La giustizia politica da Gramsci a Dell’Utri: recrudescenza dell’odio politico ad hominem
Di Gianmarco Landi
Niente Natale in ospedale per Marcello Dell’Utri che deve marcire in galera! Ieri 7 dicembre 2017 il Tribunale di Sorveglianza ha deciso così, anche se tutti i giuristi italiani intuiscono quanto questa condanna sia ingiusta un tanto meno alla sua inaccettabile pena.
Dell’Utri ha 76 anni, un cuore in condizioni pessime, il diabete elevato a rischio vita e un tumore maligno. In virtù di una condizione incompatibile con il regime carcerario qualsiasi prigioniero simile in Italia sarebbe stato spedito in ospedale, ed invece la Giustizia riservata al più intellettuale dei berlusconiani è peggiore di quella che i fascisti riservarono a Gramsci, il primo intellettuale dei comunisti. A differenza di Gramsci, Dell’Utri dovrebbe vivere gli ultimi anni della sua vita in carcere e magari affrettarsi a morire.
Il Procuratore generale nei giorni scorsi aveva dovuto inviare obtorto collo dei periti di sua fiducia per visitarlo, dopo che i periti della difesa avevano evidenziato le precarie condizioni di salute. Anche i periti della Procura avevano dato lo stesso responso di quelli della difesa: le condizioni di Dell’Utri non sono compatibili con il regime carcerario e perciò avevano anche indicato una serie di ospedali capaci di salvarlo. Ed invece il Procuratore generale di Roma, evidentemente laureato su testi medici di nuova concezione democratica, ha smentito i suoi stessi periti senza scrupolo ed umanità.
Non si sa nulla in Italia di precedenti del genere che infatti profilano un accanimento giustizialista intriso di una cattiveria, un’arroganza e una furiosa ignoranza da campioni assoluti in bestialità giacobine. Come ha potuto un procuratore non credere ai periti che lui stesso aveva nominato? Qual è il criterio alla base di una decisione che dovrebbe essere basata sul diritto e non sul mero arbitrio?
Chi conosce i motivi per cui Dell’Utri fu condannato a 7 anni di carcere appena Berlusconi fu spodestato da Napolitano e poi tradito da Alfano e le sue truppe di filibustieri sedotti dal PD, non dovrebbe comunque sorprendersi, perché in questo caso non si è mai trattato di Giustizia ma di politica con la ’p’ minuscola, cioè con tanto di schiuma alla bocca e occhi iniettati di sangue e odio.
I fatti sono i seguenti
Marcello Dell’Utri è un fondatore di Forza Italia secondo per importanza solo al suo leader, ed è l’unico uomo azienda tra gli uomini stretti di Berlusconi che dopo tanta riflessione nel 1993 spinse il Cavaliere a ‘buttarsi’ in politica quando invece, i miopi Confalonieri e Letta lo trattenevano a quattro mani cacando dubbi. Da qui nasce l’individuazione da parte dei Giacobini italiani più o meno comunisti, della oggettiva pericolosità sociale di Dell’Utri. Un assalto giudiziario paragonabile per intensità e truculenza solo a quello subito dal Cavaliere per 20 lunghi anni ha soffocato il grandissimo potenziale politico di Dell’Utri, nel senso di non aver potuto edificare 20 anni di epoca berlusconiana molto meglio, con un’anima politica più colta, più profonda, più raffinata e sicuramente più incisiva rispetto ad una serie di risultati finali, cominciando dalla Giustizia e finendo con il sistema fiscale attuale, che a me, uno dei tanti universitari azzurri del 1994, non hanno soddisfatto.
Tuttavia Dell’Utri non è stato affatto irrilevante, anzi… Egli sin da subito ha posto importanti basi lanciando una serie di coordinatori regionali di Forza Italia, alcuni dei quali molto capaci, ivi compreso quello siciliano protagonista dei 61 collegi a zero nel 2001, un risultato che ancora fa piangere i militanti di Sinistra in tutti i dialetti di Italia. A ben vedere però il Dottore alla fine dei 20 anni di potere non è stato mai neanche sul banco di un sottosegretario perché di spade di Damocle giudiziarie sulla testa del governo c’era già quella di Berlusconi, e due su di unica stessa testa più piena poi sarebbero state troppe. Dell’Utri da semplice senatore ha però continuato a irrobustire Forza Italia dall’interno creando fastidi alla intellighenzia di Sinistra con le sue iniziative di reclutamento di cervelli (ricordo l’innesto nel partito di tanti professori del 1996) oltre a innumerevoli iniziative culturali di pregnanza molto più folle di quella sciorinata in lungo e largo da Berlusconi, un po’ mutilato dai sondaggi sempre in mano e dalle contingenze della concretezza politica a cui badare.
Confesso pure che io sono stato uno dei tanti che ad un certo punto ha recepito tutto il valore di Dell’Utri tanto da preferirlo anche a quello immediato e popolare di Berlusconi, ed infatti ho seguito il senatore non certo per le opportunità di poltrona che non mi ha dato, ma perché grazie a lui ho ritenuto di poter diventare una persona migliore a prescindere dalla carica politica e da Forza Italia. Entrando in contatto con Dell’Utri ho maturato il problema di una vera cultura liberale e popolare in questo paese che potesse accrescere la forza di una classe dirigente che un giorno fosse stata in grado di ben rappresentante tutta la complessità e i limiti del blocco sociale dei partiti italiani di Centrodestra, in un mondo globale ‘incasinato’ come quello attuale.
Se oggi sono immune rispetto alla sudditanza verso i dogmi politicamente corretti di concezione Dem (frutto della Scuola di Francoforte che imperversa anche in USA e in Occidente), è grazie ad un panorama culturale non omogeneizzato gramscianamente di cui ho potuto beneficiare grazie alle innumerevoli iniziative del Senatore, che prima e meglio di tutti seppe comprendere i limiti di un partito di carne, sangue ed ossa ma in effetti strutturato con la plastica e con le bizze alternate ai colpi di genio del capo, così come è sempre stata Forza Italia.
Anche per questo il solido Dell’Utri accanto a Berlusconi faceva paura ai comunisti e similari, e perciò fu tolto di mezzo marchiandolo come un mafioso da un tribunale mediatico giustizialista sovrano di tante menzogne e verità distorte ad uso e consumo radical chic.
Perciò è emblematico e alla fine forse anche ‘giusto’, nei tristi termini di un’Italia radical chic senza alcun senso critico, intelligenza e Giustizia, la morte da prigioniero politico riservata nei sogni del popolo viola a Dell’Utri, una fine che non sarebbe neanche assimilabile a quella che Mussolini non inflisse nemmeno a Gramsci.
E’ indubbio e sfido chiunque a dimostrarmi il contrario, che il reato per il quale Dell’Utri è stato condannato non esiste. Questo reato non esiste e non vi è traccia nel codice penale, con ciò abusando dell’articolo 1 del codice il quale recita così:
«Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite».
I magistrati quindi hanno forzato le norme distorcendole nel loro senso preciso, quando hanno stabilito che invece esisterebbe il reato di associazione mafiosa esterna in quanto nella loro testa illuminata non si sa da cosa, sussisterebbe una fattispecie giuridica tratta da una combinazione dell’associazione mafiosa (art 416 bis reato introdotto nel 1994) e del concorso in reato (art. 110), cioè l’ipotesi delittuosa che una persona non faccia parte di una associazione mafiosa restandone fuori, ma che agendo da fuori l’aiuti. L’abominio di questo concepimento da salute pubblica di Robespierre, emerge considerando che tuttora non sono esplicitati i termini concreti che profilano questi ‘aiuti esterni’ oppure che le pene non sono determinate, infatti sono decise di volta in volta che un magistrato si è alzato una certa mattina con un piede o con l’altro.
In questo modo di Giustizia invertita assolutamente ignorante, proprio come i post di un grillino o un comunista radical chic che su Facebook decide di sputtanare la vita di un uomo con l’ odio che gli va di vomitare in base alle fake news che un Travaglio qualsiasi gli ha raccontato, sono state comminate svariate condanne a nome del Popolo italiano, tra cui spicca quella a Dell’Utri. Nel frattempo però la Corte europea, una magistratura di valore superiore a quella nazionale, avrebbe stabilito che si può anche ipotizzare che questo reato oggi esista (e sarebbe già una grande forzatura), in quanto passato in giudicato dei tribunali italiani, ma comunque potrebbe esistere a partire dall’anno 1994 e quindi Dell’Utri comunque sarebbe stato condannato per fatti, quelli degli anni 70 e 80 di Mangano etc…, che non costituivano all’epoca del loro svolgimento alcuna minima ipotesi di reato.
Dell’Utri ha fatto ovviamente ricorso alla Corte europea ed è assolutamente certo che la Corte debba dare ragione a lui ma purtroppo ciò avverrà al tempo suo, cioè tra qualche anno, come è successo già a Bruno Contrada, ex dirigente SISDE che sapeva troppe cose e che fu fatto fuori da una dimensione pubblica allo stesso identico modo di Dell’Utri.
In conclusione mi chiedo come mai, con tutte le Autorità buoniste e magnanime che abbiamo nel Paese anche per tutelare assassini di bimbi, ladri e seviziatori di appartamento, stupratori di turiste e terroristi sanguinari verso cui c’è sempre una carezza compassionevole, nessun buonista interviene anche solo per un sentimento di umana pietà per salvare l’uomo Marcello Dell’Utri?! Semplice purtroppo:
perché nella egemonia culturale prospettata da Gramsci, un blob di luoghi comuni che avrebbe dovuto imporsi nelle società industrializzate annullando intelligenze e senso critico diffuso, con ciò semplificando una direzione culturale di tutto il popolo, non c’è spazio per chi concepisce una diversa riflessione culturale realmente eversiva in senso egemonico gramsciano, perché non fascista né di logica hegeliana. In questa prospettiva gramsciana, pericolosamente copiata man mano nel dopoguerra dai principali guru della metà politica che conta, quella Dem americana figliata dai professoroni tedeschi post marxisti della Scuola di Francoforte, il Popolo deve obbedire ad un’unica direzione morale impartita da un radicale orientamento di Sinistra che deve poter imporsi anche con l’artificio di marchiare come uomo infame chiunque non sia piegabile. Per questo motivo tutti gli uomini di sinistra non spendono una parola per Dell’Utri, ivi compreso l’attuale cattocomunista presidente della Repubblica degno erede di quel comunista di Giorgio Napolitano, che senza esplicitarlo ha voluto Dell’Utri in prigione con l’auspicio che la morte se lo porti via. Niente di nuovo sotto questo sole, dato che è più o meno quello che accadde a Bettino Craxi, il quale secondo la letteratura benpensante era reo di essersi dato alla latitanza in Tunisia invece di aver fiducia nella Giustizia italiana affrontandola. Mentre il diabete stava consumando il leader socialista, si disse allora che nell’ambito di procedure previste Craxi avrebbe potuto curarsi e non morire in una specie di capanna se non fosse stato ‘latitante’ (in realtà esiliato di fatto), e di questa verità radical chic tutti ne sono certi, si, sicuramente, quanto è vero che Dell’Utri è un concorrente esterno della mafia e che oggi ha la possibilità di curarsi che non ebbe Craxi!
In conclusione lancio un appello alla civiltà del diritto ricordando a tutti gli uomini di buona volontà che durante il ventennio di Mussolini, Gramsci fu detenuto in carcere e tutti sapevano che era il padrino della egemonia culturale del comunismo ed di un’organizzazione illiberale come il partito comunista che negli Stati Uniti molti Magistrati giudicarono peggio che qualsiasi organizzazione Mafiosa. Nel 1934 però, a seguito di una condizione di salute aggravatasi, Gramsci poté lasciare il carcere per curarsi e così vivere altri tre anni della sua vita lontano dal carcere. Chiedo perciò quanto valga questa dialettica democratica tripolare incentrata sul politicamente corretto egemonizzato gramscianamente propalato dal Centrosinistra e su alcuni temi dai 5 Stelle, e avversato dal Centrodestra e su alcuni temi dai 5 Stelle, se quella clemenza e umanità che la Dittatura fascista riconobbe al suo peggior nemico 83 anni fa, non venisse riconosciuta ad un prigioniero colpevole di aver combattuto con le sole armi della parola, della persuasione del leader e dello sviluppo di attività culturali e politiche popolar liberali, un’egemonia gramsciana che in qualsiasi Democrazia non dovrebbe mai poter proclamare una sentenza di indegnità morale ad hominem senza rispettare le norme elementari del Diritto.