Isis, Milano: chiesti 6 anni e mezzo di carcere per il pugile marocchino

MILANO – I pubblici ministeri (pm) di Milano Enrico Pavone e Francesco Cajani hanno chiesto condanne a 6 anni e mezzo di reclusione per Abderrahim Moutaharrik, il marocchino campione di kickboxing finito in carcere nell’aprile dello scorso anno con l’accusa di terrorismo internazionale per presunti legami con l’Isis, e per sua moglie Salma Bencharki.

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Nel processo in corso con rito abbreviato, davanti al giudice d’udienza preliminare (gup) Alessandra Simion, i pm hanno anche chiesto 6 anni di carcere per Abderrahmane Khachia, anche lui marocchino, residente in provincia di Varese, fratello di un altro giovane morto ‘martire’ in Siria e arrestato assieme alla coppia e a Wafa Koraichi, sorella di Mohamed Koraichi, marocchino che assieme alla moglie italiana, Alice Brignoli, tempo fa ha lasciato Bulciago, nel Lecchese, per unirsi alle milizie dell’Isis.

Per Wafa Koraichi i pm hanno chiesto 3 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione. La Procura, tra l’altro, ha anche chiesto la decadenza dalla potestà genitoriale per Moutaharrik e la moglie che avrebbero voluto portare i due figli in Siria.

Moutaharrik, 28 anni, e la moglie, infatti, stando alle indagini, vennero arrestati prima che potessero partire per unirsi all’Isis in Siria, portando con loro i due figli di 2 e 4 anni. Stando agli atti dell’inchiesta, Moutaharrik avrebbe ricevuto, ai primi di aprile dello scorso anno, un ordine direttamente dal Califfato con un messaggio WhatsApp: “ascolta lo Sceicco, colpisci! (…) fai esplodere la tua cintura nelle folle dicendo ‘Allah Akbar'”. E alla richiesta di quella voce che, attraverso un “poema bomba”, lo invitava a compiere un attentato in Italia, lui non avrebbe avuto intenzione di sottrarsi. Anzi, stando agli atti, Roma e il Vaticano erano tra i possibili obiettivi. “Giuro sarò io il primo ad attaccarli (…) in questa Italia crociata, il primo ad attaccarla, giuro, giuro che l’attacco, nel Vaticano”, diceva intercettato.

Gli investigatori della Direzione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali (Digos), tra l’altro, hanno scoperto dopo l’arresto che il pugile teneva nascosto sotto il letto un “pugnale da combattimento” simile a quello utilizzato per lo “sgozzamento” di un “infedele” da parte dell’Isis e ripreso in un video. “Vedendo le immagini dei bambini martoriati volevo andare in Siria ad aiutare la popolazione”, aveva detto Moutaharrik, lo scorso 2 maggio, per difendersi nell’interrogatorio di garanzia, spiegando poi anche ai giudici del Riesame che quelle intercettate erano soltanto “parole” e lui non aveva intenzione di compiere attentati.

Tra gli imputati anche Abderrahmane Khachia, fratello di Oussama, foreign fighter morto ‘martire’ (la sua “tunica” è stata trovata nella casa di Moutaharrik), e Wafa Koraichi, 24 anni. Fermata a Baveno, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, la giovane è sorella di Mohamed Koraichi, marocchino di 31 anni e marito di Alice Brignoli (si troverebbero entrambi ancora in Siria e sono partiti con i loro tre figli di 6, 4 e 2 anni). I quattro imputati davanti al gup sono collegati in videoconferenza all’udienza (a porte chiuse) dalle varie carceri dove sono detenuti e ora sono in corso gli interventi dei difensori (tra i legali, gli avvocati Luca Bauccio e Sandro Clementi). Non si sa ancora se la sentenza sarà emessa oggi.

cdt.ch