A fronte di un totale stimato compreso tra 120 e 180 mila presenze, in Italia sono circa 26mila (lo 0,04% della popolazione) i cittadini di origine rom e sinta che vivono in emergenza abitativa (in baraccopoli “formali”, “informali” o in centri di raccolta monoetnici). Sono 148 le baraccopoli “formali”, distribuite in 87 comuni di 16 regioni da Nord a Sud, per un totale di circa 16.400 abitanti, mentre sono 9.600 le presenze stimate in insediamenti “informali”.
E’ quanto emerge dal Rapporto annuale 2017 di Associazione 21 luglio, presentato oggi al Senato, che come ogni anno – in vista della Giornata Internazionale dei Rom e Sinti celebrata l’8 aprile – fa il punto sullo stato dei diritti delle popolazioni rom e sinte in condizioni di emergenza abitativa e residenti all’interno di baraccopoli formali e informali italiane.
A fine 2017, spiega il dossier, in Italia risultavano ancora attivi 2 centri di accoglienza monoetnici riservati alle comunità rom per un totale di 130 residenti, uno a Napoli e uno a Guastalla (Reggio Emilia). Dei rom e sinti residenti nelle baraccopoli formali si stima che il 43% abbia la cittadinanza italiana; mentre sono 9.600 i rom originari dell’ex Jugoslavia di cui circa il 30% – 3.000 unità – è a rischio apolidia.
Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti, infine, vivono nell’86% dei casi cittadini di origine rumena. Rispetto al 2016 quest’anno si registra una leggera flessione di presenze di rom e sinti (erano 28 mila) dettata, spiega l’associazione, “non da una graduale risoluzione della questione ma piuttosto dalle drammatiche condizioni di vita all’interno di questi insediamenti che hanno spinto alcuni degli abitanti – prevalentemente comunitari – a spostarsi in altri Paesi o a tornare nelle città di origine”
.Per l’Associazione 21 luglio “a vivere sulla propria pelle le tragiche conseguenze della segregazione abitativa sono molti minori, il 55% secondo le stime, con gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica e sul loro percorso educativo e scolastico. A incidere sui livelli di scolarizzazione contribuiscono infatti in modo significativo sia le condizioni abitative, sia la forte catena di vulnerabilità perpetrata dalle operazioni di sgombero forzato attuate in assenza delle garanzie procedurali previste dai diversi Comitati delle Nazioni Unite”. L’associazione ha registrato nel 2017 in totale 230 operazioni di sgombero: 96 nel Nord Italia, 91 al Centro (di cui 33 nella città di Roma) e 43 nel Sud.
“L’antigitanismo rimane uno degli elementi che continua a caratterizzare la nostra società”, rileva ancora il rapporto: nel 2017 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato 182 episodi di discorsi d’odio nei confronti di rom e sinti (di cui 51, il 28,1%, classificati “di una certa gravità”), con un incremento del 4% rispetto al 2016, quando l’Osservatorio aveva rilevato 172 episodi.
Capitolo a parte la situazione di Roma. La Capitale detiene il primato del maggior numero di insediamenti, 17, di cui 6 formali e 11 cosiddetti “tollerati”. “A Roma – dice l’Associazione 21 luglio – nonostante le aspettative create a fine 2016 con la Memoria di Giunta e il ‘Progetto di Inclusione Rom’ presentato il 31 maggio dalla sindaca Raggi che aveva come obiettivo il graduale superamento dei ‘campi’ presenti all’interno della città – piano di cui l’Associazione aveva fin da subito evidenziato le fragilità – nel 2017 non è stato di fatto avviato alcun processo di inclusione. Caso esemplare quello dell’insediamento di Camping River, per il cui superamento la Giunta ha promosso una serie di azioni che si sono dimostrate fallimentari e non hanno fatto altro che ‘declassare’ l’insediamento da formale a informale”.
Per Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, “ancora una volta ci troviamo a dover constatare il fallimento delle politiche di inclusione rivolte a rom e sinti in emergenza abitativa: non ci sono progressi nell’implementazione della Strategia e le politiche non hanno prodotto alcun processo di inclusione. Sono necessari un chiaro orientamento strategico e un coordinamento a livello nazionale rispetto alle politiche di desegregazione abitativa”. ASKANEWS
Va bene tutta questa manfrina, diritti, diritti, diritti ed ancora diritti; ma i DOVERI dove stanno?
La capitale ospita rom fancazzisti capaci solo di deturpare ciò che dai loro e poi c’è da scommetterci che, vivendo di espedienti, evitando peraltro di lavorare, integrarli nel tessuto sociale non vuole dire integrazione visto che i simili si uniscono solo ai loro simili, il che significa che tutti gli italiani dediti a qualsiasi cosa ai rom simile, mireranno a trarne vantaggi e ulteriori conoscenze su cui collocare il malaffare nostrano con i rom, e come avviene da sempre e come le élite ben sanno, visto che il piano del Conte Kalergi si basa per l’appunto su questo, ogni volta che si accomunano intelligenti con diversamente intelligenti sono i primi a perderci, in quanto se vuoi difenderti devi scendere al loro livello e anche questa volta purtroppo, non sarà certo differente.
E per gli italiani senza casa chi ci pensa?
E’meglio che non commento!