Tim annuncia la presentazione al ministero del Lavoro e alle rappresentanze sindacali di un progetto di cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione aziendale. Ne dà notizia una nota dell’azienda che spiega come “tale progetto verrà analizzato e discusso con le organizzazioni sindacali nell’auspicabile prospettiva di pervenire ad un accordo in tempi rapidi”.
29.736 lavoratori, piu’ della metà, saranno sospesi dal lavoro per un numero medio di giornate non superiore a 26, da distribuire su base mensile nel periodo di applicazione e comunque in linea con i fabbisogni del programma di riorganizzazione. Gli esuberi individuati, alla base della richiesta della cigs, sono 4.500.
A quanto apprende l’Adnkronos al termine dei 12 mesi (in partenza dal prossimo giugno) gli esuberi individuati potrebbero essere circa 4.500 che l’azienda intenderebbe comunque gestire, almeno in parte, con “strumenti non traumatici” (per esempio uscite incentivate ed ex art.4 della legge Fornero).
A quanto emerge dall’indicazione data dal ceo Amos Genish agli analisti nel corso di una conference call, l’impatto finanziario della cigs di 12 mesi di cui Tim ha avviato la procedura è equivalente al costo di 2.800 dipendenti in meno nel corso dell’anno. La cigs, ha detto il manager, “ha l’obiettivo di ridurre 2.800 esuberi ‘full time'”. “Stiamo cercando, ovviamente, di risolvere questo problema con tutte le parti rilevanti il più in fretta possibile”, ha sottolineato il ceo.
Con un confronto iniziato a gennaio scorso il gruppo di tlc aveva proposto ai sindacati un piano di uscite volontarie pari a 6.500 unità nel triennio 2018-2020. Di pari passo Tim aveva proposto di ricorrere a un programma di solidarietà espansiva, strumento al suo debutto e che avrebbe comportato assunzioni per circa 2.000 unità. Tim aveva accantonato in bilancio circa 700 milioni per incentivare gli esodi.
Dopo oltre un mese di trattativa il piano non aveva ricevuto il via libera dei sindacati per i quali il principale scoglio era quello della solidarietà espansiva con cui contribuire al finanziamento delle nuove assunzioni e, a marzo, la concomitanza con il voto alle politiche che avrebbe reso difficile un ruolo di ‘garanzia’ da parte del governo.