Anche questa volta a votare con un solo obiettivo: abbattere il Pensiero Unico Dominante

di Aldo Grandi

I soliti giornalai e i consueti giornalisti amano, in occasione delle consultazioni elettorali, dedicarsi al cosiddetto toto-deputati e toto-senatori. Che gusto ci sia è una cosa che il sottoscritto non solo non ha mai capito, ma neppure mai compreso visto che nella classe politica non ha mai avuto particolare fiducia. Doversi, poi, arrabattare per far emergere quello o quell’altro probabile candidato, poi, è una cosa che ha, a nostro modesto avviso, dell’abominevole. Anzi, come i nostri lettori sanno, chi scrive ha ricominciato a votare solamente di recente perché per decenni aveva preferito restarsene, come amava scrivere Romain Rolland in ben altri tempi e ben altre circostanze, senza dubbio più serie e, purtroppo, tragiche, au dessus de la melée (al di sopra della mischia). Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa, se non proprio la classe politica, è cambiato e si tratta di questioni particolarmente serie nel senso che i politici che una volta si occupavano di tutto fuorché di modificare il senso delle cose, con l’avvento al Potere della Sinistra, hanno iniziato a distruggere non soltanto il senso stesso, ma il significato delle medesime. Gli ultimi anni di Governo Pd sono stati il trionfo del Pensiero Unico Dominante, il PUD, quella sorta di mélange in cui l’unica cosa che si fa fatica a trovare è il buonsenso poiché il senso, purtroppo, diventa persino troppo evidente. Noi andremo a votare e come sempre, lo faremo appena aperto il seggio, consapevoli che un voto non cambia l’esistenza di un Paese, ma che migliaia di voti insieme possono contribuire ad evitare che resti tutto com’è. Se guardiamo ai danni che ha provocato il Governo a guida Pd – da Renzi a Gentiloni – essi sono, semplicemente, spaventosi. Siamo diventati un Paese colabrodo, ricettacolo di tutti i vizi e privato di ogni virtù, uno stato con la s minuscola sottoposto a sistematica invasione da parte di milioni di clandestini avvenuto con il consenso di un partito e di un profeta (falsi entrambi) che ci vogliono far credere che un asino vola basta alzare gli occhi al cielo.

Noi vorremmo che gli Italiani, con la I maiuscola, quelli che non sono né fascisti né, tantomeno, comunisti, che non si cullano nelle inesistenti glorie del passato, ma non per questo ne annunciano e privilegiano la distruzione, quelli, cioè, che amano il proprio Paese a prescindere da chi ha avuto e da chi ha dato nel corso dei secoli, scegliessero di votare in base a quelle che sono le caratteristiche identitarie di cui un popolo ha bisogno per non rischiare di divenire una accozzaglia di debosciati privi di qualsiasi identità. Perché, attenzione, è proprio qui che sta il nocciolo della questione. L’Italia, che il cancelliere Klemens von Metternich considerava solamente una espressione geografica, nell’anno di (dis)grazia 2018 è ancora meno di una espressione geografica poiché, al massimo, è rimasta un’espressione avendo la geografia, nell’ottica del PUD, perso ogni ragione di essere. Per quella espressione geografica sono morti, nel Risorgimento e non solo, centinaia di migliaia di nostri fratelli che hanno creduto nei confini di un Paese che avesse, al suo interno, unità di intenti, difesa dei propri valori, certezza dei propri confini. Oggi, la Sinistra del minchialpop – traduzione odierna del minculpop di epoca fascista – è arrivata alla conclusione che nemmeno i confini geografici hanno più un valore e che chiunque, a proprio piacimento, può andare e venire nello stivale acquisendo tutti quei diritti, cittadinanza in primis, che hanno richiesto secoli per attuarsi.

Andare a votare oggi non è molto diverso da quando andavamo a votare 40 anni fa. Un voto a testa, una testa per ogni voto o almeno così era ed è sempre stato. Oggi, però, in ballo non c’è più l’arco più o meno incostituzionale, non c’è più solamente la spartizione del potere e del privilegio. Oggi in gioco c’è il futuro identitario del Paese, la scelta se vorremo essere Uomini con una propria identità o, al contrario e come vorrebbero gli organismi sovranazionali, un ammasso di esseri più o meno viventi, ma non vedenti e non udenti, privi di caratteristiche proprie, una specie di meticciato senza radici di alcun genere dove si è tutti potenziali portatori di manodopera a basso costo e consumatori elevati all’ennesima potenza. Tutto, appunto, ma senza alcuna consapevolezza di ciò che siamo stati affinché si possa diventare quel che vogliono si diventi.

Quindi, gente, non si tratta più di votare per la destra o per la sinistra per svoltare a un incrocio. No, qui sono in gioco i futuri principi basilari su cui edificare il futuro delle nostre generazioni e, perdonateci, non ci sentiamo proprio di lasciare che a decidere siano i sostenitori del PUD con papa Francesco in testa il quale, come scrive bene Antonio Socci, ha ormai la fissa dell’immigrazione selvaggia.

Noi non amiamo il multiculturalismo, la società multirazziale, l’uniformità e l’eguaglianza intese come massificazione e annullamento di ogni differenza in nome del denaro e della sua capacità di tutto relegare al minimo comune denominatore dell’assenza di ogni dignità. No. Noi amiamo le differenze e le divergenze, segni inequivocabili di una presenza operativa all’interno del cervello ché, altrimenti, sarebbe solo un contenitore di non si sa bene cosa. Noi vogliamo che ogni Paese, ogni popolo, ogni razza se di razze vogliamo parlare, conservino le proprie peculiari caratteristiche, rinnovino i propri particolari riti, seguano le proprie tradizioni, lingue, usi e costumi. Ma ognuno, deve essere chiaro, a casa propria. Ci possono essere degli scambi, delle reciproche accettazioni, ma non emigrazioni epocali, non cancellazioni sistematiche del passato e del presente in nome di un futuro senza avvenire.

La principale colpa di questa classe politica cresciuta a pane e Sessantotto oltre che con il companatico del Settantasette, è di aver dato ai propri figli la sensazione di essere una generazione senza limiti o meglio, senza i limiti del passato. La cosiddetta generazione Erasmus, una generazione virtuale, cui basta varcare le inesistenti frontiere per vivere in un mondo idilliaco dove il Bene trionfa e il Male non esiste. Puttanate. Solo e soltanto puttanate. I confini esistono, gli Stati pure e i popoli anche, con le loro peculiarità, convinzioni, prerogative e indisponibilità a rinunciarvi. Questo deve essere chiaro e non va visto negativamente.

Il mondo e la società in cui viviamo non sono virtuali, ma reali, drammaticamente reali. I confini ci sono così come il Male e coloro che lo coltivano. Noi abbiamo bisogno di essere sempre più profondamente Italiani per poterci permettere, una volta fuori dalle nostre frontiere, di sapersi rapportare, su un piano di confronto e di rispetto, con gli altri popoli. Niente è cambiato rispetto a secoli fa e la guerra si è trasferita, in generale, da un piano squisitamente militare ad altri di diversa consistenza, ma non meno accentuata conflittualità.

Noi andremo a votare e voteremo per chi si dimostrerà più Italiano degli altri ossia pronto a respingere in ogni modo e con qualunque mezzo questa sorta di tendenza devastante e distruttrice di ogni aspirazione identitaria. Sia chiaro, quindi, che non voteremo a Sinistra, né il Pd né qualunque altra formazione politica similare. Voteremo, quindi, per chi avrà il coraggio di dire che è giunto il momento di tornare indietro se non si vuole smettere di andare avanti.

Quanto ai nominativi, bene, sono in corso le grandi manovre. A noi frega poco o niente. Quello che contano non sono gli uomini, ma i principi che essi sono disposti a sostenere fino in fondo e qui, purtroppo, c’è ben poco da stare allegri.

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