di Luigi Pecchioli
Con la possibilità di andare a breve, forse in autunno, ad elezioni anticipate, visto l’impasse nella formazione del Governo, impasse frutto di una legge elettorale scellerata e voluta dai maggiori partiti per un calcolo errato sul loro peso percentuale, molti lettori si chiederanno cosa accadrà agli eletti e soprattutto se e che costo avrà questo eventuale rinnovo del Parlamento: scatteranno i vitalizi per gli attuali parlamentari anche se resteranno in carica pochi mesi? Se rieletti avranno diritto ad un doppio trattamento?
Cerchiamo di dare risposta a questi quesiti.
Innanzitutto è bene chiarire che il termine ‘vitalizio’ non esiste più. Con la riforma del 2012 sono stati aboliti e sostituiti con una più normale pensione, basata sul metodo contributivo, ovvero su quanto effettivamente versato dall’onorevole e maturabile solo dopo i 65 anni. Già dal 1997 era stato imposto questo limite di tempo (prima maturava alla scadenza del mandato, qualsiasi fosse l’età) e nel 2007 era stato ridotto l’importo e raddoppiato il tempo per la sua maturazione, passando da 2,5 anni a quasi 5.
Gli attuali eletti quindi, se non riconfermati, non maturerebbero alcun diritto pensionistico e le somme versate come contributi, pari al 8,8% della retribuzione, andrebbero semplicemente persi. Per quelli che fossero rieletti, quanto versato andrebbe evidentemente a ricongiungersi con i nuovi versamenti, ai fini del periodo di legge valido per maturare la pensione.
Per quanto riguarda la somma, un parlamentare che facesse un solo mandato, senza riconferma, al raggiungimento dei 65 anni di età si vedrebbe riconosciuta una pensione pari a 900/970 euro al mese. Non tutto questo gran che.
Tutto ciò dimostra che concentrarsi sul problema dei cosiddetti “vitalizi” sia solo una distrazione da quelli che sono i veri problemi, prima di tutto il costo di partecipazione all’Unione Europea, problemi che alcune forze politiche evidentemente vogliono sottacere. Le ragioni trovatele voi.