Per undici mesi 33 milioni versati dagli italiani per aiutare i terremotati di Amatrice e dintorni sono stati congelati, ora forse verranno sbloccati e utilizzati per tutto meno che per i terremotati.
di Franco Bechis
Le donazioni furono fatte a partire dal 24 agosto 2016 attraverso sms o bonifici su un conto Mps ufficialmente per aiutare i terremotati di Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto e poi tutti quelli colpiti dalle scosse successive che hanno allargato il cratere della sventura in quattro regioni: Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria.
Per lunghissimi undici mesi nessuno si è sentito i dovere di spiegare alle centinaia di migliaia di italiani che si erano precipitati a donare i propri soldi davanti alle immagini di quella povera gente che aveva perso familiari, case, negozi, lavoro, che cosa si intendesse fare di quei soldi. La protezione civile solo mesi dopo di fronte alle prime polemiche sulle donazioni fantasma spiegò che quei fondi sarebbero stati versati in una speciale contabilità a disposizione del commissario per la ricostruzione Vasco Errani e impiegati sotto la vigilanza di uno speciale comitato di garanti.
Il fantomatico comitato si è insediato solo il 22 giugno scorso, coordinato da un dirigente del dipartimento della protezione civile (Gaetano Mignone) e composto da 7 persone, ex prefetti, ex magistrati, un ex segretario generale della giunta regionale del Lazio (Vincenzo Gagliani Caputo) e un ex parlamentare del partito comunista (Marisa Abbondanzieri). Ma solo un mese dopo è tornato a riunirsi e a vagliare i progetti presentati dalle quattro regioni per utilizzare quei fondi. Due vengono dall’Abruzzo: la messa in sicurezza del Liceo scientifico Areonautico di Corropoli in provincia di Teramo e la costruzione del centro di comunità di Capitignano, in provincia dell’Aquila. Si tratta di una sorta di edificio in grado di ospitare in emergenza la popolazione in caso di terremoto o evento catastrofico.
Tre progetti sono stati presentati dall’Umbria. Uno riguarda la “realizzazione di una rete di scuole 3.0 nei territori della Valnerina con aule interamente digitali e con laboratori multidisciplinari”. Uno la “realizzazione di centri di comunità in diversi comuni umbri”. Il terzo riguarda il “recupero e restauro di beni culturali mobili: opere di interesse artistico come i beni librari, documenti storici, dipinti, sculture, arredi, crocifissi lignei e campane”.
Il Lazio ha proposto di ricostruire tre scuole a Poggio Bustone, Collevecchio e Rivodutri. Dalle Marche sono arrivati nove progetti, e uno al momento è stato congelato nel territorio di Acquasanta terme in attesa di avere maggiori particolari. Quattro progetti riguardano l’adeguamento di edifici scolastici a Sant’Angelo di Pontano, Montalto delle Marche, Montegallo e Pieve Torina. Un altro progetto prevede la costruzione ad Arquata del Tronto “della nuova sede comunale dotata di uffici e autorimessa per i mezzi” . Uno “la realizzazione di un’area dedicata alle attività economiche a Visso”. Uno “il miglioramento della ex strada statale 238, la Valdaso”. E infine “la realizzazione di nuove sette elisuperfici attrezzate anche la volo notturno e finalizzate a interventi di protezione civili e sanitari”.
Solo meno di un euro su dieci (3 milioni su 33 milioni) furono donati dagli italiani per lo scopo dichiarato di aiutare a riportare i bambini terremotati a scuola, e si può capire il loro utilizzo per la ricostruzione di edifici a cui dovrebbe pensare lo Stato e non il cuore degli italiani. Ma nei progetti valutati queste sono la stragrande maggioranza. Incomprensibile invece l’utilizzo dei fondi sms per ricostruire una sede comunale, che dovrebbe essere realizzata a carico delle finanze pubbliche, e lo stesso può dirsi della stragrande maggioranza dei progetti per ora esaminati (i soldi sono ben lontani dall’essere stanziati). Avrebbero donato con tale generosità gli italiani se avessero avuto chiaro che non aiutavano con quei soldi i terremotati nell’emergenza, ma sostituivano lo Stato nei suoi compiti istituzionali?
Purtroppo non è la prima volta che si tratta così la generosità degli italiani. Già con il terremoto del’Emilia Romagna le donazioni private furono utilizzate per ricostruire opere essenzialmente pubbliche. Anche allora furono raccolti 33 milioni, impiegati in molti casi per ricostruire scuole. O altre opere pubbliche: 500 mila euro ad esempio per il museo della civiltà contadina di Bastiglia (Mo), 60 mila euro per il Municipio e 40 mila euro per il cimitero di Boretto (Re), oltre 1,5 milioni di euro per ricostruire un’ala dell’ospedale Ramazzini di Carpi, con le sue scale di emergenza e il pronto soccorso, 15 mila euro per la sede del comune di Cavezzo (Mo), e via così con altre ricostruzioni di padiglioni di ospedali, biblioteche comunali ed altri edifici che sarebbero dovuti essere totalmente a carico delle finanze pubbliche.
Franco Bechis – – – limbeccata.it