Fabio Amendolara per “La Verità”
Si lagnava con gli amici di non poter vivere con la compagna e con la bimba di pochi mesi. Era risentito perché gli avevano tolto la potestà genitoriale e inveiva contro lo Stato italiano che, a suo dire, lo trattava male. Poi però passava la giornata a maneggiare droga e scontrini delle scommesse.
Quello che incassava dai tossici nei parcheggi accanto allo Stadio dei pini lo spendeva all’Eurobet di via Spalato, a due passi dalla casa degli orrori dove ha trovato la morte Pamela Mastropietro, la ragazza che si è allontanata dalla comunità per tossicodipendenti Pars di Macerata ed è stata uccisa e fatta a pezzi, secondo l’accusa, da tre nigeriani: Innocent Oseghale, Lucky Awelima e Desmond Lucky.
Innocent puntava sulle corse dei levrieri e sulle partite di calcio virtuali. E insieme a lui, con molta probabilità, lo faceva anche qualcun altro del branco. Oseghale era un volto noto della sala scommesse. «Me lo ricordo», dice alla Verità con cadenza marchigiana una delle commesse. E aggiunge: «Veniva qui e giocava soprattutto sulle partite di calcio virtuali».
Davanti a quegli schermi passava più di qualche ora a valutare su chi puntare. A commentare con gli altri scommettitori la partita giusta e a fare il tifo per il cane più veloce. Finché squillava il telefono e si allontanava. Il tempo di fare il pieno di euro e il pusher con permesso di soggiorno scaduto tornava a giocare.
«Sempre con banconote», confermano nella sala scommesse, sottolineando la differenza con gli altri africani habitué che, di solito, arrivano lì con gli spiccioli racimolati chiedendo l’elemosina davanti a negozi e supermercati. «Quando a Oseghale capitava di vincere, i connazionali gli chiedevano qualche soldo per poter scommettere anche loro, e lui raramente diceva di no», ricostruiscono sulla cronaca locale del Resto del Carlino. Della comunità nigeriana Oseghale era diventato un punto di riferimento. Anthony Anyanwu, il quarto nigeriano indagato per la morte di Pamela, ad esempio, lo sentiva spesso.
Ma quando è stato contattato con la richiesta d’aiuto perché, a suo dire, la ragazza stava male, si è tirato indietro. Questa è, almeno, la sua versione. Che gli investigatori stanno verificando. Ma è anche una testimonianza importante, perché colloca Oseghale e altri connazionali nella casa degli orrori precisamente all’ora del delitto.
Anyanwu avrebbe riferito anche di aver ricevuto una seconda chiamata da Oseghale: Innocent gli avrebbe detto che il problema era rientrato perché Pamela si era ripresa. E invece la ragazza proprio in quegli istanti finiva nei due trolley. Tra le amicizie di Oseghale nella comunità nigeriana, intanto, si continua a scavare. I carabinieri, ricostruisce ancora il Resto del Carlino, hanno sentito qualche altro frequentatore della sala scommesse. Il cliché è sempre lo stesso: immigrati con o senza permesso di soggiorno e con qualche problema con la droga e con gli ambienti dello spaccio. E così si è appreso anche che Oseghale ogni tanto i soldi li prestava agli altri scommettitori. Oppure puntava conto terzi. Come faceva per Desmond. Molte delle telefonate tra i due riguarderebbero proprio le scommesse online, come ha precisato il difensore di Desmond, l’ avvocato Gianfranco Borgani.
La ragazza della sala scommesse il secondo nigeriano non se lo ricorda. Ma non esclude anche la sua presenza: «Qui ci lavorano anche altre ragazze e gli stranieri che vengono ogni giorno sono tanti». Oseghale, invece, la commessa se lo ricorda bene: «Era molto educato».
Lo descrive così anche la compagna Michela P., che al settimanale Giallo aveva raccontato di quando i sue si erano conosciuti: «Ero su una panchina nel centro di Macerata. Stavo bevendo una birra da sola, quando si è avvicinato. Mi ha chiesto come mi chiamavo, poi mi ha detto: “Perché bevi da sola? Ti dispiace se bevo qui con te?”. Sono rimasta colpita dalla sua gentilezza. È stato molto carino e in poco tempo mi sono innamorata di lui».
E, con molta probabilità, con lo stesso savoir faire ha agganciato Pamela appena arrivata alla stazione. L’ha accompagnata, stando alla ricostruzione dei carabinieri, dalle parti dello stadio, dove ad attenderli c’era Desmond con 30 euro di eroina. Poi l’ha portata a casa sua e, da ragazzo dai modi gentili, stando all’ accusa, si è trasformato in un mostro che, insieme con gli altri del branco, avrebbe abusato della povera Pamela prima di ucciderla, farla a pezzi e infilarla nei due trolley.
Per capire qualcosa in più sulle abitudini di Oseghale i carabinieri sono stati nella sala scommesse e hanno sentito il proprietario. Da Eurobet raccontano un episodio in cui il nigeriano era andato in escandescenza, per una incomprensione su una scommessa. Ma nulla di serio. Di solito era di buon umore. Almeno fino al 28. Il giorno dell’ omicidio, il 29 gennaio, invece, Innocent non ha messo piede nella sala scommesse. Così come nei due giorni successivi. Il 31 la casa degli orrori è stata perquisita e in serata è finito in cella. Fine dei giochi. E degli alibi.