Ora che buona parte delle Ong hanno ritirato le proprie barche dal mar Mediterraneo, a vigilare sulle acque tra la Libia e l’Italia sono rimaste quasi solo le navi della Marina e della Guardia Costiera. Ma se da un lato sembrano scomparsi gli strani casi delle navi che andavano incontro ai barconi partiti dal Nord Africa pronti a salvarli, dall’altro c’è chi non si arrende all’idea che quel metodo possa ancora essere applicato. L’intenzione emerge da un emendamento presentato alle legge sul Bilancio nella notte tra domenica e lunedì scorso a firma di Andrea Maestri, parlamentare di Possibile. Se quel testo dovesse arrivare integro fino all’approvazione della legge, verrà stabilito, come riporta Il Giornale, che
“le risorse stanziate per il controllo delle frontiere marittime debbano essere prioritariamente utilizzate per la ricerca e salvataggio di vite umane”.
Detto in altri termini, le navi della Guardia costiera si ritroverebbero a svolgere lo stesso lavoro delle Ong, mettendo necessariamente da parte il proprio ruolo principale, cioè quello della tutela delle frontiere. Maestri lo ribadisce con chiarezza, lo scopo è
“rendere prevalente la funzione di soccorso in mare dei migranti invece che il controllo securitario delle frontiere marittime. Per noi – ha aggiunto – è fondamentale il ruolo delle navi delle Ong, che con il loro lavoro coprono le insufficienze delle operazioni post Mare Nostrum, Triton e Sophia, ma è anche fondamentale ripristinare un capillare servizio pubblico e istituzionale italiano ed europeo di ricerca e salvataggio“.