La deriva autoritaria e antieuropea del neo-Sultano Erdogan

di Alexandre Del Valle

Le divisioni comunitariste proprie della Turchia si sono chiaramente manifestate all’atto degli incidenti in occasione dell‘incontro di calcio Lyon-Besiktas. Non bisogna dissociarle dall’aumento di potere di Erdogan. Perché é l’Europa, più che il suo paese, ad essere minacciata dal suo referendum.

Votando sì alla revisione costituzionale, gli elettori turchi avanzano verso un nuovo regime iper-presidenziale che conferisce quasi pieni poteri al nuovo Sultano foriero di una sintesi islamo-nazionalista .

Erdogan persegue così un triplice obiettivo:

  • Il completamento di ciò che egli stesso chiama “cambiamento di civilizzazione” nel suo paese che, rompendo con la democrazia liberale e l’Occidente “miscredente”, diventerà una Turchia autoritaria, islamica, neo-ottomana e riconciliata con la sua cultura medio-orientale;
  • rimanere al potere fino al 2024 ed essere il leader turco che ha governato più a lungo in Turchia, al fine di detronizzare Ataturk, il padre della Turchia nazionalista moderna, del quale ha gradualmente smantellato tutte le strutture laiche in nome delle riforme europee.
  • impadronirsi dei pieni poteri, compreso quello giudiziario per bloccare in modo permanente le indagini sul suo coinvolgimento (e quello di suo figlio e diversi ministri dell’ AKP) in gravi casi di corruzione.

Ricordiamo che queste indagini sono effettuate da giudici e ufficiali di polizia legati al movimento di Fethullah Gulen, già suo alleato politico, che ha cercato di decapitare nel 2013 e  vendicato tentando un colpo di stato nel luglio 2016 .

Il fenomeno dell’Erdogan-autoritario, che è parso deludere e sorprendere diverse anime europee democratiche, non é comunque una novità. Già nel giugno 2013, quando violenti scontri opposero le forze di sicurezza turche ai manifestanti laici e di destra che denunciavano un progetto di riqualificazione urbana di Istanbul mirato a distruggere il parco Gezi in Piazza Taksim (luogo simbolo dei raduni dei democratici e delle minoranze) per costruire al suo posto copia di una vecchia “caserma ottomana”, l’opposizione laica e progressista, fatta poi bersaglio di più di 2.000 arresti, ha denunciato la deriva autoritaria di Erdogan sospettato di perseguire da anni la sua “agenda nascosta” islamista. Accusato non solo di autoritarismo, ma anche di megalomania, Erdogan nell’ottobre 2014 ha inaugurato il suo palazzo presidenziale imperiale di 200.000 metri quadrati in stile “neo-selgiuchide” concepito per ricordare la “grandezza del sultanato nel califfato ottomano” costato ai contribuenti turchi 500 milioni di euro. Fin dal momento della sua ascesa al potere supremo nei primi anni 2000, il presidente turco non ha mai nascosto il suo desiderio di diventare l’equivalente moderno di un neo-sultano-califfo, e neppure la sua intenzione di rivedere la Costituzione turca per auto-attribuirsi un potere assoluto.

Ciò riguarda in primo luogo l’Europa

Al di là della posta in gioco cruciale per la sua credibilità e la leadership nazionale e internazionale, la questione riguarda l’Unione europea, per almeno due ragioni.
In primo luogo, perché le derive antidemocratiche e le repressioni registrate nelle “rappresaglie” per il fallito colpo di stato di luglio (140.000 dipendenti esclusi dall’Amministrazione, tra cui 40.000 in carcere: 55 deputati oggetto di procedimenti giudiziari, 130 giornalisti imprigionati; stato d’emergenza permanente; soppressione del partito filo-curdo HDP e di tutti gli oppositori; bombardamento delle aree curde; arresti di migliaia di insegnanti, giudici, attivisti dei diritti umani, militari, etc.), hanno finito col persuadere la maggior parte dei paesi membri dell’Unione europea che l’adesione della Turchia all’Unione europea  sempre più improbabile, se non impossibile.
In secondo luogo, perché la Turchia del sultano neo-ottomano Erdogan si comporta sempre più come protettiva della minoranza turca in Iraq, in Siria, a Cipro, nei Balcani, e anche in Europa, dove negli ultimi tempi ha tentato di mobilitare i turchi e i loro discendenti perché votassero massicciamente per lui in occasione del referendum, sapendo che gli elettori turchi potenzialmente a lui favorevoli nell’UE superano il milione e mezzo; il che può fare la differenza in caso di voto incerto.
in questo contesto di campagna elettorale che è stata innescata, già da alcune settimane, la peggiore crisi tra la Turchia moderna e l’Europa, in cui alle personalità e ai ministri turchi pro-Erdogan, venuti a predicare (in Germania, Austria, Svezia e Olanda) il sì al referendum sui pieni poteri di Erdogan, è stato vietato il soggiorno e la parola o sono stati ricondotti alla frontiera dopo l’annullamento degli incontri.

La rabbia del Grande Turco

Frustrato per il fatto di non poter mobilitare i suoi elettori turchi europei, per lo più pro-islamisti, il 7 Marzo 2017, l’uomo forte dell’AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo, islamista-nazionalista) al potere dal 2002, ha risposto alle limitazioni europee ritenute “anti-turche” con l’invettiva, l’insulto, le esagerazioni e le minacce ( «più nessun europeo potrà più uscire in sicurezza per le strade» )….

Egli ha accusato il cancelliere tedesco Angela Merkel (peraltro la più conciliante nei suoi confronti fin dall’accordo sui rifugiati siriani) di “comportarsi come i nazisti” e di “insultare la Turchia”. Allo stesso modo, quando al ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu – che veniva a perorare in seno alla diaspora turca il Sì per il referendum del 16 aprile – è stato vietato di parlare in Olanda e poi è stato espulso dal paese il 13 marzo 2017, Erdogan ha risposto con la stessa violenza con dichiarazioni anti-occidentali accusando l’Olanda di “comportamenti nazisti”, “razzisti” e “islamofobi” e di essere la “capitale del fascismo”, avvertendo che gli olandesi “ne avrebbero pagato il prezzo” …

Angela Merkel che (contrariamente alla Francia di Francois Hollande) ha espresso la sua solidarietà a L’Aia, che il 18 marzo ha autorizzato le manifestazioni curde pro PKK, si è vista contestare da Erdogan che l’ha apostrofata: “sei di nuovo ricorsa a comportamenti nazisti” e l’ha poi accusata di “sostenere i terroristi” (cioé i separatisti curdi che hanno trovato rifugio in Germania). Ancor più, l’irascibile neo-Sultano ha chiesto senza mezzi termini ai turchi e musulmani europei di acquistare “belle auto” di “fare molti figli”, e di restare musulmani per diventare ancora più potenti in Europa, un “continente in decomposizione”…
Eppure, sappiamo che l’uomo che accusa la Vecchia Europa di essere “nazista”, “razzista” contro i musulmani o “fascista” è il protagonista, a partire dalla metà degli anni 2000, di un radicalismo politico di tipo particolare: il “National-islamismo”, che sistematicamente acquisisce dalla doxa di estrema destra più caricaturale : complottismo, xenofobia, antisemitismo, cristianofobia, odio per l’Occidente e per i curdi. Inoltre, non ricorderemo mai abbastanza che il partito di Erdogan è l’alleato politico del partito neo-fascista turco MHP (Partito Nazionalista d’Azione, politicamente favorevole ai molto violenti lupi grigi).

Chiaramente, l’attacco alla vecchia Europa post-totalitaria di cui conosce le pecche (colpevolezza), è parte di una accusa-rovesciata, tipica della disinformazione e della guerra psicologica. tempo che gli europei siano più fermi, richiamino i loro ambasciatori alla minima provocazione ed esigano scuse da parte di Ankara, come Vladimir Putin, che ha saputo farsi rispettare da Erdogan dopo la crisi degli aerei russi abbattuti dall’aviazione turca al confine con la Siria nel novembre 2015. Da allora, mentre il sultano rispetta lo zar russo che gli ha resistito, disprezza la cancelliera tedesca che si è prostrata a lui diverse volte e non è stata ripagata con la stessa moneta per la sua materna pazienza ….
La crisi euro-turca sul referendum e sugli incontri pro-Erdogan vietati in diversi paesi europei ha rivelato la divisione e la vulnerabilità dell’Unione europea, insultata a livelli intollerabili da parte del presidente turco, ma incapace di reagire solidalmente e sottomessa al racket-ricattatorio sui rifugiati – che Ankara minaccia di lasciar passare illegalmente verso i nostri paesi se gli europei non si sottomettono alle esigenze turche sull’adesione e sui visti -.

Oltre a ciò, ci siamo resi conto di quanto la Turchia neo-islamista di Erdogan dal 2000 abbia rafforzato la sua influenza sulle minoranze politico-religiose e culturali turche in Europa. Questo fenomeno è molto inquietante, perchè l’obiettivo di Recep Taiyyp Erdogan non é altro che quello di evitare l’integrazione dei turchi in Europa e in generale dei musulmani, dei quali sostiene la paranoia (il tema dell’islamofobia) e che vuole mantenere come soggetti e elementi-cardine dell’estensione dell’influenza strategica del suo paese al di là dei suoi confini; il che non è altro che imperialismo geopolitico e di civilizzazione.

Le basi per la conquista islamica dell’Europa e della Francia

In questo contesto di ingerenza turco-islamica in Europa che il franco-turco Ahmet Ogras, attuale vice presidente del Consiglio francese del culto musulmano (CFCM) e presidente del comitato di coordinamento dei musulmani turchi in Francia (CCMTF) sta per diventare il presidente del CFCM, la suprema autorità dell’islam in Francia, succedendo al marocchino Anwar Kbibech. Ricordiamo per la cronaca, per capire chi è Ogras, che egli sostiene l’obbligo del velo per le donne musulmane e ha tacciato da “malato” Manuel Valls nell’estate del 2016, quando l’ex ministro aveva denunciato il velo islamico e il burka. Proprietario di un’agenzia di viaggi specializzata sulla Turchia, Ahmet Ogras è sposato con la cugina della moglie del presidente turco Erdogan e suo fratello Ali Chasal, impiegato presso il palazzo presidenziale di Ankara al servizio di Erdogan… Ahmet Ogras, più conosciuto per il suo nazionalismo pro-Erdogan che per la sua competenza teologica, è stato anche l’uomo di Erdogan in Europa all’interno dell’Unione dei democratici turchi europei (UETD) ramo di AKP al potere ad Ankara. Non ha mai cessato di fare pubblicamente l’apologia di Recep T. Erdogan come “grande democratico”, e ha anche scritto su Twitter: “siamo tutti soldati di Erdogan” … In realtà, Ogras è stato messo a capo di CCMTF di Ankara nel quadro della strategia offensiva di infiltrazione tendente a rimuovere il suo predecessore, Haidar Demirhurek, ritenuto ostile a Erdogan. Da allora egli è divenuto il tramite dell’influenza comunitaria della DITIB, la struttura pilotata dal governo turco per la gestione delle comunità musulmane turche in Europa.

Mentre l’Austria (anch’essa ricoperta di violenti invettive da parte di Ankara e di Erdogan) ha deciso da due anni di riprendere in mano la gestione delle sue moschee centri islamici e centri educativi musulmani, vietando soprattutto l’intromissione di paesi come la Turchia o quelli del Golfo, troppo ostili all’integrazione, la Francia ha nel frattempo lasciato che Ankara e l’islamismo sovversivo estendessero la loro presa sulle comunità turche sunnite. Proprio come la Francia di Francois Hollande ha rifiutato di mostrarsi solidale con i paesi europei recentemente minacciati e insultati da Erdogan e ha persino autorizzato il Ministro degli esteri turco e altri funzionari di Erdogan a partecipare a comizi elettorali in favore della riforma autoritaria della costituzione turca, la stessa Francia si prepara a consegnare non solo i suoi francesi di origine turca, ma tutti i suoi cittadini musulmani e l’Islam di Francia alle autoritàturche pro-AKP di cui un fedele di Erdogan tra breve prenderà il controllo secondo una strategia neo-ottomana di ingerenza teocratica che la Turchia non tollererebbe mai in senso inverso.

Basta ricordare che lo Stato turco costringe i (pochi) sacerdoti turchi a non avere cittadinanza straniera né fedeltà verso uno Stato straniero e il Seminario greco-ortodosso di Hakli che normalmente forma preti ortodossi è stato chiuso dal 1974 e mai riaperto, nonostante le proteste delle organizzazioni internazionali e dei paesi occidentali o della Grecia per decenni.

Ricordiamo inoltre che in Turchia
un cittadino turco non ha diritto di lasciare l’Islam e convertirsi;
che i missionari cristiani sono regolarmente perseguiti penalmente, espulsi o uccisi;
due preti cattolici italiani sono stati uccisi lì (Mons Luigi Padovese e Padre Santoro);
il leader intellettuale della comunità armena in Turchia, Hrant Dink, è stato ucciso;
e che le fondazioni cristiane spogliate da leggi inique nel 1942 e altri saccheggi di Stato non sono riuscite a recuperare i loro beni mobili e immobili confiscati, nonostante le riforme democratiche nel quadro della candidatura turca in UE.

Infine, gli Aleviti, setta minoritaria vicina allo sciismo laico, non hanno alcun riconoscimento giuridico cultuale e i non-musulmani non hanno diritto di accedere a posizioni di alti gradi militari o come ministri … Questo è un paese che non tratta i cristiani e i non-musulmani come uguali; che vieta qualsiasi ingerenza dei paesi cristiani (Grecia, Armenia, UE) nella gestione del culto cristiano in Turchia, e che ha sempre sanzionato penalmente il riconoscimento del genocidio armeno, dà lezioni di moralità anti-islamofoba nella vecchia Europa e controllerà Islam in Francia …

Alexandre Del Valle, 18 aprile 2017