“La Chiesa cattolica, seguendo l’esempio di Gesù, deve essere molto libera dai pregiudizi, dagli stereotipi e dalle discriminazioni subiti dalla donna. Le comunità cristiane devono realizzare una seria revisione di vita per una “conversione pastorale” capace di chiedere perdono per tutte le situazioni nelle quali sono state e tuttora sono complici di attentati alla sua dignità”. E’ a partire da questa considerazione che l’assemblea plenaria della Pontificia commissione per l’America latina “si pone seriamente la questione di un sinodo della Chiesa universale sul tema della donna nella vita e missione della Chiesa”.
“E’ possibile e urgente moltiplicare ed ampliare i luoghi e le opportunità di collaborazione femminile nelle strutture pastorali delle comunità parrocchiali, diocesane, a livello di conferenze episcopali e nella Curia romana”, si legge in un testo conclusivo dell’ultima riunione, pubblicata sull’Osservatore Romano. “Tale apertura non rappresenta una concessione alla pressione culturale e mediatica, ma il risultato della presa di coscienza che l’assenza delle donne dalle istanze decisionali è un difetto, una lacuna ecclesiologica, l’effetto negativo di una concezione clericale e maschilista. Se non si rimedierà a breve termine, molte donne disponibili a servire si sentiranno trascurate e disprezzate nelle loro capacità, e potrebbero eventualmente allontanarsi dalla Chiesa”.
“Abbiano le Chiese locali la libertà e il coraggio evangelici per denunciare tutte le forme di discriminazione e di oppressione, di violenza e di sfruttamento subite dalle donne in varie situazioni e per introdurre il tema della loro dignità, partecipazione e contributo nella lotta per la giustizia e la fraternità, dimensione essenziale dell’evangelizzazione”, afferma la pontificia commissione per l’America latina.
“Occorre superare i radicamenti e le resistenze maschiliste, la frequente assenza paterna e familiare, l’irresponsabilità del comportamento sessuale, si legge in un altro passaggio. “epoca del femminismo può essere un’ottima occasione “liberatrice” per l’uomo, il quale potrebbe condividere la volontà di generare esperienze che rivendichino il pieno rispetto della dignità della donna e, allo stesso tempo, una paternità responsabile, affettiva e impegnata nella crescita dei figli, accanto alla madre, nonché un reciproco appoggio in caso di lavoro extra-domestico per entrambi”.
E ancora, è necessario “un investimento nella formazione cristiana, teologica e professionale delle donne, laiche e religiose, affinché possano lavorare alla pari con i colleghi uomini, in clima di normalità ed equilibrio, e non soltanto perché sono donne e perché dobbiamo riflettere un’immagine aggiornata rispetto ai canoni culturali dell’epoca. I pastori incoraggino e sostengano gli studi biblici e teologici delle donne, per il potenziamento della costruzione delle comunità cristiane”.
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