Condanna confermata in appello per l’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi per l’alluvione del novembre 2011 in cui persero la vita sei donne tra cui due bambine. In primo grado era stata condannata a cinque anni. Il marito dell’ex sindaco, Bruno Marchese, subito dopo la lettura della sentenza ha avuto un malore: ha cominciato a tremare e si è accasciato in terra. La moglie non era in aula.
Secondo l’accusa, i politici e i tecnici genovesi non chiusero le scuole nonostante fosse stata diramata l’allerta 2 e, la mattina della alluvione, non chiusero con tempestività le strade. Dalle indagini era emerso che “gli uffici comunali di protezione civile avevano ricevuto notizie allarmanti già alle 11 mentre il rio Fereggiano esondò intorno all’una“. In quelle due ore c’era la possibilità di evitare la tragedia con alcuni accorgimenti che “non vennero messi in atto”, aveva scritto il pm. I vertici della macchina comunale “non solo non fecero quello che andava fatto” ma, secondo l’accusa, “falsificarono il verbale alterando l’orario dell’esondazione”. Quel documento secondo gli inquirenti venne alterato per sostenere la tesi secondo cui quel giorno sulla città si abbatté una bomba d’acqua di per sé imprevedibile.
All’indomani della tragedia venne aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio colposo plurimo contro ignoti. Grazie alle testimonianze dei cittadini, alle loro foto e video, gli investigatori hanno scoperto che la verità contenuta nei verbali presentati dagli uffici comunali era ben diversa da quanto veramente accaduto. Vennero così ipotizzate le accuse relative al verbale ‘taroccato’: il falso, appunto, e la calunnia perché gli imputati scrissero nel documento che il volontario di protezione civile risultava presente sul rio a monitorare l’andamento dell’acqua quando invece non arrivò mai sul posto. Nella tragedia del Fereggiano morirono Shpresa Djala, mamma di 29 anni e le figlie Gioia (8 anni) e Janissa di 10 mesi, Serena Costa (18), Angela Chiaramonte (40) ed Evelina Pietranera (50). ANSA