IL PROF. POSTOL
Theodore Postol è uno scienziato del MIT di Boston.
In quella che è una delle più importanti Istituzioni di Ricerca del mondo, Postol insegna Tecnologia e Sicurezza Internazionale; ha lavorato per anni con il Pentagono, è stato consulente della Cia ed ha ricevuto innumerevoli premi scientifici per la sua attività di ricerca nel settore tecno-militare.
Già nel 2013, le sue analisi contribuirono a confutare la teoria dell’Amministrazione Obama secondo cui l’attacco chimico di Goutha alla periferia di Damasco, che produsse centinaia di morti, era stato causato dall’artiglieria siriana di Assad. Attacco che, ricordiamolo, aveva spinto Obama a dichiarare “superata la linea rossa” che apriva all’intervento militare Usa contro la Siria.
Ma proprio le contraddizioni delle informazioni e la non certezza dell’inchiesta, spinsero il Presidente americano a retrocedere e, con l’aiuto della Russia, limitarsi ad imporre al regime di Assad la distruzione del proprio arsenale chimico; distruzione completamente avvenuta, secondo il monitoraggio delle organizzazioni internazionali.
Ora il prof. Postol interviene a confutare nuovamente la Casa Bianca, sul “presunto” attacco chimico a Khan Shaykun, nel nord della Siria nella provincia di Idlib.
Facciamo un passo indietro.
IL REPORT DELLA CASA BIANCA
Tre giorni fa l’amministrazione Trump ha reso pubblico un documento di quattro pagine “declassificato” con le “valutazioni inequivocabili” dell’intelligence Usa, secondo cui sarebbe stata l’aviazione siriana ad usare le armi chimiche che hanno causato circa 80 morti e centinaia di feriti. Le immagini dei bambini morti o agonizzanti colpiti dal gas Sarin, hanno scosso l’opinione pubblica mondiale e spinto gli Usa ad attaccare Assad senza alcuna autorizzazione internazionale.
In realtà il documento americano, riportato con enfasi impressionante da tutti i media occidentali, non prova minimamente che l’attacco chimico è stato opera del regime siriano. Lo dice, ma non lo prova.
Nei giorni scorsi persino a noi che non siamo tecnici, quelle quattro pagine sono apparse quantomeno superficiali e dubbie.
Le prove raccolte dagli americani si basano su fotografie satellitari ed intercettazioni (che però non sono mostrate), più una serie di (testuale): “report di social media pro-opposizione” e “video open-source”, cioè praticamente filmati presi da internet e materiale fotografico, prodotti ovviamente da chi era sul terreno e aveva agibilità nella zona colpita dal bombardamento.
Bisogna ricordare che la zona interessata non è sotto il controllo di romantici “ribelli moderati”, ma sotto le formazioni mercenarie di Al Qaeda; sono loro ad aver girato i video e fatto circolare immagini che la Cia e i media occidentali hanno preso come base di conclusione.
E noi stessi, avevamo sollevato il dubbio che forse, nessuna Commissione d’Inchiesta internazionale avrebbe preso il documento americano come prova per confermare l’accusa al regime siriano e legittimare un intervento armato.
Ed è esattamente quello che scrive Postol: “il documento non fornisce la benché minima prova che il governo siriano sia stata la fonte dell’attacco chimico in Khan Shaykhun. L’unico fatto indiscutibile riportato nel dossier della Casa Bianca è l’affermazione che un attacco chimico di gas nervino si è verificato”.
Postol è categorico: il rapporto della Casa Bianca “non contiene assolutamente alcuna prova che possa indicare chi è stato l’autore di questa atrocità”.
Non solo, ma lo scienziato del MIT va ben oltre e analizza l’immagine che gli americani hanno individuato come prova del bombardamento chimico da parte di un aereo siriano: il famoso “cratere nella strada a nord di Khan Shaykun” con all’interno il presunto resto di bomba che avrebbe rilasciato il Sarin.
Questa immagine riprodotta più volte sulla rete e ripresa sul mainstream, sarebbe per l’intelligence Usa la pistola fumante che inchioda Assad e il suo regime al crimine.
Secondo il documento Usa, “i resti di munizione osservati presso il cratere e la colorazione attorno al punto di impatto sono coerenti con una munizione che si è attivata, ma le strutture più vicine al cratere non hanno subito danni che ci si aspetterebbe da un normale carico ad alto potenziale. Al contrario, hanno subito un danno più coerente con una munizione chimica”.
LA BOMBA NON È UNA BOMBA
Secondo il prof. Postol è esattamente il contrario; questa immagine dimostrerebbe che “il rapporto della Casa Bianca contiene conclusioni false e fuorvianti”.
Perché?
Innanzitutto il munizionamento è un tubo apparentemente di 122 mm simile a quelli usati in artiglieria. Nel 2013 furono questi razzi modificati ad essere utilizzati per l’attacco chimico di Goutha. Di certo questo oggetto non ha nulla a che vedere con un bomba d’aereo.
“Il tubo originariamente sigillato nelle due estremità si presenta schiacciato e con un taglio longitudinale (…) Ma la deformazione del manufatto indica che non è stato lanciato dal cielo”.
Se il cratere e la carcassa contenente il Sarin “non sono una messa in scena” ma vere “come ipotizzato nella relazione della Casa Bianca”, allora secondo Postol “la munizione è stata quasi certamente messa a terra con un esplosivo detonante esterno su di essa che ha schiacciato il contenitore in modo da disperdere il carico di Sarin”.
COME UN TUBO DI DENTIFRICIO
Un’ipotesi, secondo il professore, è che “una lastra di esplosivo ad alto potenziale” sia stata posta “sopra una delle estremità del tubo riempito di sarin e fatta detonare (…) Poiché il Sarin è un gas incomprimibile” con la pressione “ha agito sulle pareti e sull’estremità del tubo causando una fessura lungo la lunghezza e il cedimento del tappo” Per capire questo meccanismo immaginiamo “di colpire un tubo di dentifricio con un grande maglio“.
La relazione di Postol è poi suffragata da ulteriori prove fotografiche ed un’attenta analisi delle condizioni metereologiche la mattina del presunto attacco chimico. Sorprende che questo report non abbia avuto il benché minimo risalto sui media.
Postol non raggiunge conclusioni politiche. Da scienziato si limita a confutare le “presunte prove” poste da Washington; ma afferma che “nessun analista competente avrebbe omesso che il presunto contenitore di Sarin è stato con forza schiacciato dall’alto, e non è esploso dall’interno”.
NO SIRIANI, NO INCIDENTE. QUINDI?
Se la sua analisi è giusta, quello che si deduce è ancora più sconvolgente.
La versione americana dice che i siriani hanno effettuato un bombardamento chimico. I siriani dicono che loro hanno bombardato con armi convenzionali e che la strage chimica potrebbe essere determinata da gas che i ribelli nascondevano nei magazzini colpiti dalle bombe.
Qui ci troviamo di fronte ad una versione ancora più sconvolgente: non sono stati i siriani e non si è trattato di un incidente. Qualcuno da terra ha volutamente fatto esplodere un contenitore di Sarin, perché colpisse la popolazione civile.
Questo inoltre spiegherebbe il sostanziale numero limitato di vittime che nel caso di un bombardamento chimico aereo sarebbero state di gran lunga maggiore.
Ma chi può aver fatto questo? Innanzitutto qualcuno che ha completa agibilità della zona. E chi detiene il controllo della zona?
IL FRONTE CEDEVA…
Quest’ultima immagine è una cartina operativa del fronte di Hama, risalente al 31 marzo scorso (qualche giorno prima del bombardamento) pubblicata sull’account twitter @PetoLucem.
Come si vede l’offensiva scatenata dai ribelli nelle settimane precedenti era stata neutralizzata e l’esercito siriano non solo aveva riacquistato le posizioni ma stava premendo sulla linea difensiva del nemico in procinto di collassare. La provincia di Idlib, dove è avvenuto la strage chimica, è a circa 100 km più a nord di questo fronte ed è sotto il controllo totale dei gruppi legati ad Al Qaeda.
Perché i siriani, in un momento in cui stavano chiudendo in una sacca i ribelli sfondando le loro linee di difesa, dovevano fare una strage chimica sulla propria popolazione, in un posto sperduto senza alcuna ricaduta militare sul fronte operativo?
O meglio, stante questa situazione, chi aveva interesse a bloccare con qualsiasi mezzo possibile, l’offensiva di Assad scatenando una strage che avrebbe messo sotto accusa il regime e comportato l’intervento internazionale?
E infatti, come avevamo anticipato prima dell’intervento Usa, questo strano bombardamento chimico è servito proprio a colpire Assad e salvare i ribelli di Al Qaeda.
Se le analisi del Prof. Postol sono vere, e non è stata una bomba aerea a sprigionare il gas che ha ammazzato gli innocenti, ci troveremmo di fronte ad una clamorosa false flag.
E questo spiegherebbe perché i russi fin dal primo giorno hanno chiesto l’istituzione di una Commissione indipendente che indagasse su ciò che è realmente accaduto; commissione che americani ed europei si sono rifiutati di creare, convinti, come sempre, che la sola verità possibile sia quella dell’Occidente.
Vogliamo sperare che tutto questa ipotesi sia falsa e che la narrazione occidentale sia quella vera: Assad è un crudele dittatore che non si fa scrupoli di gasare il proprio popolo e noi siamo i buoni che corrono a salvare le vittime.
Ma dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Libia allo Yemen, ci siamo resi conto che le nobili democrazie sanno mentire più e meglio dei peggiori regimi dittatoriali.
Giampaolo Rossi – – – blog.ilgiornale.it/rossi