di Aldo Grandi
Il 2 giugno, anche a Lucca, verrà celebrata, in Cortile degli Svizzeri, la festa della Repubblica. Non quella di Lucca, che seppe resistere ai tentativi di minarne l’indipendenza fino al 1799 quando dovette cedere non alla Merkel né a Macron, ma, e perdonateci l’ardire, ad un certo Napoleone Bonaparte.
Il 2 giugno sarà, infatti, la festa della Repubblica, quella italiana, che quanto a indipendenza da Lucca avrebbe molto da imparare alla luce delle offese e degli sberleffi di questi ultimi giorni, avanzati dalla potenze straniere nei confronti dell’Italietta che non è più quella di Giolitti, ma è anche peggio. La cerimonia, come ogni anno, si terrà nel Cortile degli Svizzeri, sede del comando provinciale dei carabinieri che festeggeranno in contemporanea anche l’anniversario della fondazione.
Ebbene, la Gazzetta di Lucca, per la prima volta da quando chi scrive fa questo mestiere, non sarà presente e per due precisi ed inequivocabili motivi. Il primo, dovuto al fatto che questa Repubblica non può essere festeggiata da tutti dal momento che i veri padroni non sono i suoi abitanti che da generazioni l’hanno vissuta, bensì i mercati, le agenzie di Rating, gli organismi sovranazionali e la Grande Finanza Speculativa.
La prova, ammesso che ce ne fosse bisogno, l’abbiamo avuta in questi ultimi giorni con il presidente Sergio Mattarella che si è rifiutato di dare il via libera ad un Governo che, comunque, rispecchiava e rispettava i requisiti minimi indispensabili per poterci provare.
Le motivazioni addotte per giustificare questo rifiuto vanno cercate, letteralmente, nelle reazioni suscitate dalla possibile nomina a ministro dell’Economia di Paolo Savona, economista e docente universitario di 81 anni, che nella sua vita ha collaborato, ricoprendo incarichi di prestigio e importanza, con personaggi come Franco Modigliani (premio Nobel per l’economia), Guido Carli, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio La Malfa. Non quindi, l’ultimo della lista, ma un signor Economista lontano anni luce da propositi rivoluzionari o reazionari. Eppure sono bastate quattro grida e qualche strillo dalle solite oche della Casta al Potere per creare panico non tanto sui mercati, quanto nelle stanze, più o meno segrete del Quirinale, residenza del Capo dello Stato.
La seconda ragione per la quale non ci recheremo alla festa del 2 Giugno è perché, per la prima volta in 29 anni di professione, il sottoscritto è sotto procedimento penale giudiziario accusato del reato di vilipendio delle Forze Armate. E a denunciarlo, oltre che a far disporre il sequestro preventivo, successivamente annullato, di una sezione della Gazzetta di Lucca, è stato, il 22 dicembre, tre giorni prima di Natale, l’attuale comandante provinciale dei carabinieri colonnello Giuseppe Arcidiacono. Quest’ultimo era stato presentato all’autore di queste righe previa telefonata da parte del generale Salvatore Maiorana che, conoscendo da sempre il rispetto privo di genuflessioni di chi scrive per l’Arma, ritenne evidentemente importante farci incontrare così da poter scambiare punti di vista e fare conoscenza.
Il 22 dicembre 2017 questo scribacchino si trovava a letto con 39,5 di febbre in una camera al Casone di Profecchia, alta Garfagnana, dove era andato, per giunta, a trascorrere un week-end di pace e sci. La telefonata in partenza da Lucca gli comunicò, direttamente sul cellulare, l’invito a recarsi immediatamente a Lucca per poter ricevere la notifica relativa ad un sequestro disposto dal giudice su istanza del pubblico ministero e su denuncia inoltrata proprio dal comandante Arcidiacono.
Nonostante gli articoli apparsi nella sezione in questione dal titolo ‘Coglioni in divisa’ fossero tutti, premeditatamente, rigorosamente e provocatoriamente tesi a difendere il difficile lavoro degli uomini impegnati sulle Volanti, sulle Gazzelle e nei servizi di ordine pubblico, dileggiati, derisi, offesi, bersagliati, colpiti, feriti, a volte anche massacrati e, comunque, sempre colpevolizzati da una stampa che definire partigiana è un eufemismo, il sottoscritto dovette scendere fino a Castelnuovo Garfagnana per rispondere, tra la meraviglia e la sorpresa dei carabinieri della compagnia e della stazione, di un reato, appunto il vilipendio, che mai e poi mai si era sognato di commettere.
Fu, quella, la classica goccia che fece traboccare il vaso riempito, sistematicamente e con pervicacia, negli anni, dalle denunce, querele, richieste di risarcimento, intimazioni e, in alcuni casi, anche intimidazioni. La temperatura salì ai 40° a causa dell’uscita dall’albergo e per la permanenza all’aria invece che sotto le coperte, la febbre durò quattro giorni, il sottoscritto subì un tracollo psicologico causato più che dalla effettiva portata del procedimento, dall’amarezza che tra tutti – e sono stati decine di migliaia – i rappresentanti delle forze dell’ordine, solo uno, proprio quello che gli avevano presentato e di cui si riteneva se non amico, qualcosa di più che conoscente, aveva visto il vilipendio dove vilipendio non era mai esistito. Del resto, il titolo della sezione lo aveva suggerito proprio Gianni Tonelli, segretario del Sap nazionale, il sindacato autonomo di polizia.
Da allora sono passati cinque mesi, nel corso dei quali il sottoscritto ha dovuto fare il possibile e anche di più, per risalire la china e tornare ad essere quello che era prima della caduta. E se da un lato ci è, grazie all’affetto e alla stima di amici, colleghi, collaboratori, parenti, riuscito quasi completamente, dall’altro e come ebbe a dirgli a cena, uno di fronte all’altro, lo scrittore cileno Luis Sepùlveda, ex componente della guardia presidenziale di Salvador Allende, trucidato nel colpo di Stato organizzato dalla Cia e dai militari nel 1973, non dimentica e non perdona.
L’Arma dei carabinieri è stata, per l’autore di questa rubrica, una sorta di seconda casa nella quale ha incontrato e conosciuto decine e decine di uomini in divisa, talvolta peggiori, ma quasi sempre migliori di come l’iconografia del tempo, vedi anni ’70-’80, ce li dipingeva, uomini con cui è stato possibile instaurare un rapporto professionale di reciproca fiducia e una stima fatta di concrete dimostrazioni di serietà. E ogni volta che veniva celebrato l’anniversario della fondazione dell’Arma, era impensabile non essere presenti per portare il proprio saluto oltre la forma e più vicino alla sostanza. Questa volta, però, non sarà così, poiché il sottoscritto dovrebbe comparire ad una festa dove non si sentirebbe per niente a casa o fra amici e i motivi sono stati appena spiegati.
Questa non è la Repubblica e non è lo Stato che nei testi di diritto si legge essere composto da tre elementi: territorio, popolo e sovranità. La sovranità, alla luce di quanto è avvenuto a Roma in queste ultime ore, non appartiene al popolo considerato alla stregua di un individuo impedito e incapace di pensare e agire autonomamente, bensì sempre bisognoso di tutela.
E questa giornata dedicata all’Arma non può essere celebrata da chi è sotto procedimento giudiziario perché accusato di averla offesa e derisa.
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