Dimettersi da segretario, restando però in carica per “gli affari correnti”. E’ l’ipotesi che si affaccia in queste ore nell’entourage di Matteo Renzi, in vista dell’assemblea nazionale di domenica prossima.
Renzi, che ieri non ha mai pronunciato la parola “dimissioni”, domenica però rimetterà il mandato da segretario, per dare il via al congresso anticipato. “Per farlo non ci sono alternative, sono praticamente obbligate, basta guardare lo statuto”, sottolinea un parlamentare molto vicino al leader. Però, è il senso del ragionamento, lo stesso segretario può restare in carica, se non ci sono candidati alternativi. L’articolo 3 dello Statuto Pd recita che “se il segretario cessa dalla carica prima del termine del suo mandato, l’assemblea può eleggere un nuovo segretario per la parte restante del mandato ovvero determinare lo scioglimento anticipato dell’assemblea stessa. Se il segretario si dimette per un dissenso motivato verso deliberazioni approvate dall’assemblea o dalla direzione nazionale, l’assemblea può eleggere un nuovo segretario per la parte restante del mandato con la maggioranza dei due terzi dei componenti”. Ma se tale maggioranza non c’è “si procede a nuove elezioni per il segretario e per l’assemblea”. Non si dice esplicitamente, però, che debba essere nominato un “reggente”.
Dunque, è il ragionamento dei renziani, “è possibile che il segretario dia le dimissioni ma resti in carica”. Su questo sono in corso degli approfondimenti sullo statuto Pd, per arrivare a una interpretazione che non possa lasciare margini a contestazioni. (askanews)