Legami tra Coop rosse e finanza, a rischio 9 miliardi di prestito sociale

Le Coop rosse rischiano il crack. Un problema che rischia di ripercuotersi sui risparmiatori italiani che hanno finanziato il cosiddetto prestito sociale.

SUPERMERCATO COOP LOGO MARCHIO

I soci, spiega La Stampa, prestano soldi alle Coop che pagano un interesse. “Il problema è che i tassi sono inferiori ai rischi che si corrono – spiega Alessandro Pedone di Aduc, una delle associazioni di consumatori che si è occupata dell’argomento -. Se queste coop emettessero obbligazioni sul mercato dovrebbero pagare tassi due o tre volte più alti”. La colpa di tutto questo non è imputabile soltanto alla crisi dei consumi o alla concorrenza ma soprattutto allo stretto legame tra Coop e finanza e ad alcuni investimenti sbagliati con l’ingresso nell’azionariato di grandi banche come Mps e Carige. In passato già la Coop Carnica e la Coop Trieste hanno lasciato più di dieci milioni di buchi nelle tasche dei risparmiatori. Stefano Bassi, presidente dell’Associazione nazionale delle Coop di consumo, spiega, invece, che“il prestito non è raccolta pubblica di risparmio, come ha chiarito Bankitalia. È un istituto legittimo, remunerativo per i soci che soggiace ad una regolamentazione rigorosa”. “Le coop – aggiunge – non si sottraggono a eventuali nuovi confronti normativi. È intenzione delle coop procedere ulteriormente con altri strumenti sul fronte della vigilanza, controlli e garanzie”.

Tra i vincoli posti da Bankitalia vi è che il prestito sociale non può superare tre volte il patrimonio netto. È il caso della catena di controllo di Unipol i cui valori in bilancio lievitano fino a quasi cinque volte il valore in Borsa del titolo Unipol Gruppo Finanziario (Ugf), la capogruppo delle attività assicurative e bancarie. Un problema che ricade su Alleanza 3.0, la più grande coop di consumo italiana, un colosso che gestisce i supermercati Coop tra Emilia, Lombardia e Veneto. Il suo presidente Adriano Turrini si difende spiegando che “Le azioni che abbiamo in carico dirette sono a 2,5 euro, ampiamente al di sotto al valore di Borsa. Per la restante parte abbiamo azioni Finsoe, che ha un valore di carico che deriva dalla storia e dei risultati del gruppo. Ci sono le perizie di soggetti terzi, che tengono conto dei rendimenti attesi e di un premio di maggioranza”. Ma una delle perizie svolte si esclude chiaramente il valore di Borsa come base di calcolo e pone tutta un’altra serie di rilievi.

Una delle cooperative più a rischio è stata l’Unicoop Tirreno che l’anno scorso è stata salvata da un intervento “di sistema” dalle altre grandi coop che hanno sottoscritto degli “strumenti finanziari partecipativi” per 175 milioni di euro. Soldi che, però, sono stati erogati solo in parte e, ora, Unicoop Tirreno si trova nel mezzo di una complicata ristrutturazione. Ma nonostante questo la sola valorizzazione a prezzi di mercato della partecipazione Finsoe, una delle controllate di Unipol, porterebbe una nuova perdita di 113 milioni, facendo saltare il parametro Bankitalia per i 750 milioni di prestito sociale. Prima dell’allarme, il prestito sociale era arrivato a 1,4 miliardi, una corsa allo sportello, lanciata dalla stessa coop per ridurre i rischi.

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