di Aldo Grandi – – www.lagazzettadilucca.it
Ci sono momenti, nella vita di ognuno di noi, in cui la disperazione sembra prendere il sopravvento e l’amarezza regnare unica nei nostri cuori. Fasi dell’esistenza nelle quali l’amarezza, la malinconia, la rabbia finiscono per albergare, alternativamente, nell’animo di chi, combattente dell’ultima frontiera, sente di aver patito una ingiustizia e, con lui, tutti coloro che appartengono alla medesima, come direbbe André Malraux, condition humaine. Noi, la Gazzetta di Lucca, è finita nel mirino dei potenti, dal senatore Andrea Marcucci al capo del Governo dell’epoca Matteo Renzi, dal presidente della Regione Enrico Rossi all’ex presidente della Camera dei deputati nonché ex parlamentare Laura Boldrini. Siamo indagati per il reato di diffamazione a mezzo stampa a seguito di tre denunce presentate dalla Boldrini e depositate alla procura della Repubblica di Lucca. Non solo. In sede civile, sempre la candidata di Liberi ed Eguali ha chiesto la non simbolica cifra di 250 mila euro per i presunti danni patiti a seguito di un articolo.
Adesso, alla luce di ciò che è accaduto, a seguito del terremoto politico che ha spazzato via, letteralmente, la Sinistra, forse la signora Boldrini farebbe bene a cercare di individuare le ragioni per le quali nel suo collegio, a Milano, è giunta solamente quarta con un misero 4,6 per cento e questo nonostante, negli ultimi tempi e negli ultimi anni, non abbia mai perso un’occasione per salire alla ribalta politica sposando sfacciatamente una partigianeria inconcepibile per una carica dello stato che dovrebbe essere assolutamente super partes.
Laura Boldrini è stata demolita da Laura Boldrini e il danno che ha apportato alla causa della Sinistra è stato letale. Le sue campagne contro il fascismo rinascente – ma dove?, ma quando? – per la trasformazione del linguaggio e la ‘femminilizzazione’ dei vocaboli al maschile, le battaglie a favore di un femminismo troppo spesso urlato e altrettanto taciuto in particolari occasioni, l’istituzione di una sorta di ‘polizia segreta’ e ad hoc destinata ad occuparsi, a spese dello stato, di ciò che veniva scritto sui social nei suoi confronti, hanno contribuito a renderla, senza ombra di dubbio, la donna più bersagliata e criticata dagli italiani.
Adesso, l’ex presidente della Camera ha concluso il suo percorso politico e, a quanto pare, non ci sono, per strada, persone disperate pronte a strapparsi i capelli per questa mancanza. Anzi. Eppure, tutta quella cattiveria, quell’acrimonia, quell’astio, quel disprezzo, quel livore, quel rancore che intravedevamo in certi suoi atteggiamenti e nelle sue parole avverso chi non la pensava come lei e, non da ultimo, nei confronti degli italiani in genere, ci piacerebbe sapere se avevano un senso, storico, politico, reale o se, al contrario, non fossero e non siano stati il parto abortito di chi ha voluto credere e proporre i fantasmi di un Ventennio perduto o i miraggi di una Nuova Era senza alcuna Identità.
Ci batteremo nelle aule del tribunale per difendere il diritto di critica così come abbiamo fatto in numerose altre circostanze e non saranno i 250 mila euro a spaventarci. Lotteremo verbalmente nell’arena virtuale in cerca di quella libertà di espressione che proprio la ex presidente del Transatlantico avrebbe voluto, a suo piacimento, cancellare.
Per il resto, quale miglior modo per salutarla, cara dottoressa Boldrini, se non usando le stesse parole di quella canzone, meravigliosa e struggente negli anni della Resistenza, fuori luogo e fuori dal tempo oggigiorno, che lei più volte avrà intonato: Bella ciao!