di Giuseppe Palma, giurista e scrittore
L’Euro, come ho avuto modo di dimostrare più volte, essendo un accordo di cambi fissi impedisce di scaricare il peso della competitività sulla moneta, spostandolo interamente sul lavoro, quindi su salari e su garanzie contrattuali e di legge in favore del lavoratore.
Ciò collide aspramente, ma non è una novità, sia con i principi fondamentali rubricati agli artt. 1 e 4 della Costituzione, sia con la relativa specificazione di cui alle disposizioni costituzionali che vanno dall’art. 35 all’art. 40.
Ma v’è di più. Molto di più, qualcosa di più profondo che attiene addirittura all’esercizio della potestà legislativa da parte dello Stato.
Se si legge l’art. 117 della Costituzione vigente, introdotto con la revisione costituzionale del 2001, esso attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva sulla moneta [lettera e) del medesimo articolo], quindi, per poter derogare la sovranità monetaria ad altri organismi che non fossero lo Stato italiano, occorreva quanto meno una legge costituzionale, cioè una legge che – nella scala gerarchica delle fonti del diritto – si colloca un gradino al di sotto della Costituzione ma comunque due gradini al di sopra delle leggi ordinarie e un gradino sopra i regolamenti comunitari.
Ciò detto, la moneta unica europea è stata introdotta dapprima con una previsione, attraverso tre diverse fasi, del Trattato di Maastricht, poi con un regolamento comunitario (Reg. n. 1466/97), cioè un “atto giuridico” dell’Unione che produce effetti direttamente vincolanti per gli Stati membri senza la necessità di un atto di recepimento da parte dei Parlamenti nazionali.
Occorre a questo punto precisare che l’autorizzazione alla ratifica dei Trattati internazionali (nel caso di specie il Trattato di Maastricht), avviene attraverso leggi ordinarie, le quali si pongono – nella scala gerarchica delle fonti – su di un livello inferiore sia alla Costituzione che alle leggi costituzionali.
Stesso discorso dicasi per i regolamenti UE, i quali, pur ponendosi al di sopra delle leggi ordinarie, sono comunque al di sotto sia della Costituzione che delle leggi costituzionali.
Ergo, la fattibilità costituzionale di derogare la sovranità monetaria ad un qualsiasi organismo che non fosse lo Stato italiano, non poteva prescindere da un passaggio legislativo “rafforzato” – così come rigidamente prescritto dall’art. 138 della Costituzione – che derogasse appunto alla lettera e) dell’art. 117 Cost.
Passaggio che non è avvenuto mentre l’Euro è stato poi addirittura lanciato sui mercati con regolamento comunitario, il quale, lo ripeto per chi fa finta di non capire, è posto su di un gradino inferiore rispetto alla Costituzione e alle leggi costituzionali.
E se anche si volesse collegare la cessione della sovranità monetaria (atto di per sé illegittimo) alle tre distinte fasi previste dal Trattato di Maastricht, essendo i Trattati internazionali ratificati a seguito di autorizzazione adottata con legge ordinaria, questa – ponendosi al di sotto sia delle leggi costituzionali che della Costituzione – non è idonea a derogare a quanto previsto dalla lettera e) dell’art. 117 della Costituzione.
Se poi qualcuno volesse obiettare che nel 1992 (Maastricht) e nel 1997 (regolamento comunitario sopra citato), non vigesse l’attuale formulazione dell’art. 117 Cost., ricordo che all’epoca tutti gonfiarono il petto facendo ricorso improprio all’art. 11 della Costituzione, dimenticando tuttavia di dire che, come si evince molto chiaramente dai verbali dei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, le limitazioni di sovranità nazionale – in condizioni di reciprocità con gli altri Stati e nei confronti di organismi sovranazionali che garantissero la pace e la giustizia tra le Nazioni – si riferivano esclusivamente all’Onu e non ad altre tipologie di organismi sovranazionali a divenire (vedesi l’UE), né tanto meno alla rinuncia della sovranità monetaria, la quale, rientrando nel più vasto concetto di sovranità dello Stato, è da considerarsi certamente inderogabile.
Con buona pace degli stenografi di regime (perdonatemi, ma alcuni non ce la faccio proprio a chiamarli giornalisti).
Tutto ciò dimostrato, e considerato altresì che la moneta unica è entrata materialmente in circolazione il 1° gennaio 2002 (quindi dopo il referendum popolare confermativo sulla revisione costituzionale del 2001, che ebbe esito positivo), concludo con l’affermazione che l’Euro è palesemente incostituzionale!