No allo scippo francese del mare sardo, ricorso del deputato Mauro Pili

Spett.le
Ministère de la Transition Écologique Et Solidaire
della Repubblica Francese

Oggetto: consultazione pubblica documento strategico facciata Mediterraneo – opposizione

Il sottoscritto Mauro Pili in qualità di cittadino Sardo e di Deputato eletto nella circoscrizione elettorale Sardegna, cittadino europeo, interviene nella procedura di consultazione promossa dal Ministero delegato della Repubblica Francese al fine di esprimere la propria contrarietà alla proposta avanzata nel documento strategico, da attuarsi entro il 2020, e i cui termini scadono il 25 marzo 2018, relativamente alla definizione dei confini marittimi proposti e riferiti alla facciata del Mediterraneo, con particolare riferimento alle acque internazionali prossime alla Sardegna e alla Liguria.

Il Ministère de la Transition Écologique Et Solidaire della Repubblica Francese ha pubblicato un avviso di previo consultazione pubblica in applicazione dell’articolo R. 121-19 del codice dell’ambiente e in conformità con la decisione n. 2017/53 / DSF / 1 della commissione nazionale del dibattito pubblico sullo sviluppo del documento strategico della facciata marina del Mediterraneo

La procedura è stata avviata in seguito alla comunicazione della Signora Catherine CHABAUD, delegata per il mare e il litorale del 25 settembre 2017;

Negli atti allegati alla procedura si afferma che:

  • La preparazione di documenti strategici di front-end deve far parte di un preciso quadro legislativo e regolamentare:

attuazione operativa della Strategia nazionale per il mare e la linea costiera e attuazione di due direttive quadro europee sulla “Strategia per l’ambiente marino “e sulla” pianificazione delle aree marittime “;

  • lo sviluppo del DSF si basa su un processo di partecipazione delle parti interessate, in particolare nel contesto dei Consigli di facciata marittima;
  • è importante che il pubblico sia in grado di esprimere le proprie opinioni sulla visione futura proposta dagli attori istituzionali per ciascuna facciata entro il 2030 e di presentare proposte sugli obiettivi strategici;

Il Mar Mediterraneo è un mare intercontinentale di 2,5 milioni di km² composto da due bacini: uno occidentale tra lo stretto di Gibilterra e la Sicilia e un orientale dalla Sicilia al Canale di Suez. La facciata mediterranea comprende le rive delle tre regioni Occitania, Provenza-Alpi-Costa Azzurra e Corsica, con la Sardegna posta in posizione centrale e rilevante;

Con la procedura avviata la Francia rivendica, con le sue aree marittime e costiere, un notevole patrimonio naturale e un potenziale per uno sviluppo socio-economico significativo. Il mare e la costa sono già soggetti a molti usi, sono anche soggetti a molte pressioni dovute ai cambiamenti climatici, all’inquinamento del suolo o all’impatto delle attività umane. Al fine di garantire un buono stato ecologico e una migliore valutazione economica e sociale del mare e della costa, la strategia nazionale per il mare e la zona costiera è stata adottata nel febbraio 2017.

Nel piano strategico proposta si individua la seguente strategia:

stabilisce gli obiettivi a lungo termine: la transizione ecologica, lo sviluppo di un’economia blu sostenibile, il buono stato ecologico dell’ambiente marino e l’influenza internazionale della Francia come nazione marittima;

fornisce un quadro per l’azione attraverso quattro direzioni strategiche: costruire sulla conoscenza e l’innovazione;

sviluppare territori marittimi e costieri sostenibili e resilienti;
sostenere e valutare le iniziative e rimuovere i freni;

promuovere una visione francese nell’Unione europea e nei negoziati internazionali e portare questioni nazionali.

Per ciascuna delle facciate marittime in Francia, un documento di pianificazione – il documento strategico di front-end – deve specificare le condizioni per l’attuazione della strategia nazionale in base alle specificità locali.

Comprenderà la pianificazione spaziale sotto forma di una mappa vocazionale. I documenti strategici sulla facciata sono elaborati dallo Stato in consultazione con le parti interessate marittime e costiere riunite nel consiglio della facciata marittima e sono oggetto di una consultazione preventiva con il pubblico.

La consultazione pubblica definisce e sottopone a procedura aperta la visione futura della facciata marittima Mediterraneo. È preliminare alla definizione della strategia della facciata marittima. Si svolge per due mesi dal 26 gennaio 2018. Il progetto di strategia di fronte marittimo sarà iniziato a metà del 2018 ed è dovuto al pubblico, prima di essere approvato all’inizio del 2019.

Il documento sottoposto a consultazione pubblica afferma:

“Il documento di facciata strategico è un affare a medio termine. Tre obiettivi guidano la visione del documento di facciata strategico:

• il raggiungimento e il mantenimento dello stato ecologico dell’ambiente marino e la conservazione di a letterale attraente;

• un’economia blu sostenibile e produttiva;

• una transizione per il mare.

  1. Raggiungere e mantenere lo stato ecologico e preservare un litorale attraente: La tutela dell’ambiente è necessaria per lo stesso ambiente di vita, la necessità di proprietà e servizi e potenzialità per il futuro.
  2. Lo stato ecologico dell’ambiente marino, attraverso misure che coinvolgono tutte le parti interessate nel facciata, avrebbe dovuto essere raggiunto nel 2030, garantendo così una bio-diversità preservata, uno stato di ecosistemi marini che consentano loro di fornire tutti i servizi di cui hanno bisogno ecosistemi e gestione sostenibile delle risorse marine.
  3. Strumenti di sorveglianza l’ambiente deve essere pienamente convalidato e pratico, soprattutto per consentire una conoscenza approfondita degli effetti dei cambiamenti climatici sulla diversità delle diversità biologiche ambienti di produzione. Servizi statali, comunità territoriali e professionisti, Scienziati ambientali e scienziati ambientali agiscono in questa direzione.

Al fine di intervenire nella procedura di consultazione pubblica che deve necessariamente tener conto delle risultanze relative all’intero contesto territoriale, politico ed economico si espone quanto segue:

1) Il Piano strategico sottoposto a consultazione pubblica dalla Repubblica Francese dispone di carte marittime che evidenziano l’individuazione di spazi acquei che sono di stretta pertinenza internazionale e che per nessun motivo possono essere annessi a procedure di evidenza pubblica e strategica di una singola nazione;

2) Nel piano strategico che si afferma debba essere avviato nel prossimo 2018 vengono presi in considerazioni confini marittimi modificati rispetto alle acque internazionali da sempre oggetto di attività economiche di pesca di pertinenza italiana e sarda, seppur nel rispetto del contesto internazionale dei confini;

3) Il piano proposto sembra dare per acquisito un accordo bilaterale Italia – Francia sottoscritto a Caen nel 2015 che avrebbe ridefinito il contesto internazionale dei confini marittimi. Si tratta di un accordo mai ratificato dal parlamento italiano e come tale privo di qualsiasi efficacia giuridica, economica e politica;

4) La modifica dei confini marittimi proposto nel Piano strategico tenta di dare per acquisito il presupposto quando, invece, tale ridefinizione dei confini e il conseguente utilizzo di una nazione a scapito di un’altra è destituito di ogni possibile presupposto giuridico;

5) Risulta velleitario e improponibile un percorso amministrativo e giuridico di consultazione sul falso presupposto di confini internazionali alterati nella proposizione cartografica e sostanziale;

6) Niente può riguardare la modifica di confini marittimi con tale dettaglio soprattutto se configura una giustificazione “climatica” per sottrarre, invece, importanti porzioni di mare altamente pescose;

7) Tale annessione giuridicamente infondata provocherebbe gravissime ripercussioni nelle attività economiche e sociali delle aree oggetto di tale ridelimitazione dei confini marittimi, foss’anche solo per interessi economici;

In tale senso il sottoscritto esponente oltre a trasmettere alle SS.LL. tale esposto opposizione alla procedura in oggetto trasmetterà tale atto alle competenti autorità europee affinché vengano effettuati gli opportuni accertamenti, nonché venga valutata la sussistenza di eventuali profili di varia rilevanza su specifici fatti dedotti con particolare riferimento documentato nocumento arrecato all’integrità internazionale dei confini marittimi, allo Stato Italiano e conseguentemente alla Sardegna.

Tale opposizione si fonda sulla totale infondatezza del presupposto di modifica dei confini marittimi internazionali che qui di seguito si espone:


FATTO
il 21 marzo del 2015, nella cittadina francese di Caen, il ministro degli Esteri della Repubblica Italiana Gentiloni e quello della Repubblica francese Fabius sottoscrivevano quello che di seguito sarà richiamato come “Accordo Confini 2015”;
nell’accordo si definivano nuovi confini marittimi con modifica rilevante e sostanziale della sovranità negli specchi acquei definiti con coordinate marittime riportate nel testo sottoscritto dai due delegati;

da tale nuova conformazione dei confini marittimi si rileva una cessione rilevante di sovranità sulle acque internazionali da parte dell’Italia verso la Francia senza che nessun elemento di vantaggio o di contropartita sia indicata nel testo sottoscritto;

emerge dalla nuova configurazione che sul versante est, a nord della Sardegna, il confine marittimo territoriale della Francia (Corsica) passa dalle normate 12 miglia alle quasi 40 miglia, occupando gran parte delle acque internazionali da sempre oggetto di attività di pesca da parte delle marinerie sarde, residenti nei comuni rivieraschi direttamente connessi con quegli spazi acquei;

sul versante Nord Ovest della Sardegna si configura, invece, un’estensione delle acque territoriali francesi dalle 12 miglia alle oltre 200 miglia, rendendo impraticabile l’intero specchio acqueo a nord ovest della Sardegna;

nello stesso “accordo confini 2015” si fa menzione alla possibile concordata gestione di eventuali giacimenti di idrocarburi ricadenti a cavallo del confine, senza definire alcun che sulle modalità d’intesa;

nell’“accordo confini 2015” non viene in alcun modo indicata alcuna contropartita per la cessione di tali rilevanti porzioni di mare alla sovranità di uno stato straniero e non si tiene in nessun conto della presenza sulla linea di confine di una zona delimitata con decreto del ministro dello sviluppo economico denominata “zona E” per la ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi;

sullo stesso versante degli idrocarburi appare evidente che l’“accordo confini 2015” costituisca un evidente cessione di vantaggi economici alla Francia e un chiaro nocumento allo Stato italiano considerato che l’ubicazione di tale zona E è avvenuta con la piena consapevolezza della presenza nel sottosuolo marino di idrocarburi, e in tal senso il ministero dello sviluppo economico ha deciso l’ubicazione di tale vasta area di ricerca petrolifera e di gas;

si tratterebbe di una cessione senza alcuna condizione alla Francia che confermerebbe il nocumento per lo Stato Italiano considerato che si prevede la facoltà di sfruttamento di tale eventuale giacimento anche dall’altro fronte del confine;
tale “accordo confini 2015” è stato ratificato dallo Stato francese;

l’Italia non ha nemmeno avviato l’iter per la ratifica parlamentare prevista costituzionalmente;

tale accordo non risulta, dunque, in vigore;

nel mese di febbraio le autorità francesi hanno arbitrariamente fermato il motopeschereccio Cecilia, con il comandante Piero Langiu, della marineria di Golfo Aranci intimandogli di non oltrepassare un fantomatico nuovo confine marittimo che a detta della guardia costiera francese sarebbe stato deciso da un accordo internazionale tra Italia e Francia il 21 marzo del 2015;

tale divieto è apparso da subito una violazione non solo del diritto internazionale ma anche di quello marittimo considerato che tale divieto veniva imposto in acque notoriamente e pacificamente riconosciute internazionali;

alla luce di questo fatto gravissimo, senza che le autorità italiane abbiano niente comunicato alle imbarcazioni operanti storicamente nell’area, è stata accertata l’esistenza dell’accordo sottoscritto dal Ministro degli esteri Gentiloni con il suo omologo francese Fabius il 21 marzo 2015 nella regione della Normandia a Caen;

con l’accordo vengono di fatto modificati i confini delle acque internazionali sino a registrare a Nord della Sardegna un’estensione delle acque territoriali francesi da 12 miglia ad oltre 38 miglia;

si tratta di un fatto di una gravità inaudita perché compiuto segretamente, senza coinvolgere in alcun modo, né le regioni interessate, a partire dalla Sardegna e la Liguria, e tantomeno le categorie produttive direttamente coinvolte nell’attività di pesca tradizionale in quegli specchi acquei;

il limite territoriale delle 12 miglia marine è adottato dalla maggior parte degli Stati mondiali e coincide nella stessa misura anche per lo spazio aereo sovrastante, per il fondo e il sottofondo marino – a meno di un limite inferiore imposto per problemi geografici di delimitazione riferito alle brevi distanze tra Stati, come nel caso delle Bocche di Bonifacio;

il diritto internazionale di Geopolitica degli Spazi Marittimi, sancito nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare (Montego Bay – 10 dic. 1982), definisce i limiti territoriali degli Stati nella misura delle 12 miglia marine, a partire dalla linea batimetrica di 1,50 mt dalla costa;

l’Italia ha esteso a 12 miglia il proprio mare territoriale con la Legge 14 agosto 1974 n ° 359, ampliando il precedente limite di 6 miglia previsto dall’art. 2 del Codice della Navigazione del 1942. Il nostro Paese ha stipulato accordi di delimitazione con la Francia, per la fissazione delle frontiere marittime nell’area delle Bocche di Bonifacio, e con la Jugoslavia (cui sono succedute Croazia e Slovenia), per la delimitazione del golfo di Trieste;

il D.P.R. 26 Aprile 1977, n° 816, ha stabilito un «sistema di linee di base» articolato in 38 segmenti complessivi, che ha portato ad una notevole semplificazione del margine esterno del mare territoriale, passato ad uno sviluppo lineare inferiore a 5000 km, rispetto ad uno sviluppo costiero effettivo di7418 km;
la delimitazione delle acque territoriali tra l’Italia ed i Paesi confinanti, inoltre, è stata attuata con la Convenzione di Parigi del 28 novembre 1986, tra Italia e Francia, relativa alla delimitazione delle frontiere marittime nell’area delle Bocche di Bonifacio – (l’Accordo definisce i limiti delle acque territoriali posti tra la Sardegna e la Corsica mediante una linea composta di 6 segmenti);

l’accordo siglato dall’Italia riconosce di fatto a totale vantaggio della Francia il cosiddetto diritto alla zona economica esclusiva, (esercitabile esclusivamente al di fuori delle acque territoriali del paese che ne fa richiesta);

la zona economica esclusiva è un’area esterna al mare territoriale, immediatamente dopo la zona contigua, che non può invadere i limiti territoriali di un altro Stato e che si estende fino a 200 miglia marine – (e cioè: a partire sempre dalla linea di base dalla quale è misurata l’ampiezza delle acque territoriali di 12 mgl, con una estensione massima di 188 miglia marine);

all’interno delle zone economiche esclusive lo stato costiero esercita giurisdizione funzionale in specifiche materie. Secondo l’articolo 58 para 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare, tutti gli altri Stati, sia costieri che privi di litorale, godono della libertà di navigazione (marittima), di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini e di altri usi del mare leciti in ambito internazionale;

i maggiori poteri, spettano in questo caso allo stato costiero titolare della zona economica esclusiva che ha la titolarità dei diritti sovrani sulla massa d’acqua sovrastante, il fondo marino ai fini dell’esplorazione e dello sfruttamento, la conservazione e la gestione delle risorse naturali, viventi e non viventi – (e dunque soprattutto la pesca), compresa la produzione di energia delle acque e delle correnti;

la giurisdizione in materia di installazione e uso di isole artificiali o strutture fisse, ricerca scientifica in mare e protezione come è la conservazione dell’ambiente marino;

secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale del Ministero degli esteri pubblicato nel sito ufficiale del ministero il governo italiano ha ceduto il mare al nord della Sardegna, sino a 40 miglia sul lato est e oltre 200 miglia su quello ovest, e una porzione rilevante sul piano qualitativo della Liguria, in cambio della tutela della linea retta di confine sull’arcipelago toscano;

nel documento ufficiale del ministero degli esteri si legge: “Nel corso dei negoziati che hanno portato alla firma dell’Accordo, la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l’arcipelago toscano, già fissata dall’Italia per la delimitazione del mare territoriale nel 1977”;

si tratta di un’ammissione gravissima che confermerebbe un nocumento rilevante ai danni dello Stato italiano e che costituisce un atto che lede le attività economiche sarde con particolare riferimento alla pesca;

nel documento ufficiale del Ministero degli esteri è anche scritto che “ per il mare territoriale tra Corsica e Sardegna, è stato completamente salvaguardato l’accordo del 1986, inclusa la zona di pesca congiunta”;

si tratta di un’affermazione del tutto falsa;

nell’accordo di Caen è scritto in modo esplicito che tale accordo, quello richiamato del 1986, sarà abrogato integralmente;

non esistendo nessuna possibile comparazione tra quanto ceduto e quanto ricevuto in quello che il ministero degli esteri definisce negoziato appare evidente che il danno è tale da far derivare un gravissimo nocumento all’interesse nazionale;

nell’ambito dell’“accordo confini 2015” era disciplinata anche la parte relativa ai possibili giacimenti di idrocarburi, gas e petrolio, in quelle porzioni di mare cedute alla Francia;

è evidente che tale disciplina non è casuale essendoci sull’area ovest soprattutto un grande interesse da parte di soggetti interessati alla ricerca di idrocarburi;

ci sarebbero studi nella disponibilità dello stesso ministero dello sviluppo economico per 1,4 trilioni di metri cubi di gas e 0,42 bilioni di barili di petrolio;

lo studio dichiarato dalla stessa TGS Nopec dichiara la possibile presenza un 1,4 “TRILIONI” (TRILIONI) di metri cubi di gas, mezzo Bilione ( BILIONE) di barili di petrolio, 2,23 milioni di barili di gas naturale in forma liquida;

la mancata definizione di una chiara e definita norma di gestione di tali possibili giacimenti consente una discrezionalità tale da aggravare il possibile nocumento all’interesse nazionale;

un dato di raffronto lascia comprendere l’interesse su quell’area: la terra possiede giacimenti accertati di gas pari a 179 trilioni di metri cubi;

un report riservato in mano al ministero dello Sviluppo economico dice chiaramente che in quella fascia “provenzale” c’è petrolio e gas;

l’accordo Confini 2015, riproposto integralmente in questa procedura di consultazione pubblica dal Ministero della Repubblica Francesce, potrebbe, dunque, causare un gravissimo nocumento allo Stato italiano sia sul piano della cessione di sovranità in acque internazionali, che su quello economico legato sia all’attività economica di pesca che della presenza di idrocarburi;

Il sottoscritto esponente ha impugnato anche attraverso organi giudiziari italiani tale presupposto infondato dell’accordo di Caen 2015 con le seguenti argomentazioni relativamente alla trattazione di affari di stato e possibili reati anche di naturale penale conseguenti relativamente a colui o coloro che hanno agito in nome e per conto dello Stato Italiano:

al fine di valutare il tipo di reato nella fattispecie del richiamo normativo e l’esigenza di individuare il soggetto attivo del presunto illecito, indicato con il termine generico «chiunque», stante le qualificazioni che lo accompagnano: si deve trattare, infatti, di persona «incaricata di trattare all’estero affari di Stato».

Essendo richiamato esplicitamente negli atti ufficiali disponibili che si allegano solo il Ministro delegato e sottoscrittore dell’accordo in oggetto non si può escludere che altri soggetti attivi, funzionari dello Stato e/o agenti diplomatici abbiano svolto un ruolo diretto nella trattazione e definizione dell’accordo richiamato.

Nella fattispecie tra l’incarico di trattare all’estero affari di Stato e il rendersi infedele al mandato, deve ritenersi che il termine mandato non intervenga nel suo rigoroso significato tecnico-giuridico di contratto civilistico, ma in quello generico di incarico, come appunto quello riservato a chi ha definito e sottoscritto in nome e per conto dello Stato Italiano tale accordo con lo Stato francese.

il mandato è di fatto conferito attraverso un rapporto di natura pubblicistica, in relazione alla natura dell’affare ed al soggetto chiamato a trattarlo come in questo caso il Ministro degli esteri delegato;

A prescindere dal modo con cui l’incarico è stato conferito e dal soggetto cui viene affidato, con l’atto di incarico è stata conferita al soggetto la qualità di titolare di un ufficio, che consente all’incaricato l’esercizio di un potere che gli viene delegato direttamente dallo Stato.

Per quanto riguarda la natura degli affari da trattare all’estero, vi è piena concordanza in dottrina che l’oggetto dell’affare è del tutto irrilevante e, in particolare, che non deve necessariamente trattarsi di un’attività di natura politica.

Dunque, qualunque attività, a prescindere dalla sua originaria qualificazione, diviene affare di Stato una volta che il Governo italiano conferisca ad un suo incaricato il mandato di trattare all’estero l’attività stessa:

rientrano pertanto nell’àmbito dell’art. 264 c.p. anche affari industriali, come quelli relativi alla definizione di aree specifiche di prospezione ed estrazione di idrocarburi, commerciali, turistici, culturali, relativi a rapporti di lavoro, ecc.

L’infedeltà è, dunque, un concetto normativo, nel senso che non si tratta di un elemento descrittivo generico o indefinito, ma di un concetto relativo a dati rilevabili e riscontrabili oggettivamente.

Appare indispensabile verificare se via il presupposto del possibile nocumento all’interesse nazionale, che risulterebbe condizione obiettiva di punibilità.

In questa fattispecie l’infedeltà che si chiede di accertare non può essere intesa come volontà di tradire, implicante la rappresentazione delle conseguenze nocive del proprio operato, ma come discrepanza, rilevabile sul solo terreno obiettivo, tra l’incarico ricevuto e quello realizzato.

E’ fin troppo evidente che si potrà parlare di condotta «infedele» se si rappresenta non solo l’attività di “chiunque” delegato come discordante rispetto alle istruzioni ricevute, ma anche e soprattutto per il potenziale nocumento che la condotta ha effettivamente arrecato all’interesse nazionale.

Il potenziale nocumento all’interesse nazionale, nell’art. 264 c.p., appare evidente come condizione obiettiva di punibilità.
In questa fattispecie occorre accertare che qualunque comportamento, sia questo positivo od omissivo, costituisca o meno violazione delle istruzioni ricevute, cioè del contenuto dell’incarico, ovvero non abbia alcuna diretta attinenza con i limiti posti dal mandato, può integrare gli estremi della condotta infedele, sempreché l’agente se ne rappresenti la potenziale carica lesiva degli interessi nazionali e la contraddittorietà con le finalità perseguite dal Governo italiano con il conferimento dell’incarico.

A tal proposito appare dirimente l’evidenza che la stessa norma affida al riconoscimento del nocumento all’interesse nazionale quale momento consumativo ed oggettività giuridica.

Occorre valutare se il nocumento all’interesse nazionale dal caso in oggetto di tale esposto – denuncia si trova in rapporto di causalità con la stessa nozione di infedeltà al mandato, nel senso che il soggetto che «si rende dolosamente infedele, vuole implicitamente cagionare un nocumento agli interessi nazionali».

La costruzione del possibile nocumento come condizione obiettiva di punibilità e il ruolo che è stato attribuito a tale elemento nella struttura della fattispecie criminosa costringe su binari obbligati il problema della configurabilità del tentativo.

Il delitto in esame configura un reato proprio, sorretto dal particolare dolo dell’agente che viola un dovere di fedeltà assunto verso lo Stato con l’accettazione dell’incarico: ne consegue che in tanto potrà realizzarsi un’ipotesi di concorso in cui figurino terzi non mandatari , in quanto il soggetto proprio abbia agito con il dolo di infedeltà.

Va valutato se i fatti richiamati configurano un’ipotesi di concorso necessario, in cui la plurisoggettività è rappresentata dalla partecipazione della o delle controparti che hanno trattato l’affare con il mandatario.


Per quanto sopra esposto e motivato il sottoscritto Mauro Pili, chiede che il Ministero delegato della Repubblica Francese provveda con somma urgenza:

1) allo stralcio della facciata del Mediterraneo relativamente alle acque internazionali annesse al piano strategico 2030 con particolare riferimento alle acque a nord est e nord ovest della Sardegna;

2) all’immediata revoca di ogni procedura di unilaterale applicazione dell’accordo di Caen 2015 per la sua totale inapplicabilità in seguito alla mancata ratifica italiana;

3) a comunicare senza ulteriori indugi alle autorità internazionali competenti eventuali atti del governo italiano di avallo a tale procedura di evidenza pubblica relativamente alla modifica dei confini delle acque internazionali o la cessione del loro utilizzo a fini economici;

Con osservanza.

        Mauro Pili

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