Condanne tra i sei anni e mezzo e i sette anni e mezzo sono state chieste dall’accusa nei confronti di nove militanti di Casapound imputati di resistenza aggravata dalle lesioni nel processo in corso a Roma per gli scontri avvenuti il 17 luglio 2015 a Casale San Nicola nell’ambito di una protesta contro l’apertura di un centro di accoglienza nel comprensorio che ospita solo 250 famiglie. Gli incidenti arrivarono al termine di tre mesi di presidio pacifico dei residenti, che, con l’aiuto dei militanti di Cpi, bloccarono l’accesso alla struttura con un sit permanente.
Casapound – scrive il Messaggero – parla di «caso politico» e di «richieste esorbitanti» della procura e accusa:
«Dopo il successo elettorale e i 5mila partecipanti alla manifestazione contro lo ius soli a Roma, i poteri forti ci scatenano contro la magistratura più ideologizzata». Secondo il movimento, «il pm, oltre a negare perfino le attenuanti generiche e incurante delle numerose testimonianze contrarie dei residenti, ha prodotto una ricostruzione tutta tesa a dimostrare che Casapound non era lì per dare sostegno alla legittima protesta popolare, ma per portare a compimento un preordinato attacco alla polizia – sottolinea il movimento – Una ricostruzione assurda e smentita dalla nostra presenza senza soluzione di continuità al presidio di Casale San Nicola dal primo all’ultimo giorno senza defezioni».