Mattarella, “padre di Stato deludente”

di Antonio Amorosi

Continuare a trattare il M5S e la Lega come una compagine di dilettanti totali o di irresponsabili, come stanno facendo giornali e tv a rete unificate, anche dopo la deflagrazione della crisi istituzionale attuale, è da stupidi. Per le conseguenze che ci possono essere per tutti, qualsiasi sia la posizione politica assunta. A sparare sulla croce rossa o a mangiarsi i popcorn come ha detto di fare Matteo Renzi ci faremo male tutti, perché la situazione è forse più grave di quanto appaia. In queste fasi occorrono nervi saldi e cercare le vie di dialogo tra istituzioni, nonostante tutto e al di là di tutto (M5S e Lega hanno comunque più del 50% dei voti degli italiani alle spalle). I mercati finanziari e soggetti terzi potrebbero ancor di più approfittare della debolezza interna cercando di indebolire e mangiarsi l’Italia.

Se nella sfida attuale è chiara quale sia stata la posizione di Mattarella non è altrettanto analizzata, sviscerata, la posizione di quelli che in questa fase appaiono come sconfitti (M5S e Lega) e che molto probabilmente vinceranno le prossime elezioni, se ci saranno a breve. Si possono però comprende guardando i segni e le psicologie che si sono manifestate nelle primissime ore dalla rottura, soprattutto all’interno del mondo dei 5Stelle.

Al rifiuto del presidente Sergio Mattarella di nominare il professor Paolo Savona ministro dell’Economia (una scelta sorprendente di un grande esperto non legato né a Lega né al M5S), con l’esplosione della conseguente crisi, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno reagito immediatamente dal palco di Fiumicino chiedendone l’impeachment: “La democrazia è stata abolita in questo Paese”, e ancora, “torniamo al voto, ma che facciamo? Con la Lega prendiamo il 60%, torniamo dal presidente con Savona e lui ce lo rifiuta? Se devono decidere i poteri forti, si prendano la responsabilità di togliere il diritto di voto”.

Questa non è una reazione da politici. Infatti loro, i 5Stelle ripetono fieri di non esserlo. E sono stati per questo etichettati come “antipolitica”. Ma non si è capito davvero cosa significhi questo termine.

Un politico avrebbe reagito come ha fatto ad esempio Salvini, che ha almeno 25 anni di politica alle spalle, ed ha detto: “Prima sbollisco la rabbia e poi parlo”.

Quella di Di Maio e Di Battista invece è stata una reazione prepolitica. E su quella hanno pianificato un’azione. E’ come se avessero parlato le persone Luigi ed Alessandro, non il capo politico e il leader di piazza. Ma il comportamento non è ritenuto negativo, tutt’altro. Li rende più vicini al popolo che li sente simili a sé, inesperti sì ma autentici, veri, con reazioni umane: persone. La stessa autenticità che per motivi diversi trasmette Salvini.

I due, Luigi e Alessandro, è come se si fossero sentiti traditi da Sergio Mattarella capo dello Stato, garante della Costituzione, padre e arbitro equidistante dalle contese politiche. I sentimenti che leggendo i commenti in rete appaiono come fra i più diffusi, colpevolizzando il presidente Mattarella e accusandolo di tradimento, sono gli stessi. Forse perché anche la maggioranza degli italiani che di fondo sono un popolo non acculturato giuridicamente e politicamente, associa la propria identità al valore della comunità/famiglia. In questa ipotetica “famiglia nazionale” da immaginario collettivo, parlando con la dovuta grossolanità che il discorso richiede, Mattarella rappresenta il buon padre di famiglia delle istituzioni. Ma che in questa soluzione finale si è comportato come un padre “vecchio stampo”, rigido, che applica la sua di legge senza ascoltare ragioni, muovendosi istituzionalmente ma non comprendendo la ragioni delle nuove generazioni che vogliono una speranza di futuro che nell’attuale sistema economico non vedono: trattare a Bruxelles condizioni che non prevedano il recupero del debito solo attraverso la tassazione feroce dei cittadini. D’altronde le nuove generazioni oltre ad emigrare o vendersi per pochi euro nel mercato del lavoro che li sputa fuori ogni tre per due che altre strade dovrebbero percorrere?

La dottrina politica ci dice anche però che il capo dello Stato non è un arbitro, è invece un organo di indirizzo politico a pieno titolo che per le sue prerogative può non accettare i ministri proposti dal presidente del consiglio incaricato. Ma i due mondi parlano linguaggi completamente opposti. Un linguaggio giuridico istituzionale attento alle compatibilità dei mercati Mattarella (una vera scoperta per i grillini); un linguaggio di ribellione e speranza di chi si sente portavoce di una generazione senza lavoro e prospettive Di Maio e Di Battista (quel 40% di giovani disoccupati che non trovano alternative).

Ma come diceva Beppe Grillo, se non vai a mettere le bombe per cambiare un “sistema” che ritieni ingiusto, cioè lo fai senza l’uso della violenza, e ti muovi rispettando in toto la via istituzionale, accettando tutte le regole parlamentari, ti aspetti che una volta vinto avrai quel che ti spetta. E invece no. Non va così. E’ questo che sentono nella pancia i 5 Stelle e chi li ha votati, così come il popolo più verace della Lega.

Se è nella natura delle cose che i figli si ribellino ai padri e che le nuove generazioni cerchino strade non percorse dalle vecchie, così come è normale che i padri manifestino la loro autorità, basata su dati di fatto più complessi, il problema si pone comunque. Come appare, il “padre” metaforico, il capo dello Stato Mattarella, non ha cercato un dialogo riconoscendo i “figli” al di là delle proprie convinzioni, istaurando uno scambio.

Per questo motivo psicologico gli elettori hanno rinforzato la loro simpatica verso il M5S e la Lega sentendo come forzato e ingiusto il comportamento di Mattarella: “Non può rifiutare un ministro solo perché non la pensa come lui o la Germania”, scrivono in tanti in rete, attaccando la credibilità del capo dello Stato, un vecchio giurista siciliano per bene di un’altra generazione.

La questione ora non è di poco conto perché il rischio sarà di una frattura che verrà innalzata come bandiera alle prossime elezioni. Parole quali “impeachment”, “tradimento”, “no euro”, “no all’Europa della Germania” diverranno termini per sollevare la piazza. Esasperando così ancora di più le reazioni dei mercati finanziari pronti a speculare su un Italia in difficoltà o in crisi di credibilità, secondo i loro canoni.

La rottura del dialogo, perché si dialoga sempre in due (chiunque sia l’altro), non è mai un bene. Così come è un male, come fa la maggioranza dei media italiani, trattare come dilettanti totali e populisti il M5S e la Lega che le elezioni le hanno vinte ed hanno dietro la maggioranza degli italiani.

Se il presidente Mattarella avesse messo le vesti psicologiche del “buon padre di famiglia” per parlare con queste nuove generazione di cosiddetti antipolitici forse non saremmo nella situazione attuale, con le conseguenze presenti, mettendoci in pericolo davanti ai mercati e agli speculatori che come avvoltoi da anni imperversano sull’Italia.

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