M5S è il cavallo di Troia per portare il Paese alla bancarotta?

di Federico Dezzani  — federicodezzani.altervista.org

Si avvicinano le elezioni del 4 marzo e l’esito è quantomai incerto: la legge elettorale, un misto di maggioritario e proporzionale, garantisce infatti poca governabilità. Tutto spinge per la creazione di una “Grande Coalizione”: già, ma quale? Contrariamente all’opinione prevalente, l’obiettivo non è un patto “al centro”, un’unione cioè tra forze moderate, bensì la nascita di una coalizione basata sul Movimento 5 Stelle e la sinistra, depurata da Matteo Renzi. Le drammatiche esperienza di Roma e Torino non preoccupano, perché devono essere ripetute a scala nazionale: l’establishment liberal lavora ormai apertamente per il default dell’Italia ed il “sacco di Roma”.

Il default dell’Italia è possibile e M5S è lo strumento

Il biennio 2018-2019, come abbiamo sottolineato nella nostra prima analisi dell’anno, sarà certamente decisivo per gli equilibri internazionali. L’ordine euro-atlantico uscito dall’ultima guerra si sta sgretolando e né la UE né la NATO conserveranno l’assetto attuale. Ciò non toglie, però, che l’establishment euro-atlantico abbia un “piano” in serbo per ognuno: è da illusi immaginare un “libero tutti” che apra le porte ad una nuova età dell’oro. Anzi, al contrario: più il potere atlantico si indebolisce e più aumenta la volontà di fare terra bruciata, per impedire che i vecchi sudditi, una volta liberati, convergano verso la Russia e la Cina.

L’Italia, il cui valore geopolitico è enorme, non fa eccezione: se non la si controlla, è meglio distruggerla, magari spartendosi le spoglie con i vicini (Francia e Germania). Purtroppo il concetto di “anarchia internazionale” (la reciproca ostilità tra potenze) fatica ad inculcarsi nella mente degli italiani, educati da sempre ad un complesso di inferiorità nei confronti delle potenze straniere e perciò tradizionalmente “esterofili”.

Il processo di annichilimento dell’Italia, avviato nei primi anni ‘90 con Tangentopoli e la destabilizzazione della Somalia, ha accelerato a partire dal 2011: austerità, cessione delle imprese strategiche (Telecom, Edison, Unicredit, alimentare e lusso), guerra in Libia e conseguenti flussi migratori incontrollati. Arrivati nel 2018, sta per iniziare l’ultima fase del processo di “distruzione controllata” dell’Italia e le imminenti elezioni del 4 marzo, decretando chi dovrà gestire il pericolosissimo aumento generalizzato dei tassi ed il conseguente crollo delle piazze finanziarie, giocano un ruolo cruciale.

Partiamo dalla legge elettorale.

Il denigrato “Rosatellum”, un misto di maggioritario e proporzionale, garantisce poca governabilità: pochi ricordano, però, come sia il frutto di un travagliato e difficile iter parlamentare, ostacolato dall’ex-presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dal Movimento 5 Stelle. Sia a “re Giorgio”, artefice del disastroso intervento in Libia e dell’altrettanto nefasto governo Monti, sia al Movimento 5 Stelle, da noi definito “la stampella del potere” a causa della sua origine massonica-atlantica, non sarebbe affatto dispiaciuto votare col “Consultellum”: una legge elettorale per la Camera, una per il Senato. Ossia la massima ingovernabilità.

Perché l’ingovernabilità è un valore? Perché obbliga le istituzioni ad adottare, una volta chiuse le urne, soluzioni “impensabili”. Come ha scritto di recente Beppe Grillo sul suo blog, obbliga al “Sto impazzendo, sto impazzendo, fate veloce a fare un governo perché io sto impazzendo1”. Costringe, cioè, a sdoganare definitivamente il Movimento 5 Stelle, usandolo come perno attorno cui costruire un governo.

L’opinione che i “poteri forti” premano per una grande coalizione “di centro”, basata su un patto tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, è errata: entrambi sono indigesti a chi conta davvero. Sono cioè indigesti non alla commissione europea (che vale come il due di briscola), ma ai circoli finanziari rappresentati dal settimanale The Economist che, per inciso, sono gli stessi che hanno partorito la Casaleggio srl ed il Movimento 5 Stelle. La strategia dell’alta finanza non contempla quindi una grande coalizione tra “partiti moderati”, ma una grande coalizione incentrata sui grillini, la cui forza, si noti, nasce da quelle stesse politiche di austerità imposte dall’alta finanza.

Prima si indebolisce l’Italia con le ricette del governo Monti; poi si aumenta il veleno con i governi Letta-Renzi-Gentiloni; parallelamente si prepara il virus che dovrà uccidere il paziente debilitato: è il Movimento 5 Stelle, gonfiato a dismisura dalle politiche dei precedenti esecutivi “europeisti”. La strategia appena descritta non è affatto nuova ed è già sperimentata, ad esempio, nella Germania degli anni ‘30.

Il suddetto processo è perfettamente rappresentato dalla linea editoriale del “Corriere delle Sera”, storico giornale della borghesia anglofila e “badogliana”. Si parte nel 2011 con l’incondizionato sostegno a Mario Monti, firma dello stesso Corriere; si sostiene la linea di austerità/privatizzazioni/europeismo portata avanti dal governo di centro-sinistra; si vira, quando il PD è stato ormai logoro, verso il Movimento 5 Stelle, preparando così il terreno ad un governo grillino con la benedizione del primo quotidiano d’Italia.

Da sempre attivo nella lotta contro le nostre istituzioni (si ricordi che il feticcio della “casta” nasce a Piazza Solferino con il libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo), il Corriere si sposta esplicitamente verso M5S con l’arrivo di Luciano Fontana alla direzione del giornale (maggio 2015) e trova in Ernesto Galli della Loggia il principale artefice dello “sdoganamento” del M5S: il movimento non è eversivo, è democratico ed incarna la volontà di “palingenesi” del Paese. Analogo percorso compie la rete La7, sempre di proprietà di Umberto Cairo (nonostante un po’ grillina lo sia sempre stata, essendo nata come tv della Telecom che ha giocato un ruolo chiave nella nascita di M5S). È talmente sfrontato il sostegno del gruppo Cairo, RCS e La7, ai grillini, che lo stesso patron è stato costretto a difendersi:Non sono certo le nostre testate che hanno creato il successo dei Cinque Stelle”2.

Perché il giornale della borghesia “anglofila” si prodiga per sdoganare i 5 stelle, nonostante il clamoroso fallimento della giunta Raggi a Roma e di quella Appendino a Torino (che deve le sua nascita al decisivo avvallo degli Agnelli-Elkann)? Perché, spostando la domanda ad un livello superiore, l’establishment liberal lavora per portare i grillini al potere, nonostante la loro manifesta incapacità di governare?

La risposta si ricollega con quanto dicevamo in apertura: l’oligarchia atlantica ed i loro tirapiedi mirano alla destabilizzazione e all’annichilimento dell’Italia e intendono portarlo a compimento servendosi di M5S. Un ipotetico governo Di Maio non sarebbe nient’altro che la continuazione del processo iniziato con governo Monti, anzi, ne sarebbe l’epilogo. Prima i poteri “liberal” (gruppo Bilderberg e Trilaterale) indeboliscono il Paese con l’austerità di Monti, poi aumentano la dose di veleno con i governi di centrosinistra e, quando il paziente è sufficientemente indebolito, inseriscono il virus: il Movimento 5 Stelle, con il suo mix letale di incapacità e cupio dissolvi.

Supponiamo che l’esperimento “Raggi” sia ripetuto a scala nazionale, per di più in un contesto macroeconomico sempre più ostile (aumento tassi e recessione economica), qual sarebbe il destino dell’Italia? Come una nave senza comandante in mezzo alla tempesta (dopo anni, peraltro, di incuria e malgoverno), l’Italia sarebbe travolta dai marosi della crisi: caos, saccheggio e default. La lunga stagione di “destrutturazione” del Paese, iniziata nel 1992-1993, culminerebbe così in un epico schianto, grazie al M5S (dopotutto, non fu grazie ad Antonio Di Pietro, l’uomo simbolo di Mani Pulite, se Gianroberto Casaleggio si affacciò alla politica?).

Come si arriverebbe, concretamente, ad un governo M5S? Attraverso il “contratto” proposto da Luigi Di Maio. Pochi giorni fa, Di Maio ha smentito un’alleanza con la sinistra ma, per scongiurare scenari di “caos”, ha parallelamente aperto ad un programma di legislatura con chi è disponibile, da mettere nero su bianco in un contratto3. È chi potrebbe essere disponibile a quest’avventura, se non proprio la sinistra? Liberi e Uguali (5%) ed un PD depurato dall’ormai esausto Matteo Renzi (20-25%) fornirebbero un numero di parlamentari sufficienti, sommandoli a M5S (25-30%), da formare una maggioranza.

Così, le disastrose amministrazioni Raggi ed Appendino verrebbero replicate nei dicasteri romani, con il preciso intento di portare l’Italia alla bancarotta e spalancare le porte alla speculazione più selvaggia. Qualcuno potrebbe obiettare: ma non è interesse dell’establishment atlantico preservare la calma sui mercati, spingendo verso un governo “moderato”? Non è l’Italia troppo grande per essere fatta fallire?

Dieci anni di liquidità a costo zero hanno creato un’enorme bolla azionaria e obbligazionaria che, alzati i tassi di interesse, cerca soltanto un pretesto per scoppiare: l’Italia del 2018 potrebbe essere la Lehman Brothers del 2008. Inoltre, l’oligarchia finanziaria atlantica ha spinto al default negli ultimi 20 anni la Russia, i Paesi del sud-est asiatico (1997-1998) e l’Argentina (2001). Non si capisce per qual motivo dovrebbe risparmiare l’Italia che, come ricordano sinistramente molti commentatori, vale ormai soltanto “il 2-3% del PIL mondiale”.

M5S è il cavallo di Troia per portare il Paese alla bancarotta; le nostre istituzioni massoniche e la borghesia “badogliana”, da sempre alleate col nemico, sono suoi complici.