di Cesare Sacchetti
LIBERO – 10 maggio 2017
In Germania sta prendendo piede un nuovo diritto penale, quello in base al quale un reato è da considerarsi tale solo in relazione alle tradizioni culturali della persona che lo commette. È quello che è accaduto nella cittadella di Brandeburgo sulla Havel dove – come riporta il Märkische Allgemeine – una donna tedesca è stata violentata da uno spacciatore di droga turco di 23 anni. I fatti risalgono all’agosto del 2016 quando la donna si recò nell’appartamento dello spacciatore per comprare della droga. Dopo l’acquisto degli stupefacenti, il giovane turco aveva manifestato l’intenzione di consumare un rapporto sessuale con la vittima. Ma la signorina G. (l’iniziale del cognome della donna) aveva chiaramente espresso il suo rifiuto allo spacciatore che ha deciso di passare alle maniere forti dopo il respingimento delle sue avance. Ha afferrato la vittima per un braccio e l’ha scaraventata sul letto. La donna ha iniziato ad urlare e incitava lo stupratore a interrompere quello che stava facendo.
Il giovane non solo non si è fermato ma l’ha sbattuta contro la spalliera del letto per poi incastrare la testa della donna tra le sbarre metalliche. La vittima ha continuato a dimenarsi per interrompere la violenza, e ha graffiato la schiena dello stupratore per difendersi. L’incubo è durato 4 ore, e si è interrotto solo perché lo spacciatore ha ricevuto una chiamata e ha dovuto lasciare l’appartamento per altri impegni. Sulla ricostruzione della vicenda, non ci sono dubbi. Il giudice della Corte di Brandeburgo sulla Havel ha creduto alla versione della donna, e lo ha ribadito nel dibattimento processuale: «Credo ad ogni parola della signorina G».
Ma non è bastato per infliggere una condanna allo stupratore. Per il giudice, quanto avvenuto ha due diverse letture: da un lato la versione della donna vittima di stupro riconosciuta come vera; dall’altra quella dell’imputato secondo il quale non si è trattato di uno stupro, ma di «sesso selvaggio» consumato in «maniera amichevole». Per la Corte, non conta la violenza subita e il reato, ma il fatto che lo stupratore ha pensato in quel momento di avere il consenso della vittima nonostante questa lo incitasse a smettere.
A giustificazione del pensiero dell’imputato, c’è la mentalità presente nel «circolo culturale turco» per la quale sostiene il giudice – lo stupro non è tale, ma piuttosto è una forma di «sesso selvaggio». Quindi il reato penale non si è manifestato perché lo stupratore ha pensato che non ci fosse alcuna violenza, e questo è sufficiente per provare la mancanza di intenzionalità. La Corte di Brandeburgo sulla Havel ha pertanto ritenuto di rilasciare lo spacciatore anche se ha riconosciuto che è un «duro colpo» per la vittima.
Una sentenza che farà sicuramente discutere soprattutto per le motivazioni di ragione culturale addotte per giustificare lo stupro. Le statistiche rivelano che i casi di condanne penali continuano a calare in Germania. Secondo uno studio pubblicato dall’Istituto di Ricerca Criminale della bassa Sassonia nel 2012, solamente l’8,4% dei casi denunciati di violenze sessuali hanno portato poi alla condanna degli stupratori. Anche in Svezia a Hovrätten recentemente si è verificato un caso simile, dove uno stupratore iracheno è stato rilasciato perché «non in grado di capire e interagire con altre persone». Nelle corti europee le tradizioni culturali dello stupratore o la sua volontà sembrano sufficienti a giustificare le loro violenze.