La grande moschea di Roma in mano al Pd. E’ questa l’accusa che arriva da una parte della comunità islamica italiana che si è scagliata contro la nomina a presidente del Consiglio di amministrazione di Khalid Chaouki. Il parlamentare del Partito democratico è stato eletto il 17 ottobre scorso e da quel momento si è scatenta la polemica.
Francesca Musacchio, Il Tempo, 25 ottobre 2017
Sul social network sono numerosi i post pubblicati contro la sua nomina e il diretto interessato, interpellato da Il Tempo, ha fatto sapere che si esprimerà sulla questione solo dopo aver completato l’insediamento. Intanto, la comunità islamica italiana si spacca ulteriormente, lasciando sul terreno veleni e contrapposizioni.
“E’ inaccettabile – dicono i suoi detrattori – che venga a fare propaganda per il Pd nella grande moschea”. Le critiche arrivano per la maggior parte dai grandi esclusi, tra cui anche alcuni convertiti italiani, che rappresentano l’Islam più duro, quello che teorizza ad esempio la poligamia e l’applicazione della sharia attraverso la nascita di un partito islamico.
Il Centro islamico culturale più grande d’Italia, però, aveva la necessità di fare un’assemblea per il rinnovo delle cariche entro il 2017. Ma non solo. Tra le urgenze c’era anche quella di togliersi l’impiccio di essere amministrata da uno Stato estero. Per 13 anni si è vissuta una sorta di autarchia, con la gestione divisa tra le ambasciate di Arabia Saudita, Marocco e Egitto. Poi nel 2008 è nata l’assemblea dei soci, che ora conta 60 membri. Lì sono cominciati i contrasti tra Marocco e Arabia Saudita, che finanziavano la moschea, e che sono andati avanti fino a oggi. La svolta, voluta pare anche dalla istituzioni italiane, è quella di creare un Islam italiano sul modello della scuola malikita già seguita in Marocco, lontano dall’esegesi radicale del Corano.
E l’uomo di sintesi in questo percorso sembra essere stato Khalid Chaouki che adesso sarà messo alla prova su vari temi. Tra le priorità sembra esserci quella del mercatino davanti la grande moschea che durante il venerdì di preghiera viene monopolizzato ormai da venditori di cianfrusaglie di dubbia provenienza. In mezzo ai banchi che distribuiscono kebab, falafel, thè e dolcetti, si sono inseriti numerosi rom che su teli stesi per terra mostrano mercanzie di ogni genere. L’immagine di questo degrado non giova a quella della grande moschea e per questo, tra le prime richieste formulate a Chaouki, c’è proprio quella di intervenire per fermare questo scempio.
La nomina del parlamentare, però, ha gettato nello sconforto i grandi esclusi dalla gestione della grande moschea. A partire proprio dall’Arabia Saudita che adesso continua a parteciparvi ma non ha più nessun potere, di fatto passato nelle mani della componente marocchina garante del sostegno finanziario.
Anche gli esponenti del Qatar sono rimasti fuori dal consiglio di amministrazione, con sommo rammarico del piccolo emirato del Golfo Persico che ha investito circa 25 milioni di euro in luoghi di culto poi considerati estremisti. L’ipotesi di immissione di esponenti qatarini nel direttivo del centro islamico di Monte Antenne, infatti, pare essere naufragata sul nascere proprio per questo motivo.
Insomma, un’operazione che sembra studiata a tavolino per adeguarsi alle richieste pervenute dai rappresentanti delle istituzioni italiane, motivate dall’attuale quadro sociale e politico. La grande moschea, infatti, è obbligata a presentare bilanci e verbali al ministero dell’Interno che esige trasparenza su tutte le operazioni.
A rimanere fuori dal direttivo anche alcuni convertiti italiani che aspiravano a diventare presidenti del consiglio di amministrazione.
Quello che farà Khalid Chaouki da adesso in poi, però, è difficile prevederlo. Al momento le questioni che gli si pongono davanti includono anche i rapporti tra la grande moschea e l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, di cui il centro islamico di Monte Antenne non fa parte a causa di rapporti non proprio distesi. L’assemblea ha anche eletto i due vicepresidenti, Adel Amer e Zainab Ahmed, oltre che il tesoriere Ahmad Ejaz. Mentre alla carica di Segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia, è stato confermato Abdellah Redouane, che da anni gode di passaporto diplomatico ma non è cittadino italiano.