L’uscita unilaterale dall’euro avrebbe costi politici troppo alti, comporterebbe una rottura dei trattati e una manovra aggressiva verso gli altri paesi europei. A quattro giorni dalla presentazione alla stampa estera del Libro a 5 stelle (19 pagine di cui 5 vuote) dei cittadini per l’Europa durante la quale Luigi Di Maio ha ribadito l’intenzione di M5s di istituire, una volta al governo, con una legge costituzionale, il referendum consultivo sull’euro, sul blog di Beppe Grillo la strada proposta è un’altra: “La reintroduzione in Italia di quella che possiamo chiamare una ‘moneta fiscale‘, una moneta che non è moneta legale e quindi non va a violare i nostri trattati, ma che possa restituire al governo la capacità di effettuare un piano di investimenti e per sostenere il reddito dei cittadini, insomma un piano di rilancio”.
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La proposta è ufficiale, è contenuta nel secondo dei dieci punti del programma esteri del MoVimento, illustrata oggi sul blog dal professore Gennaro Zezza dell’università degli Studi di Cassino: “Una volta terminata l’esposizione dei punti – viene spiegato sul sito – si procederà a una votazione online su Rousseau con la quale gli iscritti decideranno le priorità del programma”.
Una proposta di moneta fiscale è stata elaborata negli anni scorsi da un gruppo di ricercatori tra cui Luciano Gallino, Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini: ne è nato un e-book pubblicato da Micromega e un appello in rete. La suddetta moneta dovrebbe essere emessa dallo Stato italiano sotto forma di Certificati di Credito Fiscale (Ccf). I Ccf, spiega Gallino nella prefazione del libro, “sono distribuiti gratuitamente a vari gruppi di popolazione. Trascorsi due anni dall’emissione, i Ccf possono venire utilizzati per pagare qualsiasi tipo di imposte o tasse dovute allo stato, a regioni o comuni”.
“Abbiamo voluto l’euro – afferma Zezza sul blog – abbiamo avuto il declino, e ora la migrazione e anche l’aumento della povertà. E’ necessario fermare questo processo e invertirlo”. A tutto questo, prosegue, “si è aggiunto il problema che la Germania, nei primi anni dell’euro, ha scelto di adottare riforme strutturali del suo mercato del lavoro, riforme che hanno compresso i salari dei lavoratori tedeschi e hanno contribuito a fare dell’euro una moneta sottovalutata per i tedeschi e una moneta sopravvalutata per i paesi come l’Italia, che hanno invece cercato di contenere il costo per i lavoratori sui salari”. Tutto questo, osserva il professore, “comporta un crollo del reddito nazionale e un impoverimento del Paese. E’ indispensabile uscire da questa situazione, ma come fare? La modifica che potremmo chiamare ‘il piano A’, creare una nuova Europa per i popoli, è assolutamente impensabile data la situazione politica attuale.
Ma l’uscita unilaterale dall’euro comporta una rottura di trattati, comporta una manovra di tipo aggressivo nei confronti dei nostri partner. Discutere se sia tecnicamente possibile oppure no non è neanche opportuno in questa sede, sicuramente è possibile, ma sicuramente i costi politici da sostenere sono alti”.
“Un governo che metta in campo la soluzione della moneta fiscale e si coordini con i Paesi nostri vicini perché mettano in campo soluzioni analoghe – conclude Zezza – può portare una fase di transizione in cui non si vanno ad aggredire gli interessi dei Paesi i nostri creditori, che sono stati salvaguardati dal comportamento della Banca Centrale Europea e della Commissione Europea. L’introduzione di monete fiscali in tutti i Paesi della zona euro, e soprattutto nei paesi della periferia sud, consentirebbe inoltre un cambio radicale di rotta, e cioè la fine della preoccupazione per l’austerità e per i vincoli fiscali sulle manovre del governo, e invece la capacità rinnovata di avere un piano di rilancio e di stabilizzazione di tutta l’area del Mediterraneo”. (askanews)