(http://movisol.org) Un documentario trasmesso dal canale franco-tedesco ARTE il 12 dicembre accende i riflettori sul ruolo svolto dall’allora Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e dal centro finanziario della City di Londra nella crisi del Monte dei Paschi di Siena (MPS). Guardando “Morte di un banchiere” si prova una sensazione sinistra ripensando al famoso “whatever it takes” (a tutti i costi) con cui nel 2012 Draghi sfidò chi avesse osato attaccare la bolla dei titoli denominati in Euro.
Il film, che può essere visto in francese e tedesco sul sito arte.tv (VIDEO IN FONDO ALL’ARTICOLO), parte dalla morte del direttore della comunicazione di MPS David Rossi il 6 marzo 2013, che in Italia è stato recentemente al centro di polemiche che hanno portato alla riapertura del caso, frettolosamente archiviato come suicidio. Similmente a quanto fatto da inchieste televisive in Italia, l’autore Moritz Enders ricostruisce la dinamica del volo compiuto da Rossi dalla finestra del suo studio, con l’ausilio dei filmati delle telecamere di sorveglianza e di esperti, concludendo che in quel modo non avrebbe potuto farlo da solo. Vengono sollevate quindi ipotesi sui motivi per cui Rossi potrebbe essere stato “suicidato”: egli era a conoscenza di reati compiuti da persone ad alto livello, sia all’interno che all’esterno della banca.
L’inchiesta quindi mette a fuoco i tre elementi della crisi di MPS: 1. La bizzarra acquisizione di banca Antonveneta da Santander nel 2008; 2. I contratti derivati stipulati per coprire le perdite; 3. Ingenti crediti, poi deteriorati, concessi a certi imprenditori per motivi politici.
Nel documentario sono stati mostrati documenti che provano che Mario Draghi ignorò le raccomandazioni della sua stessa Vigilanza, concedendo a MPS il nulla osta per l’acquisto di Antonveneta, per di più confondendo il prezzo (poco più di 9 miliardi) con il costo totale (oltre 17 miliardi). Ci si sposta poi a Londra, teatro di un altro strano suicidio. Qui Will Broeksmit, ex capo della gestione rischi di Deutsche Bank, fu trovato impiccato a un guinzaglio nel suo appartamento nel gennaio 2014. Broeksmit deve essere stato a conoscenza del derivato chiamato “Santorini” che Deutsche Bank aveva venduto a MPS per coprire le perdite in bilancio. Sia Rossi sia Broeksmit avrebbero dovuto essere ascoltati dagli inquirenti.
Vengono intervistati, tra gli altri, l’ex capo economista di Deutsche Bank Jürgen Stark, l’economista John Christensen, il presidente della Commissione d’Inchiesta della Regione Toscana Giacomo Giannarelli, il difensore dei piccoli azionisti di MPS Paolo Emilio Falaschi, oltre alla vedova di Rossi e al suo avvocato. L’ex senatore e presidente di Adusbef Elio Lannutti va per le spicce e accusa Draghi di condotta “criminale”.
L’inchiesta si ferma a un passo dal chiedersi se nel 2008 e negli anni successivi Draghi, il quale era, oltre che governatore di Bankitalia, anche presidente del Financial Stability Board, non fosse mosso da motivi “superiori” nello spingere MPS in un’avventura scellerata come l’acquisizione di Antonveneta, e a chiudere un occhio sui bilanci falsati. Infatti, la vicenda di Antonveneta si sviluppò nel mezzo della crisi finanziaria globale e specialmente all’indomani dell’insolvenza di ABN Amro – la più grande nella storia europea con oltre 60 miliardi di euro. Per evitare una reazione a catena fu organizzato un consorzio di tre banche, Royal Bank of Scotland, Fortis e Santander, per rilevare l’istituto olandese e accollarsene i debiti. A Santander toccò tra l’altro Antonveneta, che secondo alcuni ABN Amro aveva riempito di sofferenze. Come risultato, ora era Santander a trovarsi in difficoltà, tanto che dovette annunciare un aumento di capitale di dieci miliardi. Ecco che l’affare Antonveneta-MPS rimpinzò le casse di Santander e rese superfluo l’aumento di capitale, che infatti fu cancellato.