di Luigi Pecchioli
Le ultime vicende politiche e la dichiarazione al sen sfuggita all’ideatore della legge elettorale che ha portato al presente impasse istituzionale spingono a qualche considerazione su quale sia l’attuale senso dello Stato nei politici italiani ed il loro concetto di democrazia.
Da come riportato da Peter Gomez l’On. Rosato avrebbe dichiarato che il proporzionale puro, voluto da una parte del PD, avrebbe portato nella situazione attuale ad un governo Lega-Cinque stelle, quindi non gradito, implicitamente confessando che il “rosatellum” era nato per evitare questa possibilità. Questa dichiarazione è di una gravità sconcertante.
La concezione della democrazia degli esponenti del PD è pari alla concezione di conservazione del territorio che aveva Attila: fare terra bruciata dopo di loro, tagliare tutti i ponti e mettere in difficoltà i vincenti della tornata elettorale (che essi sapevano persa) è stato l’unico pensiero della ex sedicente maggioranza, sedicente perché, è bene ricordare, “drogata” da un premio elettorale considerato abnorme e incostituzionale dalla Consulta.
A quanto pare ai responsabili e capaci uomini del PD, come si autodefinivano in campagna elettorale, contrapponendosi agli inetti e pericolosi grillini e leghisti, nel momento che sanno di non avere più il consenso della popolazione, interessa solo una cosa: avvelenare i pozzi della politica. Delle difficoltà del Paese, del bisogno di avere un Governo che affronti le emergenze, da loro create e amplificate con politiche folli e suicide, a volte al limite del perseguimento di interessi squisitamente ed esclusivamente stranieri, come la vicenda della tentata cessione di tratti di mare ai francesi ha dimostrato, un Governo che possa dare quella serenità agli imprenditori ed alle famiglie, necessaria per far ripartire l’economia, a loro non interessa nulla.
La strategia è quella di lasciare tutto in condizioni disastrose, con accordi che spiegheranno i loro malefici effetti solo dopo la loro uscita dal Governo, come i licenziamenti da parte della Embraco che scatteranno a dicembre, venduti come un grande successo del ministro Calenda, perché ne ha ottenuto la dilazione, ma non il ritiro, quindi li ha di fatto accettati. Raggiunto questo scopo, osservano dall’esterno l’impossibilità di formare un governo, grazie alla legge elettorale da loro approvata, rimproverando le parti di non saper trovare un accordo, ed accusano gli altri di aver provocato i danni o non aver risolto le situazioni da loro stessi create, come con i terremotati dell’Aquila, che saranno chiamati a rifondere le somme ricevuto in aiuto, perché chi era al governo (Renzi) si è “dimenticato” di opporsi ad una decisione discutibile, nei termini di legge.
La politica, nella loro concezione, è solo una guerra all’avversario, considerato non un normale soggetto con il quale ci si alterna alla guida del Paese, come dovrebbe accadere in ogni normale democrazia, ma un maligno e pericoloso nemico, da distruggere con ogni mezzo, anche sleale, per non affidargli le sorti della Nazione, e se proprio non si riesce a sconfiggere allora si deve lasciare governare solo delle macerie.
La delegittimazione è diventata la normale dialettica politica: l’ultima campagna elettorale è stata una squallida e feroce attività di distruzione morale dell’avversario, etichettato come fascista, xenofobo o populista, con ciò distruggendo alla radice ogni possibilità di confronto, di rapporto dialettico.
Berlusconi definì una volta “turisti della democrazia” i rappresentanti dei Socialisti Europei, sollevando sdegno e scandalo in patria in questi stessi soggetti la cui azione politica è chiaramente volta solo alla distruzione dei diritti di quelli che vorrebbero (a parole) rappresentare, tutto ciò in sfregio di una Costituzione con la quale si riempiono la bocca nelle celebrazioni, ma che in realtà disprezzano e calpestano. In effetti avevano ragione a sdegnarsi: loro non sono turisti, sono vandali della democrazia…