di Filippo Facci
Forse siamo davvero una civiltà razzista, ma di un razzismo diverso e nuovo: come se i «razzisti» vecchia maniera e gli «antirazzisti» nuova maniera, cioè, appartenessero entrambi a un neorazzismo incapace di prescindere dal colore della pelle di una persona: questo per restare all’esempio più classico. Poi ci sono le persone più normali che, invece, pur essendo meno ossessionate dal problema, vengono tuttavia arruolate tra i razzisti collaborazionisti. Ma non è più, in generale, solo un problema di essere intolleranti con il diverso: è anche il sottolineare continuamente, anche in buona fede, che è comunque diverso.
Naturalmente abbiamo un esempio perfetto da raccontare, ed è questo: nei giorni scorsi il marchio «Dove», che produce saponi e appartiene al colosso Unilever, ha messo su Facebook una pubblicità in cui si vedeva una donna nera che, dopo aver usato un prodotto Dove, si toglieva la maglietta scura e si trasformava in una donna bianca, dopodiché la donna bianca, dopo aver usato lo stesso prodotto, si toglieva la maglietta bianca e si trasformava in una donna orientale. Questa la sequenza, che se fosse stata diversa, probabilmente, non avrebbe generato equivoci: ma, così, la donna nera che usa un sapone, e diventa bianca, è stata equivalsa a pelle nera=sporco e pelle bianca=pulito. Il passaggio successivo, quello in cui una bianca diviene orientale, non ha interessato nessuno. Negli Stati Uniti, ovviamente, è scoppiato un casino: Unilever ha dovuto ritirare la pubblicità con tante scuse e ha subito dichiarato che forse non era riuscita a rappresentare le donne in modo appropriato. Ma il problema, come visto, riguarda i neri coi bianchi: il fatto che la donna bianca diventasse asiatica non è stato considerato razzista.
Ora: stiamo parlando degli Stati Uniti, patria del politically correct più esasperato – che spesso noi importiamo in seconda istanza – dove le creme per sbiancare la pelle bianca sono in libera vendita e hanno pure un certo successo: basta non pubblicizzarle. Un paese in cui il razzismo contro i neri è evidenziato soprattutto dalle denunce dei bianchi, che l’intravedono dappertutto: al punto che la modella nera della pubblicità di «Dove», Lola Ogunyemi, è cascata dalle nuvole e si è ritrovata a difendere i pubblicitari della Unilever. La modella, infatti, ha scritto una lettera al «Guardian» in cui ha spiegato che lei, a dire il vero, è stata più che entusiasta di rappresentare le donne nere nella pubblicità di un marchio famoso, e che pensava che avrebbe contribuito a «ricordare al mondo che noi siamo qui, che siamo belle e che, ancora più importante, siamo apprezzate». Non pensava che la pubblicità avrebbe comunicato un’idea di inferiorità delle donne nere, e non ha scorto alcuna malizia nella sequenza della donna nera che diventava bianca. Nel caso, avrebbe abbandonato il set – ha scritto – ma lo spot, a suo dire, indicava semplicemente che tutti i tipi di pelle hanno bisogno di gentilezza, null’altro. Lola Ogunyemi, insomma, si è dimostrata una persona normale, questo in un genere di Paese dhe è abituato anche a porsi problemi che ha. Morale: cercando «pubblicità razzista» su Google, almeno sino a ieri, usciva la faccia di lei, della modella. E questo per gli antirazzisti, probabilmente, rappresenta un successo.
Libero, 13 ottobre 2017