“Voglio mettere una bomba su un treno o su un pullman. O alla stazione di Lodi dove non ci sono controlli”. Il ragazzo, conosciuto come Momo al Italy, faceva parte degli adepti di Lone Mujahid, il sedicente lupo solitario del califfato che da gennaio fa proseliti su Telegram. A lui il giovane ha detto di non avere paura”della polizia o dei miscredenti”.
Momo, secondo quanto riporta Repubblica, si proponeva infatti al suo referente per un attacco terroristico, progettava di usare un drone e si informava su come utilizzarlo. “Come si fa a preparare una bomba con un drone?”, scriveva sulla chat a Mujahid. Chiedeva informazioni sugli attentati precedenti, come quello di Parsons Green a Londra, e si dimostrava forte sostenitore del califfato.
“Sono arrivato nel 1992 a Catania da Khenifra (Marocco), il mio paese, e siamo rimasti in Sicilia 14 anni. Momo e il secondo filgio sono nati lì. Poi mio cognato mi ha trovato una casa e un posto da magazziniere qui al Nord”, ha raccontato il padre di Momo. “Mai m’è sembrato insofferente all’Italia o ai cristiani“. Quando la polizia lo ha arrestato, Momo ha dichiarato di essere solo “curioso”, ma secondo gli inquirenti le chat intercettate dalla Digos sono troppo esplicite. Un chat sempre più fitta dove riceveva link a video di esecuzioni, tutorial di addestramento e canti di guerra dell’Isis.
Le reazioni politiche
“Questa vicenda conferma che arresti ed espulsioni di soggetti radicalizzati non servono se non estirpa alla radice il male del fondamentalismo”, ha dichiarato Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda. “In Italia c’è necessità di leggi rigide, per il contrasto e la prevenzione della jihad, perché per bloccare i jihadisti occorre fare terra bruciata ai loro finanziatori, ai cattivi maestri, agli imam predicatori di odio”.