Non solo in Europa l’immigrazione è al centro dello scontro tra partiti, istituzioni e varie organizzazioni.
In Libano il Ministro degli esteri Gebran Bassil è apertamente in rotta di collisione con l’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) che nel paese dei cedri si occupa di circa un milione di profughi scappati dalla confinante Siria. Secondo molte testimonianze pervenute fino alle autorità libanesi, i funzionari dell’Unhcr cercano di far desistere i siriani dal tornare in patria con pretesti vari: dai pericoli del viaggio al rischio delle mine, dalla guerra non terminata a ipotetiche rappresaglie.
Nei fatti la guerra a ovest dell’Eufrate è conclusa quasi ovunque e le zone controllate dai ribelli e dai terroristi sono piccole sacche lontano dalle citta maggiori oppure ampie zone desertiche e disabitate. Sono quindi sempre di più i siriani che desiderano tornare in patria per rifarsi una vita, proposito sicuramente auspicato anche dalle autorita del Libano che, con una superficie ridotta e una popolazione di 6milioni di abitanti, hanno ovvie difficolta a gestire le immense masse siriane giunte in questi anni. In senso opposto, secondo il ministro Bassil, vanno le azioni dell’Unhcr. Con una durissima nota ufficiale su Twitter il ministro afferma che “da domani incominiceranno le nostre procedure contro Unhcr e saliranno fino al massimo grado raggiungibile da uno stato sovrano come il Libano. Vogliamo contrastare un’organizzazione che si oppone alla normalizzazione della situazione e al ritorno degli sfollati in patria”.
A sottolineare l’importanza del tema, era già stato la settimana scorsa il generale Abbas Ibrahim, capo dell’agenzia per la sicurezza del Libano, che aveva dichiarato di coordinarsi col governo di Damasco per il ritorno di migliaia di profughi.