazie liberali. Abbiamo assistito alla creazione di nuovi movimenti politici che offrono risposte semplici alle questioni più complicate; semplici, radicali e attraenti. La crisi migratoria gli ha fornito un numero crescente di argomenti”.
“Sempre più persone – constata il presidente del Consiglio europeo – stanno cominciando a credere che che solo un’autorità dalla mano di ferro (‘strong-handed authority’, ndr)’, con uno spirito antieuropeo e anti liberale, con un’aperta tendenza all’autoritarismo, possa essere capace di fermare l’ondata dell’immigrazione illegale. Se la gente crede loro- avverte Tusk -, se crede che solo loro possano offrire soluzioni efficaci alla crisi migratoria, allora finirà col credere a qualunque altra cosa dicano. La posta in gioco è alta. E il tempo breve”, conclude il presidente del Consiglio europeo.