I carabinieri che si sono salvati dal crollo del viadotto a Fossano hanno sentito degli scricchiolii e hanno fatto in tempo a evitare il peggio. Ma tra scosse di terremoto, ponti che collassano e palazzine che vengono giù aumenta la paura degli italiani per le conseguenze di eventi naturali o in qualche modo determinati dell’uomo, scatenando una vera e propria eventofobia.
“La natura che si rivolta è uno dei fenomeni più allarmanti per l’essere umano perché ci fa capire quello che noi temiamo: l’imprevedibilità della vita, l’assenza totale del controllo della vita – dice all’Adnkronos la dottoressa Paola Vinciguerra, psicoterapeuta e presidente dell’Eurodap – Invece gli esseri umani impostano la loro vita sul controllo, sulle sicurezze, il posto sicuro, la sicurezza rispetto alla malattia, perché è una modalità con la quale noi cerchiamo di rassicurare il nostro stato d’ansia profondo proprio rispetto al fatto che la vita è precaria”.
“Quando è la natura che ci porta lo sconquassamento – sottolinea – noi abbiamo la sensazione di essere piccoli, indifesi e senza armi e quindi il livello di ansia tende ad esplodere con l’aumento del meccanismo di controllo: quindi tendiamo ad evitare, a non partire, a metterci nei posti dove apparentemente ci sentiamo sicuri, perché dobbiamo cercare di tranquillizzare il nostro stato d’allarme”.
Ma “questo nella realtà non ci farà sentire che deboli rispetto all’idea dell’imprevedibilità della vita e quindi paradossalmente a farci sentire ancora più minacciati”. Ecco allora che “la minima cosa crea il sobbalzo, la voglia di fuggire, perché l’adrenalina si alza e quindi mette in moto un atteggiamento di riparo dall’evento minaccioso con un atteggiamento di attacco di fuga”.
Per quanto riguarda invece gli eventi non naturali, “lì paradossalmente abbiamo meno ansia – spiega la psicoterapeuta – perché troviamo la responsabilità, quindi il fattore imprevedibilità è meno imponente, anche se poi questo ci crea l’allarme più esteso al concetto della mancanza di protezione da parte dello Stato e quindi crea uno stato d’animo molto spesso di rabbia, più che di ansia rispetto alla paura che mi crolli la casa perché non hanno verificato bene che i lavori siano fatti a regola d’arte”. In questo caso “c’è l’individuazione del colpevole, del responsabile e questo genera una sorta di rabbia rispetto alla sensazione di avere uno Stato che non ci protegge”.
“Quello che dobbiamo fare è accettare l’imprevedibilità della vita – dice Vinciguerra – Più io controllo, più evito, più cerco di mettermi al riparo, più mi sentirò debole e fragile rispetto alla consapevolezza che comunque c’è un’imprevedibilità e più il concetto di imprevedibilità mi metterà paura. Quello che possiamo fare è tutto un altro tipo di lavoro: accettare l’imprevedibilità della vita e godere del momento che noi viviamo”. ADNKRONOS