- “Secondo questa dottrina [Targhib wal tarhib, “adescare e terrorizzare”] l’uso del terrore è un obbligo disciplinato dalla sharia.” – Salman Al Awda, sceicco musulmano, nel programma televisivo “La sharia e la vita” di Al Jazeera.
- Il tarhib o le azioni volte a “terrorizzare” auspica punizioni esemplari contro coloro che non adempiono ai dettami dell’Islam. Ecco perché paesi musulmani come l’Arabia Saudita e l’Iran, ed entità come l’Isis, eseguono volutamente decapitazioni, flagellazioni e amputazioni in piazza come fossero cerimonie.
- Nei territori conquistati, il jihad islamico conta sul fatto che le popolazioni finiscono per arrendersi, rassegnarsi e accettare il terrorismo come parte della vita, come se fosse una catastrofe naturale simile a un terremoto o a un’alluvione.
Dopo gli attentati terroristici, spesso ci sentiamo dire dai media e dai politici occidentali che dobbiamo accettare gli attacchi terroristici come la “nuova normalità“.
Per i cittadini occidentali, questa espressione è pericolosa.
La dottrina islamica del jihad, della conquista e della dawah (la propaganda islamica, il proselitismo) dipende fortemente dal terrore e dalla seduzione. Targhib wal tarhib è una dottrina islamica che significa “sedurre (adescare) e terrorizzare”, come strumento della dawah per conquistare le nazioni e costringere le loro popolazioni a sottomettersi alla legge islamica della sharia. Il suo obiettivo è quello di manipolare le parti istintive del cervello esercitando pressioni contrarie che alternano piacere e dolore – ricompensa e poi punizione – al fine di indottrinare la gente al rispetto dell’Islam.
I musulmani normali in genere non sono a conoscenza di questa dottrina, ma sono stati scritti dei libri islamici su questo argomento. Predicatori di spicco come Salman Al Awda ne hanno discusso su Al Jazeera. In un programma dal titolo “La sharia e la vita”, Al Awda ha raccomandato di ricorrere a misure estreme “per ingigantire (…) la ricompensa e la punizione, moralmente e materialmente (…) in entrambe le direzioni”. “Secondo questa dottrina,” egli ha detto, “l’uso del terrore è un obbligo disciplinato dalla sharia”.
Gli occidentali credono che i jihadisti islamici perpetrino la violenza terroristica sui non musulmani e in genere è così. Ma il terrore è anche il mezzo per garantirne il rispetto in seno all’Islam. Secondo la legge islamica, i jihadisti che si sottraggono al jihad devono essere uccisi. Il terrore è pertanto la minaccia che induce i jihadisti a compiere le missioni e che costringe gli altri musulmani a rispettare la sharia.
Un corso online per reclutare jihadisti contiene questa descrizione:
“La Dawa individuale presuppone che si suscitino reazioni emotive nelle reclute (e che si costruisca un rapporto personale). L’approccio di Abu ‘Amr illustra un concetto di reclutamento chiamato al-targhib wa’l-tarhib, che è la tecnica della carota e del bastone che esalta i meriti dell’azione, spiegando al contempo le terribili conseguenze della mancanza di azione. Il concetto è stato introdotto nel Corano ed è stato oggetto di discussioni da parte di numerosi pensatori islamici per stabilire quale fosse il modo migliore per far sì che la gente si avvicini all’Islam (molti studiosi hanno scritto libri dal titolo al-targhib wa’l-tarhib). Secondo Abu ‘Amr, i reclutatori dovrebbero applicare il concetto durante il processo di reclutamento, sottolineando i benefici dell’azione nella fase iniziale del processo e le conseguenze della mancanza di azione nella fase successiva”.
In altre parole, i reclutatori di jihadisti devono iniziare con l’evidenziare dapprima “le cose buone”, “l’esca” – la gloria futura, la supremazia e l’appagamento di desideri lascivi, come le vergini in paradiso. Successivamente, essi devono minacciare le reclute, azionando le leve del “terrore” e della vergogna, come conseguenze della mancata partecipazione al jihad.
Il tarhib o le azioni volte a “terrorizzare” auspica punizioni esemplari contro coloro che non adempiono ai dettami dell’Islam. Ecco perché paesi musulmani come l’Arabia Saudita e l’Iran, ed entità come l’Isis, eseguono volutamente decapitazioni, flagellazioni e amputazioni in piazza come fossero cerimonie. Paesi come l’Egitto, la Giordania e la Turchia sono più discreti, ma tollerano e avallano i delitti d’onore; l’uccisione degli apostati, le violenze alle donne e ai bambini, le torture e gli omicidi nelle loro prigioni. La dottrina del targhib e tarhib è viva e vegeta, non solo nelle teocrazie islamiche, ma anche nei cosiddetti paesi musulmani “moderati”.
L’Islam fin dagli albori ha utilizzato queste tecniche di lavaggio del cervello che alternano “piacere e dolore” e le punizioni pubbliche crudeli e spettacolari. Se la Bibbia – la tradizione giudaico-cristiana occidentale – è in armonia con la natura umana e nutre buoni sentimenti, l’Islam fa il contrario: utilizza gli istinti umani di autoconservazione e sopravvivenza per piegare la volontà della gente e indottrinarla all’obbedienza servile.
Quando vivevo in Egitto, non ero a conoscenza – come la maggioranza dei musulmani – di questa dottrina islamica. Ma ho avvertito l’impatto di questa dottrina nella mia vita, perché permea ogni aspetto della cultura islamica: la predicazione, le relazioni familiari, il funzionamento dei governi e il modo in cui le autorità trattano le loro popolazioni.
La dottrina islamica basata sulla “seduzione e il terrore” ha generato una cultura degli estremi tossici: la diffidenza e la paura, l’orgoglio e la vergogna, l’autorizzazione a mentire (“taqiyya“) e il rifiuto di assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Avendo vissuto gran parte della mia vita sotto un regime islamico, mi duole dire che coloro che l’Occidente chiama “musulmani moderati” sono spesso dei cittadini che hanno imparato a convivere con il terrorismo e ad accettarlo come normale. Per secoli, molti hanno giustificato il terrorismo, condannato le vittime del terrore, sono rimasti in silenzio o hanno mantenuto una posizione ambigua, e si sono perfino compromessi con i terroristi per sopravvivere. La cultura e la società islamica in cui ho vissuto facevano finta di non vedere quando le donne erano picchiate. Se le donne venivano assassinate in nome dell’onore, la domanda era “che cosa ha fatto?” e non “come è potuto accadere?” Quando i cristiani venivano uccisi e perseguitati dai musulmani, erano numerosi quelli che addossavano ai cristiani la colpa delle loro stesse persecuzioni ad opera dei musulmani. La normale risposta islamica al terrore è diventata: “Non sono fatti miei”.
E adesso la dottrina islamica del Targhib wal Tarhib si è spostata in Occidente e mira a cambiare la cultura umanistica occidentale. Il rispetto dei diritti umani, la solidarietà verso gli altri, i valori della libertà e della pace devono essere rimpiazzati da altri valori come la schiavitù, il terrore, la tirannia e la paura.
Nei territori conquistati, il jihad islamico conta sul fatto che le popolazioni finiscono per arrendersi, rassegnarsi e accettare il terrorismo come parte della vita, come se fosse una catastrofe naturale simile a un terremoto o a un’alluvione.
La dottrina islamica del Targhib wal Tarhib non ci ha messo molto ad agire sulla psiche dei leader e dei media occidentali, che ora ci dicono di convivere con il terrorismo e accettarlo come un fatto di “nuova normalità”. L’Islam conta di trasformare tutti in musulmani “moderati” che finiranno per fare finta di niente quando il terrorismo colpirà le persone che hanno accanto.