Non ci resta che il golpe?

In altri tempi la gente avrebbe invocato la dittatura. Ma, si diciamo la parola impronunciabile, dittatura.

 

di Marcello Veneziani

Quando la politica dà quello spettacolo di sé, incapace non solo di decidere e di governare ma perfino di accordarsi sulle regole di base che precedono le decisioni e la governabilità, quando la priorità assoluta che ispira il Parlamento è strappare altre sei, sette mensilità di stipendio, risale quella parolina oscena.

Dittatura, a tempo. Fino a poco tempo fa tanti avrebbero invocato il golpe, i colonnelli, il duce…

Mi ricordo da ragazzo, mezza Italia temeva il golpe, mezza Italia lo auspicava. E la situazione era brutta, ma ora è peggio. Oggi, invece, il popolo si abbandona ai lazzi, ai rutti, alle pernacchie. O alla loro variante, i grillini.

È vero, ci vorrebbe qualcuno che prendesse le decisioni indipendentemente da tutto e tutti, e non per restare al potere, compiacendo poteri forti, elettori rozzi, partiti arpie, parlamentari avvitati su sé stessi; ma qualcuno al di sopra delle parti che rispondesse alla storia, al bene comune, all’amor patrio.

Qualcuno che riformasse sul serio il paese senza dover passare da nessuna gabbia, ricatto o sabbia mobile. Perché quella che dovrebbe essere la garanzia democratica, ovvero l’equilibrio e la divisione dei poteri, la dialettica tra consenso e dissenso, è diventata solo un modo per affossare ogni cosa, far fallire tutto.

Ma sappiamo pure che dittatori non ce ne sono in giro, di capaci e affidabili tantomeno, e il prezzo delle dittature di solito è troppo salato su altri piani. Allora, come scriveva Longanesi, per mancanza di dittatore si replica la democrazia. La democrazia è un ripiego, ma fino a ieri perlomeno garantiva una mediocre sopravvivenza, ora manco quella.

In un Paese come il nostro non ci vorrebbe poi un solo dittatore, che da solo finirebbe male, ma un dittatore primo circondato da un centinaio di dittatori, uno per ogni settore della vita pubblica, con pieni poteri. Però se non se ne trova uno buono, figuratevi cento.

Allora c’è chi ricorre alle protesi, e Berlusconi dopo aver denunciato i golpe contro di lui, eletto dal popolo, indica ora un “dittatore soft”, piovuto direttamente dal cuore dell’eurocrazia, il governatore della Banca Centrale Drago Draghi. Siamo alla variante Monti, quella che sostituì Berlusca al governo.

Ma il problema dei governi traballanti non è purtroppo solo italiano: vedete cosa succede a Londra, cosa è successo a Madrid, Vienna e pure a Berlino con la Grosse Koalition, cosa succederà probabilmente a Parigi, e persino negli Stati Uniti, dove vogliono fermare Trump, eletto dal popolo, e tirano il freno d’emergenza dell’impeachement.

Di golpe bianchi è piena la storia recente della nostra democrazia, elezioni falsate, ripetute a comando, ribaltate nei loro risultati; o regolari ma con esito finale di assoluta ingovernabilità. Partiti di massa che spariscono al turno successivo, leader osannati e poi vituperati nel giro di sei mesi…

Non escludo che il processo sia pilotato o quantomeno favorito da chi vuol indebolire la sovranità politica, ridurla a pappetta di coalizione per lasciare poi le decisioni vere altrove, ai tecnocrati, alla finanza, alle troike. Dittature bianche nell’interesse dei gruppi dominanti.

La democrazia è sotto scacco ovunque, non funziona, mostra le sue crepe. Anzi sta crepando, e noi ci limitiamo a godere lo spettacolo: Montecitorio ridotto al Colosseo coi gladiatori che si sbranano a morsi e si spingono a vicenda nelle fauci dei leoni.

Marcello Veneziani –  Il Tempo 10 giugno 2017