L’illusione delle elezioni in Francia

L’elezione alla presidenza di Francia del filo-europeo Macron, figlio vero del sistema bancario e delle forze della globalizzazione, ha impedito l’attivazione automatica delle procedure di decomposizione dell’Unione europea che si trova sotto il controllo tedesco, mentre ha creato un’ incredibile illusione nei circoli burocratici di Bruxelles riguardante le prospettive della sua longevità.
Tuttavia, una lettura approfondita dei risultati delle elezioni presidenziali francesi non lascia dubbi. Una parte importante – precisamente il 34% – del popolo francese, il quale -deve essere sottolineato- ha sofferto molto meno di altri popoli dell’Eurozona e dell’Unione europea dalle politiche neoliberistiche estreme di austerità selvaggia, ha espresso al secondo turno la sua avversione verso la costruzione europea antidemocratica e burocratica.

E questo è avvenuto attraverso una costruzione politica dell’ estrema destra, con un passato razzista che per anni si trovava sul margine del sistema politico francese. Se Mélenchon, l’anti-europeo di sinistra che non provoca nessuna paura ai francesi, fosse riuscito di passare al secondo turno, l’elezione di Macron non sarebbe stata affatto sicura se prendiamo in considerazione che il 50% degli elettori francesi ha votato in modo euroscettico nel primo turno delle elezioni.

In ogni caso l’Unione europea sembra ora una donna affetta da una malattia incurabile per la quale i medici prevedono un periodo di sopravvivenza di cinque anni e ciò perché in nessun caso l’Unione europea non può esistere senza la Francia. È certo però che le politiche impopolari neo-liberistiche che Macron attuerà e che saranno dettate da Bruxelles e fondamentalmente da Berlino, svaluteranno i diritti sociali e dei lavoratori dei francesi e genereranno la loro legittima collera.

Così, nelle elezioni presidenziali francesi del 2022, e in caso che non ci sia stato nel frattempo un grave problema per l’economia italiana – tormentata dall’euro – le forze politiche che faranno saltare in aria l’Unione europea, che non acquisirà mai un aspetto democratico e sociale, sicuramente invertiranno il risultato elettorale d’oggi e vinceranno con un’ampia maggioranza.

I tedeschi, ovviamente, hanno oggi ogni ragione di rallegrarsi e di festeggiare per l’elezione di Macron che aiuterà -sebbene temporaneamente- la zona euro e l’Unione europea, di cui i tedeschi sono quelli che ne sono approfittati per lo più mentre la maggior parte degli altri paesi si sta peggiorando. L’avanzo commerciale tedesco, un fenomeno strutturale e non solo semplicemente congiunturale è certamente dovuto all’elevata competitività dell’economia tedesca, ma è anche fortemente rafforzato dal meccanismo di funzionamento dell’euro poiché la moneta comune non consente ai paesi deficitari della zona euro di svalutare la moneta propria, un fatto che li condanna a un circolo vizioso di bassa competitività e deficit persistenti.

L’avanzo commerciale della Germania dopo l’adozione dell’euro ha seguito una tendenza crescente frenetica. Così, nel 2016, ha raggiunto un livello storico di 252,9 miliardi di euro, secondo le statistiche ufficiali dell’ufficio statistico tedesco, quando l’avanzo commerciale di tutta l’area dell’euro per lo stesso anno era pari a 273,9 miliardi di euro. La Germania produce il 92,33% dell’avanzo commerciale complessivo nella zona euro!

Durante lo stesso periodo il deficit commerciale della Francia -ad eccezione di alcuni anni-, presenta generalmente una tendenza all’aumento. Pertanto, nel 2016, secondo un annuncio doganale francese, esso era pari a 48,1 miliardi di euro e la quota di mercato della Francia nell’area dell’euro ha registrato una riduzione considerabile: dal 17% nel 2000 al 13,6% nel 2015 e al 13,4% nel 2016, mentre il deficit commerciale dell’anno 2015 è stato di 45,0 miliardi di euro.

L’economia francese, allo stesso tempo, deve affrontare ancora altri gravi problemi. Pertanto, il debito pubblico è in continua espansione e ora sta vicino al 100% del PIL. La disoccupazione che colpisce particolarmente i giovani di età inferiore ai 25 anni – quasi uno sui quattro è disoccupato – è stata del 10% della forza lavoro alla fine del 2016, confermando perfettamente gli sforzi falliti del presidente Olland alla sua riduzione. Allo stesso tempo, la Germania ha un tasso di occupazione molto elevato, poiché la disoccupazione è storicamente bassa, non superando il 3,9% della forza lavoro.
15 anni fa, la Francia e la Germania avevano uno standard di vita simile. Ma oggi i tedeschi sono 20% più ricchi, mentre tutte e due le economie avevano accolto l’euro nel 2002 con una disoccupazione di circa l’8% della forza lavoro.

Così, anche se Macron sorprendesse tutti- un fatto che certamente non succederà-e decidesse sulla base del peso specifico della Francia come il secondo potere economico dell’area dell’euro- di insistere risolutamente su un’inversione di rotta dell’Unione europea e della zona euro che avrebbe sicuramente favorito l’economia francese e, inoltre, le economie bisognose degli altri paesi del Sud Europa, troverebbe per sicuro di fronte a lui una parete enorme e potente, cioè la rigida e immutabile posizione della Germania. Questo perché i tedeschi – chiunque sia al comando del loro paese – non accetteranno mai il rilassamento dell’austerità e delle regole “sacre” della disciplina di bilancio. I tedeschi -è stato più che evidente per anni- vogliono usare l’eurozona a loro vantaggio e a discapito di tutti gli altri, e non potrebbero neanche pensare di tornare volontariamente alla loro moneta nazionale, il marco, perché ciò avrebbe portato al crollo delle loro esportazioni. I tedeschi vogliono guadagnare sempre di più, preservando la zona euro così com’è e non gli importa se gli altri popoli perdono o vengono addirittura distrutti, come avviene per i greci.

Dunque, in questa Unione europea con la dominazione dalla Germania, il concetto di solidarietà e di mutuo sostegno non solo non esiste ma è anche stato gettata via come una spazzatura nel cestino. È dunque evidente che la realtà non è una dichiarazione di grandi principi, come loro registrati nelle convenzioni fondatrici della CEE di allora, ma è crudele e inesorabile. Così, l’unione di economie potenti e impotenti e la loro tenuta attraverso l’euro si è già dimostrato un errore criminale.

In conclusione, le elezioni presidenziali francesi non scuoteranno i generosamente retribuiti burocrati a Bruxelles, neanche i capi politici di Berlino che rilasciati alla loro beatitudine e arroganza continueranno a imporre ai paesi dell’Unione europea politiche di un’austerità estremista, neoliberalista e selvaggia che impoveriscono e affamano i popoli.

Isidoros Karderinis

Isidoros Karderinis è nato ad Atene nel 1967. È romanziere, poeta e colonnista. Ha studiato economia e ha completato studi post-laurea in economia turistica. I suoi articoli sono stati ripubblicati in giornali, riviste e siti in tutto il mondo. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese e spagnolo e stati pubblicati in riviste letterarie e in pagine letterarie dei giornali. Ha pubblicato sette libri di poesia e due romanzi. Cinque di questi sono stati pubblicati negli USA e in Gran Bretagna.