A giugno scorso la politica italiana ha svoltato ed ha cominciato la volata dell’ultimo chilometro. Da allora tutto quello che accade va letto in chiave pre-elettorale, cioè in vista delle elezioni politiche. Tutto è finalizzato a quell’esame.
Perché è stato decisivo giugno? Perché alle elezioni amministrative parziali l’Italia (ancora una volta) ha mandato al Palazzo un segnale forte e chiaro che si potrebbe riassumere nello slogan di Beppe Grillo del 2007. In sostanza un “Vaffa”.
Infatti il Paese si è rivelato molto diverso da come viene rappresentato sui media e da come lo pensano nel Palazzo della politica dove spesso credono alla loro stessa propaganda. In sintesi, nei Comuni con più di 15 mila abitanti in cui si è votato il centrosinistra governava in 81 Comuni e – dopo giugno – ne ha ripresi solo 50, il centrodestra da 42 è passato a 54 e i grillini sono passati da 3 a 8 amministrazioni municipali. Si è scoperto, di nuovo, che in Italia il centrodestra rappresenta la formazione con più consensi. E per il Pd non vale nemmeno invocare la menomazione dovuta alla scissione perché in quei Comuni di solito il centrosinistra si presentava unito.
D’altra parte – se si ricorda l’esito delle ultime elezioni politiche – lo stesso esecutivo a trazione Pd non ha mai avuto una maggioranza nel Paese. Adesso poi – dopo anni di governo – il Pd paga la crisi economica nella quale – nonostante i dati sbandierati come “ripresa” – si è sempre più impantanati (con un debito pubblico che cresce) e soprattutto lo stato maggiore piddino ritiene di aver pagato la propria sconsiderata politica dell’emigrazione che ha creato molto malcontento e allarme sociale. Dall’esito elettorale di giugno perciò hanno pensato di correre ai ripari e per tutta l’estate hanno provato a mandare all’opinione pubblica segnali di una inversione di rotta. Prima Matteo Renzi ha rottamato lo slogan “Restiamo umani” che aveva usato per anni, per giustificare l’apertura dell’Italia all’immigrazione di massa. Lo ha rottamato – dicevo – sostituendolo con la parola d’ordine che era di Salvini, di cui Renzi si è disinvoltamente appropriato: «Aiutiamoli a casa loro». Era il segnale della marcia indietro. Così il ministro dell’Interno Minniti – nel volgere di qualche giorno – ha sostanzialmente fatto cessare gli sbarchi o almeno li ha fortemente ridotti. Di colpo. Cosa che – a ben vedere – ha fatto ancora più irritare gli italiani, dal momento che per anni, dalle parti del Pd e del governo, hanno ripetuto che la migrazione di massa è un fenomeno storico inevitabile, che non si può fermare, perché sarebbe come illudersi di fermare il vento con le mani. E quindi si poteva solo subire. Di colpo si è scoperto che invece si poteva fermare e anche molto velocemente, quindi tanti italiani hanno concluso che per anni sono stati presi in giro, mentre erano sottoposti all’assalto migratorio.
Per non scoprirsi a sinistra, soprattutto dopo la scissione dalemiana, Gentiloni e Minniti hanno visto bene di chiedere aiuto alla Chiesa da dove – le frange più estremiste – già cominciavano a bombardare il governo per lo scontro con le Ong. Così, incontrando la Segreteria di Stato della Santa Sede e lo stesso papa Bergoglio hanno ottenuto una specie di legittimazione vaticana.
Perché oltretevere hanno accordato questa copertura politica? Per almeno tre motivi. Primo: la Segreteria di Stato vaticana ha così potuto correggere l’ossessiva campagna migrazionista che Bergoglio ha fatto da quattro anni, dal viaggio a Lampedusa del 2013, che ha creato grande sconcerto pure tra i fedeli e ha fatto crollare il consenso attorno al papa argentino (peraltro l’arrivo di tanti migranti islamici nelle nostre città non può far piacere agli uomini di Chiesa più consapevoli). Secondo. Bergoglio si è fatto convincere perché ha come sua bussola il consenso (come i politici) e voleva recuperare un po’ del gradimento che ha perduto nell’opinione pubblica con i suoi reiterati comizi sull’emigrazione. Inoltre (terzo) il governo ha garantito al Vaticano bergogliano che varerà lo “Ius soli” e – dopo le elezioni – riaprirà agli sbarchi sottoforma di “canali umanitari”.
A volerla tradurre in parole povere la richiesta del governo piddino dev’essere suonata così: voi ci coprite le spalle adesso che abbiamo bloccato gli sbarchi, così possiamo recuperare voti e – dopo le elezioni, una volta tornati al governo (perché vi assicuriamo che senza Pd non è possibile nessuna maggioranza) – facciamo lo “Ius soli” (se non siamo riusciti a farlo prima) e riapriamo le frontiere, chiamandole “canali umanitari”. Così “passata la festa gabbato lu santo” (e il santo gabbato è il popolo italiano).
Il Pd ha anche altre frecce al suo arco, con cui cerca di recuperare consensi. A cominciare dalla solita vecchia politica delle mance pre-elettorali. È una trovata di questo tipo il cosiddetto “reddito di inclusione”, anche se – come si è scritto su queste colonne – a ben vedere stanzia per gli italiani poveri un terzo di quanto il governo ha stanziato per gli immigrati e dunque non sarà tanto facile convincere gli elettori. Ma ne vedremo altre dello stesso tipo. L’obiettivo del Pd, che di certo non può ambire a conquistare la maggioranza, è quello di essere – dopo le elezioni – indispensabile per qualunque governo e la legge elettorale deve essere funzionale a tale scopo fotografando la divisione dell’elettorato in tre blocchi. Però le elezioni regionali siciliane potrebbero essere l’incidente che destabilizza la leadership renziana e spariglia le carte. Anche perché gli oppositori di Renzi già scaldano i motori per lanciare la candidatura Minniti. Inoltre non è affatto detto che il Pd – dopo le elezioni – sia sicuramente indispensabile per mettere insieme una maggioranza di governo. In realtà ci sono delle alternative. Attenti alle sorprese. Al Pd rischiano di fare i conti senza l’oste che sarebbe l’elettorato italiano, nel quale – senza tanti ragionamenti politologici – sta crescendo una voglia matta di mandare a casa il Pd. Questa è l’aria che tira.
di Antonio Socci
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