Pec violate, cybercriminali svuotano conti in banca

Cybercriminali esperti nel modificare gli indirizzi di posta certificata per sottrarre soldi dai conti di ignari clienti di banca. Questa la truffa scoperta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, che all’alba di oggi hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della Procura della Repubblica peloritana a carico di 5 persone ritenute responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica, accesso abusivo a sistema informatico o telematico e sostituzione di persona. Contestualmente, alla misura cautelare personale è stata data esecuzione anche ad un decreto di sequestro preventivo, disposto nei confronti dei conti correnti e depositi bancari nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 1,2 mln di euro. Il provvedimento restrittivo scaturisce da una complessa attività di indagine, convenzionalmente denominata ‘Fraudatores’, avviata nel febbraio 2018 dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina in collaborazione con il Reparto Indagini Telematiche del ROS, coordinata dal sostituto Procuratore della Repubblica Antonella Fradà, “i cui esiti hanno permesso di comprovare l’operatività di un gruppo di cyber criminali, con base nella fascia ionica reggina e attivo sull’intero territorio nazionale, specializzato nel sottrarre ingenti somme di denaro da diverse centinaia di conti correnti bancari on line”.

VIOLATE LE PEC – Le investigazioni, in particolare, hanno dimostrato come gli indagati “fossero in grado di modificare, sui principali siti web istituzionali (Telemaco Infocamere, www.inipec.gov.it, www.registroimprese.it, etc..), gli indirizzi di posta elettronica certificata (p.e.c.) di alcuni tra i più noti istituti di credito nazionali ed esteri, sostituendoli con quelli di analoghe caselle di posta certificata, denominate in modo del tutto simile alle originali, appositamente attivate su provider specializzati e intestate a soggetti ignari o inesistenti”. Nel corso dell’inchiesta è stato accertato che, mediante tale espediente, i pirati informatici riuscivano, da un lato, ad interporsi tra i titolari dei conti correnti online e i rispettivi istituti – secondo una modalità di attacco cibernetico nota come M.I.T.M. (Man in the middle) – e, dall’altro, ad entrare in possesso delle credenziali. Il modus operandi di accesso ai rapporti finanziari, utilizzando le quali disponevano una sequenza di operazioni ‘home-banking’ in favore di ulteriori conti bancari, intestati a ignare vittime di furto d’identità ma gestiti dagli stessi appartenenti alla consorteria.

RICICLAGGIO – Le indagini hanno fatto luce sul sistema utilizzato anche per riciclare il denaro carpito alle vittime attraverso passaggi in vari conti correnti, bancari e postali, al fine di rendere più complesso seguire i flussi finanziari. Pertanto oltre alle misure cautelare personale è stato dato esecuzione anche al sequestro preventivo di ben 31 rapporti finanziari alcuni dei quali intestati direttamente agli indagati ed ai loro prossimi congiunti ed altri invece intestati a nome di ignare vittime le cui identità erano state rubate ed utilizzate per accendere questi conti di fatto gestiti dagli indagati.

RETE DI TRUFFATORI – Il provvedimento cautelare eseguito oggi nei confronti di cinque persone, accusate di avere messo su una vera e propria attività cybercriminale nei confronti di persone ignare, “ha interrotto l’attività criminale in corso evitando che ulteriori vittime potessero cadere nella rete dei truffatori”. Così, gli inquirenti parlando dell’operazione.

L’inchiesta è partita all’inizio dell’anno. “Le perquisizioni ed i sequestri potranno fornire ulteriori elementi investigativi ricavati dall’esame del copioso materiale informatico acquisito e dall’analisi dei flussi finanziari dei conti correnti sequestrati anche perché si ha motivo di ritenere che parte dei proventi illeciti siano stati investiti nell’acquisto di bitcoin, la moneta virtuale utilizzata anche per effettuare acquisti di armi e merci illegali nel deep web”, dicono ancora gli investigatori. ADNKRONOS