Ieri, come noto, la procura di Catania e il pm Carmelo Zuccaro hanno disposto il sequestro preventivo della nave di Proactiva Open Arms. L’accusa è quella di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.
di Claudio Cartaldo – – www.ilgiornale.it
L’Ong, infatti, avrebbe tratto in salvo i migranti nonostante si trovassero in acque libiche e nonostante le motovedette di Tripoli avessero assunto il controllo delle operazioni. A dimostrarlo, come svelato da Fausto Biloslavo sul Giornale, ci sono le email intercorse tra il Centro di coordinamento della Guardia Costiera italiana e i vertici della Marina libica (leggi qui). Ed è nel provvedimento di sequestro, come scrive il Corriere, che viene formalizzata l’accusa ipotizzata dalla procura catanese: l’Ong spagnola avrebbe fatto salire i migranti a bordo “nonostante la Guardia costiera locale avesse assunto il comando delle operazioni”.
Il 15 marzo a 70 miglia dalle coste della Libia avviene lo scontro diplomatico. L’Ong, che si stava dirigendo in aiuto dei profughi, ottiene un primo via libera al salvataggio da parte dell’Ircc di Roma. Poi però i libici informano la Guardia Costiera italiana di essere al comando delle operazioni e chiedono all’Ircc di dire “ad Open arms di rimanere fuori dalla vista” dei naufraghi, i quali altrimenti si gettano in mare – rischiando di morire – piuttosto di essere presi in custodia dai militari di Tripoli. A quel punto il centro di coordinamento di Roma intima alla Ong di tornare indietro. Ma rimane inascoltata. Come raccontato dalla motovedetta libica al Giornale, “i migranti sul barcone ci gettavano contro quello che avevano ed un gruppo si è tuffato in mare perchè volevano farsi recuperare dalla Ong per andare in Italia. Non è vero che li abbiamo messi noi in pericolo. Anzi, per evitare tragedie ho dato l’ordine di ritirarci“.
Con 218 migranti a bordo, nonostante le sollecitazioni dell’Imrcc italiano a consegnare i profughi a Tripoli e nonostante abbia firmato un codice che le impone di “non ostacolare la guardia costiera libica nelle acque territoriali o dove sono autorizzati a svolgere le proprie attività”, l’Ong continua a navigare. Lì il medico a bordo chiede di poter sbarcare un bimbo e sua madre. Ottiene il via libera e – si legge nel provvedimento – le autorità di La Valletta “chiedono al capitano quali siano le sue intenzioni, ma lui riferisce di voler proseguire la navigazione” per arrivare in Italia.
Già, perché alla fine – come spiegato nel libro-inchiesta “Arcipelago Ong” – il vero obiettivo delle Organizzazioni è sempre quello: portare tutti gli immigrati in Italia. Questa volta però Roma risponde picche e spiega come l’Open Arms debba far richiesta di sbarco alla Spagna, il proprio Stato. Solo dopo lunghe ore di trattative dal governo arriva il via libera allo sbarco a Pozzallo. Lo scopo è evidente: permettere alla Procura di sequestrare la nave. Secondo i pm “i responsabili della Ong hanno agito con l’unico scopo di approdare in Italia benché ciò non fosse imposto dalla situazione in quanto avrebbero dovuto attenersi alle disposizioni. E invece non hanno seguito le indicazioni di andare a Malta, porto più vicino, nonostante avrebbe costituito un approdo comodo e sicuro per le vite dei migranti”.
L’ipotesi, dunque, è che l’Ong spagnola guidata da Oscar Camps abbia violato il codice di condotta firmato lo scorso agosto su pressione del ministro Marco Minniti. Anche da Bruxelles arrivano segnali di critica al comportamento dell’Organizzazione non governativa. “L’Ong non ha rispettato gli ordini”, ha confermato una fonte Ue all’Agi. La Commissione Europea insomma, sarebbe propensa a credere alle accuse della procura siciliana.
Un lavoro inutile,tutti questi immigrati devono tornare a casa loro!!