Bankitalia, Renzi: volevo dimostrare che il Pd non è il partito dei banchieri

“Noi dirigenti politici di formazione cattolica riconosciamo l’infallibilità soltanto al Papa quando parla di teologia e non di politica. Alcuni che curiosamente provengono dalla sinistra e dal Pci riconoscono l’infallibilità soltanto alla Banca d’Italia. Un atteggiamento sorprendente, direi… Non ci piegheremo mai al dogma dell’infallibilità”.

Il segretario del Pd Matteo Renzi lo afferma nel libro di Bruno VespaSoli al comando‘, in uscita il 3 novembre edito da Mondadori-Rai Eri. Afferma Renzi:

“Non mi fa paura la sollevazione del sistema su Banca d’Italia. Molte delle mie battaglie, dalla rottamazione all’articolo 18, dal garantismo alla riduzione delle tasse, le ho fatte quasi in solitaria. Banca d’Italia in questi anni non ha lavorato bene. Dirlo non è populismo, è la verità. Se sostenere che chi ha sbagliato deve pagare significa essere populista, allora sono populista anch’io”.

Ricorda il segretario del Pd:

“Non a caso, quando ho sbagliato e ho perso, io me ne sono andato. Il mio obiettivo è dimostrare che lo scandalo bancario non è stato colpa solo della politica. Non sta né il cielo né in terra. Ci sono stati troppi silenzi. Nelle alte burocrazie, in certe espressioni della società civile, in molti commentatori”.

Quando ha avuto per la prima volta la sensazione che la Banca d’Italia stesse sbagliando?

“Quando sono diventato presidente del Consiglio, mi sentivo ancora un ragazzo di Rignano sull’Arno. Di chi avrei dovuto fidarmi se non della Banca d’Italia? Bene, ho dovuto registrare che su alcuni punti il comportamento di Banca d’Italia non è stato impeccabile“, risponde Renzi a Vespa. Quali? “Nelle gestioni manageriali e nei commissariamenti. Va bene cacciare chi non ha funzionato, ma chi metti al suo posto deve risolvere i problemi. Non sempre è accaduto”.

Aggiunge ancora Renzi:

“Io ho posto un problema e cioè se la gestione delle alte burocrazie, a cominciare da quella per eccellenza che è la Banca d’Italia, non abbia necessità di essere rinvigorita e profondamente rinnovata. Nessun italiano può pensare che la crisi delle banche derivi soltanto dalla politica. Con la riforma delle banche popolari e del Credito cooperativo, noi abbiamo fatto di tutto per togliere ai politici la loro influenza sul territorio. Noi ci siamo mossi per difendere correntisti e risparmiatori da un bail in che sarebbe stato devastante”.

Ma, prosegue il segretario del Pd,

“non possiamo prenderci le responsabilità di una vigilanza bancaria discutibile e della nomina di commissari super pagati e non all’altezza delle loro responsabilità e dei loro stipendi. Né delle valutazioni manageriali fatte su banche che tutti da anni sapevano stracotte. Un giorno di svegliano tutti insieme e danno a noi la colpa. Questo è inaccettabile”.

Si sente sconfitto per la conferma di Visco?

No – risponde a Vespa -. Non ho fatto la mia battaglia per attaccare una persona, ma per esprimere una posizione politica chiara e per dimostrare che il Pd non è partito che si schiera a prescindere a difesa del sistema e non è soprattutto il partito dei banchieri“.

(AdnKronos)